venerdì 16 giugno 2023
I greci confermano: hanno rifiutato i soccorsi. Alarm Phone: le persone a bordo imploravano aiuto. Le Ong chiedono all'Europa e agli stati membri un'indagine completa su quanto accaduto
I superstiti del naufragio al porto di Kalamata

I superstiti del naufragio al porto di Kalamata - Ansa

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C’è una foto che circola sul web e che rimbalza tra i vari profili social di Ong, attivisti e esponenti politici dell’opposizione. È quell’immagine, nella notte, del peschereccio stracarico - poi colato a picco con oltre 700 persone a bordo - agganciato con una corda e trainato dalla motovedetta della guardia costiera ellenica. Un’operazione rischiosa con una imbarcazione (il motopeschereccio) completamente instabile. Le Ong parlano di un tentativo di respingimento verso le acque maltesi: l’imbarcazione al momento del contatto si trovava in acque sar greche. Ma i guardacoste confermano che la corda sarebbe servita per stabilizzare l’imbarcazione e poterla controllare meglio e che la stessa corda sarebbe poi stata slegata dagli occupanti del peschereccio che si sarebbero rifiutati di accettare l’aiuto. La Ong Alarm Phone però smentisce questa versione, sostenendo che negli ultimi contatti avuti, le persone a bordo «imploravano aiuto».


«Poco prima delle 23, l’equipaggio della nave 920 della Guardia Costiera ha puntato i fari sul peschereccio e ha informato i passeggeri con gli altoparlanti che, a causa del sovrappeso, erano in pericolo e che non sarebbero riusciti a raggiungere le coste italiane. I guardacoste hanno anche usato una corda per agganciare il peschereccio e controllare le condizioni al suo interno». Con queste parole una fonte interna alla Guardia costiera greca ha confermato al quotidiano di Atene, Kathimerini, un tentativo delle autorità greche di trainare il peschereccio poi naufragato a sud del Peloponneso. Alcuni dei passeggeri, tuttavia, che continuavano a opporsi alla prospettiva di essere portati in Grecia anziché in Italia - ha aggiunto la fonte -, avrebbero slegato la corda per continuare la rotta verso nord. Questo particolare incidente si è verificato alle 23.00, diverse ore prima dell’affondamento dell’imbarcazione», ha chiarito la fonte. Intanto sono state sospese ieri sera le operazioni di ricerca e soccorso di eventuali superstiti. Il bilancio resta invariato: 104 persone messe in salvo, a fronte di 78 corpi ritrovati. Stando alle testimonianze, i dispersi però potrebbero essere oltre 550, essendo a bordo tra le 400 e le 750 persone. I sopravvissuti, trasferiti nel campo di accoglienza di Kalamata cercano informazioni sui familiari e amici di cui hanno perso le tracce.


Oltre 120 le persone di origine siriana che erano a bordo dell’imbarcazione affondata. Tra i siriani dati per dispersi c’è anche un adolescente cieco di 15 anni, accompagnato dalla sorella maggiore. «Mio nipote è cieco e non sa nuotare – ha dichiarato lo zio – non abbiamo notizie, l’ultima volta che hanno telefonato alle loro famiglie erano spaventati, sapevamo che il viaggio sarebbe stato pericoloso». Un altro siriano, invece, giunto al centro di accoglienza dall’Olanda avrebbe rintracciato il fratello che pensava disperso. Il più grande dei fratelli, che ha ottenuto l’asilo e vive in Olanda, era accorso in Grecia per avere notizie del fratello, di 18 anni, che è scoppiato a piangere davanti alle telecamere mentre il più grande cercava di consolarlo attraverso le sbarre del cancello.


Sul web i profili delle Ong che salvano i migranti in mare sono tutti listati a lutto. Chiedono «un’indagine completa» per far luce su quanto è successo e in particolare sul ruolo degli Stati membri dell’Ue e sul coinvolgimento di Frontex. «La tragedia avvenuta pochi giorni fa a poche miglia dalla Grecia - dicono - è una delle più gravi della storia recente delle migrazioni. Mettiamo a lutto i nostri profili per chiedere una missione europea di ricerca e soccorso nel Mediterraneo».
Anche l’Onu, in un comunicato congiunto Oim-Unhcr, chiede un’azione “urgente e decisiva” per evitare altre tragedie. «Gli Stati devono impegnarsi a migliorare le misure di ricerca e salvataggio, ma anche lo sbarco rapido e l’implementazione di canali migratori regolari e sicuri». «Se questi numeri fossero confermati – fa sapere Flavio Di Giacomo (Oim) si tratterebbe del secondo naufragio più grave avvenuto nel Mediterraneo (dopo quello dell’aprile 2015 con un migliaio di morti)». L’Ue, intanto cerca una strategia comune sui salvataggi. «I vertici Ue e i potenti del mondo siano all’altezza della situazione» ammonisce l’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Ieronymos II.


«Non abbiamo ancora tutte le informazioni su cosa é successo ma pare che questa sia la peggiore tragedia che abbiamo visto nel Mediterraneo» ha dichiarato la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson. «I trafficanti che mettono queste persone sulle navi non le stanno mandando verso l’Europa. Le stanno mandando a morire. Ed è assolutamente necessario prevenire che ciò accada».

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