ANSA
C’è una legge importantissima che da più di undici anni, ben quattro legislature, il Parlamento non riesce o non vuole approvare. La legge sul consumo e la rigenerazione del suolo, fondamentale per frenare la cementificazione, per rinaturalizzare un territorio sempre più impermeabilizzato. Ancor più fondamentale con l’incremento degli eventi estremi, frutto dei mutamenti climatici. Invece nulla, mentre nello stesso periodo abbiamo avuto 29 alluvioni o gravi eventi franosi, con 152 morti.
Mentre, come certifica l’Ispra nel Rapporto pubblicato meno di un anno fa, il consumo di suolo è tornato a crescere al ritmo di 19 ettari al giorno, 2 metri quadrati al secondo, il valore più alto negli ultimi dieci anni. Proprio il periodo nel quale non si è riusciti ad approvare la legge. Nell’ultimo anno gli incrementi maggiori sono avvenuti in Lombardia (con 883 ettari in più), Veneto (684 ettari), Emilia Romagna (658), Piemonte (630) e Puglia (499). E non è certo un caso che si tratta di regioni particolarmente colpite da alluvioni. Come ricorda Re Soil Foundation (Coldiretti, Novamont, Politecnico di Torino, Università di Bologna), la Commissione europea ha dedicato alla salute dei terreni una delle “5 mission” attraverso le quali indirizzare la ricerca scientifica e gli investimenti in innovazione, con l’obiettivo di azzerare il consumo netto di suolo entro il 2050. Un invito che non ha trovato molto ascolto dal Parlamento italiano.
La prima proposta di legge per la limitazione del consumo di suolo risale al 2012, quando l’allora ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Mario Catania, presentò il Rapporto “Costruire il futuro: difendere l’agricoltura dalla cementificazione” e il disegno di legge “Valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo di suolo”, non approvato a causa dello scioglimento anticipato delle Camere. Nella successiva legislatura vengono presentati diversi disegni di legge, e finalmente la Camera il 12 maggio 2016 approva un testo elaborato dalla Commissione Ambiente.
«Era una buona legge, utile. È stato finora l’unico tentativo serio», ricorda Ermete Realacci, allora presidente della Commissione e ora di Symbola. «Ma in Senato venne bloccata da ostacoli trasversali. C’era chi diceva che era troppo, ma anche chi diceva che era troppo poco». Prevedeva incentivi alla rigenerazione urbana, riuso degli edifici sfitti e delle aree dismesse, riqualificazione energetica, demolizione e ricostruzione degli edifici energivori. E recepiva l’indicazione Ue per azzerare il consumo di suolo entro il 2050. Non se ne fece niente, fino a fine legislatura. In quella successiva è andato anche peggio perché le varie proposte non hanno fatto alcun passo avanti. Mentre il Paese subiva 10 alluvioni con 35 morti. In questa legislatura sono cinque le proposte presentate. Tre del Pd: quelle dei senatori Anna Rossomando e Franco Mirabelli, comunicate il 13 ottobre 2022, quella del deputato ed ex sottosegretario all’Ambiente, Roberto Morassut, presentata nella stessa data. Una del M5s, della deputata Stefania Ascari, presentata l’8 novembre 2022. Una del Verde, Angelo Bonelli, comunicata il 19 gennaio di quest’anno. Risultano assegnate alle Commissioni congiunte Ambiente e Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare (Senato) e Ambiente e Agricoltura (Camera).
Ma solo all’inizio del 2023. Da allora non è stato fatto nulla. Così potrebbe arrivare prima l’Europa. Infatti entro la prima metà di giugno la Commissione dovrebbe presentare la sua proposta per una “legge sulla salute del suolo”, non si sa ancora se regolamento o direttiva. Riuscirà a smuovere l’inerzia italiana?