sabato 12 aprile 2025
Quarta tappa: dal mare alla pineta fino al cuore storico della città lettone c'è un canto speciale che accompagna chi si muove in questa terra meravigliosa. L'intreccio con il Camino Latvia

Il Mar Baltico si presenta con tutta la sua natura selvaggia, proprio come narrato nelle antiche favole. Chilometri di spiagge dove legni perfettamente levigati sembrano usciti dalla bottega di un abile falegname, testimoni silenziosi del perpetuo dialogo tra mare e terra. Il nostro cammino inizia qui, invertendo la rotta tradizionale, partendo dall'orizzonte marino per addentrarci nel cuore pulsante di Riga.

Dopo aver percorso la costa, ci dirigiamo verso l'area industriale attraversando la pineta di Mangajsalas iela ("Iela significa strada"). Qui incontriamo l'antico quartiere dei pescatori, dove modeste abitazioni si sono trasformate in residenze di pregio, tracciando visivamente il cambiamento economico della regione. Su uno dei viali principali sorge Kaija, una delle aziende più rinomate per la lavorazione del pesce locale. L'occasione è imperdibile: un salmone affumicato da asporto a prezzi sorprendentemente contenuti.

A poche centinaia di metri appare il primo simbolo religioso del nostro percorso di otto chilometri: la Chiesa Bianca di Daugavgrīva, edificio luterano che custodisce i simboli del pellegrinaggio della Romea Strata. Proseguendo tra imponenti vestigia dell'era sovietica, parlo con Janis, cinquantenne padre di tre figli, organizzatore di pellegrinaggi ed esperto conoscitore del tratto lettone della Romea Strata che qui si sovrappone con il Camino Latvia.

La nostra conversazione spazia su molteplici argomenti, ma emerge con forza e ridondanza in ognuno di essi l'orgoglio di questo popolo per la propria indipendenza. Janis racconta della "battaglia cantante", una resistenza culturale portata avanti per anni attraverso inni e canzoni popolari che celebrano l'iniziativa individuale e la libertà nazionale.

Oltrepassato un imponente centro culturale, ci immergiamo nel bosco di Riga. Nella periferia cittadina si estende un'enorme area verde destinata a passeggiate ed escursioni, dove troviamo anche lo zoo. Visitiamo il Mežparka lielā estrāde, letteralmente "il grande palco della foresta", testimonianza di quanto il canto corale sia radicato nella cultura lettone. Una struttura capace di ospitare fino a cinquemila cantanti di fronte a un pubblico altrettanto numeroso. È qui che la mia guida Linda intona uno dei canti più emozionanti del repertorio tradizionale: "Pūt, Vējiņi" (Soffia, vento). "Soffia, soffia e cancella le impronte delle suole straniere ancora presenti. Soffia, soffia vento. L'ombra che abbiamo seminato su questa riva sta germogliando".

Non lontano si trova il Museo Lettone dedicato alla Letteratura e alla Musica, istituzione imperdibile dove tecnologie all'avanguardia e soluzioni acustiche futuristiche creano un'esperienza emotivamente coinvolgente. Davanti a circa 100 monitor che frammentanti trasmettevano un canto popolare con un acustica strepitosa, ho versato qualche lacrima. È stato uno dei momenti più catartici della giornata.

Dopo circa diciotto chilometri raggiungiamo finalmente Riga, entrando dal quartiere Art Nouveau. Tra facciate ornate e storie straordinarie, l'attenzione viene catturata da un palazzo esteticamente splendido ma completamente vuoto. La guida spiega che qui venivano torturati i prigionieri destinati alla Siberia. Si narra che ancora oggi i vicini sentano urla e rumori provenire dall'edificio disabitato – suggestione che prevale sulla razionalità, ma che camminandovi accanto fa riflettere sulla diversa natura dei nostri passi rispetto a quelli di chi ci ha preceduto in quel luogo, segnato indelebilmente dalla sofferenza e dalla crudeltà.

Arriviamo infine nel centro storico, la cui origine risale al 1201. Le strade acciottolate di quello che fu uno dei centri nevralgici della Lega Anseatica dal XIII al XV secolo – oggi patrimonio mondiale Unesco – conducono a impressionanti chiese medievali: il Duomo di Riga, le chiese di San Pietro e San Giovanni, la cattedrale cattolica romana di San Giacomo, dedicata al santo patrono dei pellegrini.

Dopo il rituale timbro sulla credenziale e la chiusura dell'applicazione che traccia il percorso, ci dirigiamo tutti insieme a gustare la migliore aringa della mia vita – un "burro in formato ittico", tanto era squisita la preparazione. Un locale assolutamente consigliato anche ai futuri pellegrini. Domani sarà dedicato all'ambra, tra shopping e approfondimenti. È affascinante pensare come questa pietra sia stata, nei secoli passati, l'apripista della strada che oggi percorro. Il suo valore ha sostenuto economie intere e aperto le porte al cammino che oggi ritrovo sotto i miei passi.

(4/Continua)

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