
I cartelloni di sensibilizzazione contro la violenza sul personale sanitaria che sono appesi ovunque nei nostri ospedali - Ansa
Dall’altro capo del telefono un tono di voce spezzato e dimesso. «Preferisco non parlarne», mette le mani avanti. Poi però, a spizzichi e bocconi, ripercorre tutto. Prima le urla e le minacce, poi le botte e i primi soccorsi all’aggressore colto da malore, proprio mentre con tutta la sua forza si avventava su di lui, già sanguinante e dolorante. «Che dovevo fare?», domanda. «Che poi, sarebbe pure omissione di soccorso…». Di quella notte di furia e violenza, Giorgio Licitra, 39 anni, medico di Ragusa, ricorda davvero tutto. Questi i fatti. Poco dopo le 2,30, una coppia di ragazzi visibilmente alticci, riferirà poi ai Carabinieri, lo ha aggredito dopo avere devastato la postazione della guardia medica, dove svolgeva il servizio notturno. La sua colpa è stata avere suggerito ad uno di loro, che si era presentato con un’evidente ferita da taglio al volto, di recarsi al pronto soccorso per un intervento più preciso. Ma l’aggressore pretendeva che il medico applicasse i punti di sutura per rimarginare la ferita ed evitare di recarsi in ospedale. «Ma noi, in verità, da contratto, non possiamo neppure applicare suture», riferisce. Un consiglio non apprezzato dai due giovani che hanno iniziato ad ingiuriarlo e poi scatenato la loro ira su di lui; in pochi minuti la postazione sanitaria è stata vandalizzata ed il medico preso di mira con calci e pugni. Uno lo ha raggiunto al volto provocandogli un grosso trauma alla mandibola.
A fermare i due uomini che avevano dato in escandescenza sono stati i carabinieri scattati dalla loro stazione situata proprio a venti metri dall’ambulatorio, mentre Licitra è stato accompagnato all’ospedale per le medicazioni. Per lui otto giorni di prognosi. «La verità è che molti scambiano la guardia medica come un pronto soccorso, ma qui abbiamo mezzi limitati sia per la diagnostica che per la terapia…», ricorda. «Questo è infortunio sul lavoro, lo metterò nel curriculum, non mi era mai successo», accenna un sorriso amaramente ed assicura: «Presto tornerò al mio posto. Dialogo con tutti e cerco sempre di mantenere calma e prudenza perché nella vita ho imparato che bisogna evitare di reagire alle aggressioni», aggiunge ancora Licitra che ha scelto di tornare nella sua Sicilia da poco, dopo avere conseguito la specializzazione al nord Italia.
La notizia dell’aggressione si è diffusa a macchia d’olio nella provincia iblea. «Mi hanno riferito di tanti messaggi postati sui canali social», riferisce il medico che invece di profili non ne ha neppure uno, «estremamente riservato» com’è e fervente cattolico. «D’altronde essere medici è stare al servizio degli altri, così possiamo testimoniare il Vangelo». Per lui una pioggia di auguri di pronta guarigione e solidarietà. La chiamata del presidente ibleo dell’Ordine Roberto Zelante che ha espresso «l’intenzione a costituirsi parte civile». «Il fenomeno in provincia – denuncia – ha raggiunto livelli preoccupanti. I medici che devono garantire un servizio nei periodi notturni, festivi ed in sedi decentrate vivono con particolare ansia e disagio il loro lavoro». Giuseppe Drago, direttore dell’Asp di Ragusa anticipa una ricognizione dei sistemi di sicurezza delle strutture sanitarie per monitorare l’efficienza di telecamere, allarmi, pulsanti d’emergenza. Dall’assessore comunale alla Sanità Giovanni Iacono dura condanna per i fatti accaduti e l’annuncio: «Come in passato torneremo ad organizzare corsi di autodifesa e di Judo». «Mi scriverò? Ci penso su», chiude Licitra. Adesso vuole solo guarire. Non soltanto dalle ferite della pelle.