Già è drammatico che un’azienda su tre si trovi a chiudere per i ritardi o i mancati pagamenti dello Stato. Debiti da parte di chi non dovrebbe far debiti, falle che invocano giustizia proprio da chi le ha causate. Ma che il Governo abbia in tasca i fondi stanziati dall’Unione europea per le mense dei poveri e che per questioni burocratiche o lungaggini non li stanzi a chi sul territorio, ogni giorno, si occupa di trasformarli in pane, è inaccettabile.Accade in Italia. Accade che 75 milioni di euro destinati il 10 marzo scorso al nostro Paese per il 2014 dal Fondo di aiuti europei agli indigenti (Fead) siano già disponibili per il ministero del Welfare, da cui il titolare Giuliano Poletti pure assicura che sia partito un programma operativo alla volta di Bruxelles, additando proprio l’Europa come responsabile dei ritardi. Accade che altri 10 milioni di euro previsti dal Fondo nazionale ed entrati in Legge di stabilità lo scorso dicembre siano ugualmente disponibili per il ministero dell’Agricoltura, che pure su queste pagine tre settimane fa annunciava – per bocca del viceministro Andrea Olivero – di essere pronto a stanziare per porre fine all’emergenza.Già, l’emergenza. Perché mentre qualcuno promette che i soldi pronti all’uso saranno finalmente distribuiti, che bandi pubblici saranno indetti, che tempi tecnici vanno rispettati, da Nord a Sud, nelle mense e nelle strutture di carità qualcun altro a un certo punto della fila deve dire «Basta, non abbiamo più niente». E la fila sono esseri umani, la povertà aumenta giorno dopo giorno, i magazzini degli enti caritativi sono quasi vuoti. Questa emergenza ha numeri da brividi: sono 4 milioni e 814mila gli indigenti che ogni giorno chiedono cibo, l’8% della popolazione italiana. E sono almeno la metà di questi ultimi – oltre 2 milioni di persone – quelli che rischiano di restarne senza, con alcune regioni del Sud come la Calabria, là dove la crisi fa più male, già rimaste senza viveri a maggio.«I tempi della fame e della burocrazia non sono compatibili. Promesse e attese non sfamano famiglie, bambini e anziani»: a lanciare l’allarme ieri è stato Marco Lucchini, direttore generale della Fondazione Banco alimentare onlus. Oggi – insieme a Caritas, Sant’Egidio, Croce Rossa e gli altri enti accreditati – sarà a Roma per il tavolo di lavoro convocato al ministero dell’Agricoltura: «Ci aspettiamo concretezza – continua Lucchini –. Continuiamo a confrontarci con persone che ci dicono di condividere la nostra battaglia, ma queste persone non capiscono che una mamma non ha tempo per dar da mangiare a suo figlio. Non può aspettare. E queste madri, questi figli, noi dobbiamo mandarli indietro a mani vuote». L’appello allora va al premier Matteo Renzi: «Nel documento di riforma del terzo settore ha lodato quell’Italia generosa, che tutti i giorni opera silenziosamente per migliorare la qualità della vita delle persone, l’Italia del volontariato, della cooperazione sociale, dell’associazionismo no profit, delle fondazioni e delle imprese sociali. Ma noi ci sentiamo abbandonati, perché alle dichiarazioni non seguono i fatti».Intanto – mentre altri enti come Caritas hanno anticipato alle realtà locali 2,5 milioni di euro per coprire l’assistenza di maggio e giugno, in attesa che il Governo si muova – il Banco ha deciso di indire una Colletta alimentare straordinaria per questo sabato: nei supermercati di tutta Italia che aderiscono all’iniziativa sarà possibile acquistare e donare alimenti a lunga conservazione, che poi la rete del Banco Alimentare distribuirà alle oltre 8.800 strutture caritative convenzionate, che da sole ogni giorno assistono circa 2 milioni di poveri: «Con questa iniezione contiamo di andare avanti un mese o due – continua Lucchini –. Speriamo che nel frattempo la situazione si sblocchi».Un problema che altri Paesi europei come Francia, Germania, Spagna e perfino la Grecia non hanno. Loro, sapendo che i soldi dell’Europa sarebbero stati disponibili a marzo, i tavoli di lavoro li avevano convocati prima, i programmi già redatti. E dall’Europa i soldi li hanno avuti. L’Italia sconterà anche il problema della discontinuità politica e della burocrazia farraginosa. Ma ora bisogna agire.