A Parma da maggio cinque famiglie apriranno casa a un profugo. Altre lo faranno nel giro di poche settimane, al massimo un mese. Una scelta in controtendenza in un'Italia dove i prefetti sventolano lo spettro della requisizione per vincere certe resistenze ad accogliere i
rifugiati dalla Libia. È un progetto che vuole avere anche una
valenza culturale perché, per dirla con la responsabile del
progetto Chiara Marchetti, "è vera integrazione". I rifugiati
"andranno in famiglie vere, con lavoratori precari, bambini,
gente cha fa orari impossibili. Non sono famiglie da Mulino
Bianco".
Ogni famiglia prenderà 300 euro al mese. Ma dovrà presentare
i giustificativi delle spese. "Servono a coprire le spese vive.
Abbiamo scelto volutamente una cifra contenuta perché per noi
la cosa che muove le persone non deve essere il denaro. E
nessuno si è mosso per quello", aggiunge la responsabile del
progetto.
L'accoglienza in famiglia è frutto di un progetto di Ciac
(Centro immigrazione, asilo e cooperazione internazionale) e
Consorzio Communitas della Caritas. Un piano sperimentale che
però fa parte di Sprar, il sistema di protezione per i
richiedenti asilo del Ministero dell'Interno. Si tratta di
seconda accoglienza, e quindi in questo modo non potrà essere
accolto nessuno dei profughi arrivati negli ultimi giorni sulle
coste italiane.
I ragazzi che andranno a vivere in famiglia sono infatti ben
conosciuti dal Ciac, hanno già fatto un percorso in Italia, con
corsi di italiano e soprattutto sono in possesso di titoli per
rimanere in Italia. Potranno stare in casa per massimo 9 mesi.
L'obiettivo è il loro completo inserimento. Per aiutare loro, e
le famiglie che li accolgono, ci saranno figure di sostegno,
come una psicologa. E se qualcosa andrà male nelle convivenza,
il rifugiato potrà sempre tornare nella rete tradizionale.
Angela è un ragazza di 33 anni che vive in cohousing con
tre amici, e nella loro grande casa di Fidenza accoglieranno a
breve uno dei rifugiati. Mette subito in chiaro quale parte
abbia avuto il denaro nella loro scelta: "i soldi sono stati
assolutamente una spinta, non erano proprio nel nostro
orizzonte. Vogliamo essere attivi, facciamo scelte quotidiane di
sostegno al territorio, e con questo progetto vogliamo essere al
servizio di chi sta vivendo un momento di difficoltà". E l'unica
paura che ha, "è non dare il giusto sostegno a questa persona.
Lavoriamo tutti, siamo sempre fuori. Ma per questo ci siamo
messi insieme: siamo in quattro, se non arriva uno, arriverà
l'altro".