Il combo dei due protagonisti della tragica vicenda, mostrato dalla trasmissione "Le iene" - Ansa
Con i sentimenti altrui non si gioca mai. Purtroppo c’è chi – magari per scherzo, per noia, o per inconfessabili motivi – lo fa, fino a quando l’imbroglio non viene a galla con conseguenze orribili. Tali sono state per Daniele, un povero ragazzo di 24 anni. Egli si “innamora” perdutamente di Irene, una ragazza conosciuta in rete. La “relazione” dura un anno, fino a quando Daniele scopre che la sua fidanzata non è mai esistita e che a chattare con lui era un uomo di 64 anni. La delusione gli brucia dentro. Un uomo, dunque, si è preso gioco di lui per un intero anno. I due si erano scambiati migliaia di messaggi d’amore. Daniele ne soffre atrocemente. In un istante il suo mondo crolla. L’uomo che lo ha frodato conosce tutto di lui, ma lui di questo fantasma, cui ha aperto l’animo, non sa niente. Daniele prende la più tragica delle decisioni: mette fine alla sua vita. Un dolore enorme si abbatte sulla sua famiglia. Qualcuno si chiede se il fatto costituisca reato. E qualche capo di accusa lo si trova, alla fine.
Resta la domanda: come mai un giovane intelligente, sano, bello, sente il bisogno di intrecciare una relazione con una donna che non ha mai visto in vita sua? La prima verità è che tanti nostri ragazzi sono più fragili e indifesi di quanto possono apparire a prima vista. Per questo motivo non dovremmo mai stancarci di dialogare con i nostri figli, i nostri studenti, i nostri credenti. Per questo dovremmo chiederci: chi è la persona che mi sta passando accanto? Perché dedica tanta parte del suo tempo a chattare con me? Anche attraverso la rete possiamo fare tanto bene o tanto male. Chiediamoci: chi si nasconde dietro lo schermo? Ha bisogno di aiuto? È fragile? Una mia parola fuori luogo potrebbe offenderlo, angosciarlo, ferirlo? La tristissima storia di Daniele ci dice di sì. Ancora: questo mondo invisibile, e per tanti innocuo e inesistente, può essere avvertito come e più del mondo reale, portando con sé decisioni, delusioni, sofferenze vere.
Individuato e messo sotto i riflettori da una trasmissione televisiva, Roberto, l’uomo che aveva irresponsabilmente e pericolosamente giocato con i sentimenti di Daniele, aveva detto: «Sono stanco, mi stanno rovinando la vita». E anche lui ha preso la più drastica delle decisioni. Tragedia nella tragedia. Non ha avuto, Roberto, la forza di chiedere perdono ai genitori di Daniele, ammettere le proprie responsabilità, redimersi. Non sapremo mai se a portarlo alla decisione estrema sia stata la vergogna, il rimorso o altro. L’unica cosa che con certezza possiamo dire è che anche lui, Roberto, è rimasto vittima di questa trappola virtuale, fredda, falsa, ambigua.
L’unica lezione che possiamo imparare da questa tristissima e incomprensibile storia è che tutti dobbiamo farci custodi e sentinelle di tutti, sia nel mondo reale che in quello virtuale. Che negli spazi online è facile imbattersi in persone che vivono situazioni di disagio, sofferenza, fragilità. Fratelli e sorelle che cercano aiuto. E noi dobbiamo esserci. La messe di cui parla Gesù nel Vangelo si allarga sempre di più. Dobbiamo abitare gli spazi che la modernità ci offre. Dobbiamo esserci, ed esserci come discepoli, seminando parole che consolano, aiutano, rincuorano. Senza stancarci, senza pretendere di arrivare a risultati immediati e concreti. Seminare, seminare con la convinzione che niente va perduto. Occorre fare più attenzione a questo mondo aleatorio, invisibile ma terribilmente vero nelle conseguenze.
Le vite di Daniele e Roberto si sono intrecciate in un modo assurdo. Hanno sofferto e fatto soffrire. Che tanto indicibile dolore non sia vano.