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L'interno di un carcere - foto SIR/Marco Calvarese
«Sarò io ad andare? Sarai tu? Negli occhi dei ragazzi c’è quasi la rassegnazione di chi è abituato a non essere interpellato mai». Il messaggio arriva dall’Istituto penitenziario per minorenni di Bologna per mano di don Domenico Cambareri che ne è cappellano. Al Pratello – questo il nome con cui la struttura è conosciuta e che da regolamento potrebbe ospitare quaranta persone – attualmente risiedono 47 giovani in esecuzione penale ma presto 24 di loro, scelti nella fascia d’età tra i 18 e i 25 anni, usciranno dal “privilegiato” circuito della giustizia minorile. Non teoricamente, visto che continueranno a essere in capo all’Ipm, ma senz’altro fisicamente: la loro destinazione è infatti la sezione penale del carcere per adulti del capoluogo emiliano, la casa circondariale Dozza, dove tra l’altro sabato si è verificato il suicidio di un giovane di 35 anni, il diciottesimo a livello nazionale da inizio anno .
I tempi e le reazioni
Il trasloco – approvato nelle scorse settimane dal Ministero della giustizia e dal Dipartimento della giustizia minorile – è atteso a brevissimo, probabilmente entro il 24 marzo: alla Dozza una settantina di adulti sono già stati sgomberati dalla sezione dell’Alta sicurezza e trasferiti a Fossombrone per lasciare spazio ai ristretti della sezione penale, che a sua volta verrà riconvertita ad ospitare i ragazzi degli Ipm che ad oggi non sono ancora stati trasferiti.
La misura è stata criticata dal Comune di Bologna e dalla Regione, nonché dalla Camera penale, dal Garante dei diritti delle persone private della libertà, i sindacati e diverse associazioni attive nei penitenziari. Si parla di «situazione drammatica» con la Dozza che oggi conta un indice di sovraffollamento tra i più alti in Italia con 782 presenze a fronte di 507 posti disponibili e che andrebbe ad aggravarsi con l’arrivo di una settantina di giovani adulti provenienti sia dal Pratello sia da altri istituti penali per minorenni d’Italia.
Il trasferimento avrà un "costo umano"
«I trasferimenti non sono necessariamente provvedimenti negativi – scrivono in cordata le associazioni che operano nell’Ipm e che lamentano un mancato coinvolgimento nell’operazione – ma è impensabile e ingiusto che i criteri per realizzarli si fondino esclusivamente sulle quantità delle persone da trasferire e sui metri quadrati disponibili (anche non disponibili). Gli stessi trasferimenti interni comportano costi umani oltre che organizzativi». Perplessità genera anche il fatto che le strutture del carcere per adulti della Dozza mancano di spazi adeguati con la Cisl che ricorda, per esempio, che le stanze «a differenza che nel minorile non sono dotate di docce e l’acqua calda manca». Molti dei ragazzi coinvolti sono ex minori stranieri non accompagnati, provengono da contesti molto deprivati, con vita di strada e inserimento nella microcriminalità, avvezzi all’uso di sostanze stupefacenti e la cui gestione è spesso risultata difficile per le comunità educative alternative. «Ciò non vuol dire – scrivono però i presidenti del Consorzio Gruppo Centro di Solidarietà, Giovanni Mengoli e Giuliano Stenico – che bisogna rassegnarsi ma progettare un istituto con presenza adeguata di educatori, psicologi e polizia penitenziaria formata e che favorisca le attività scolastiche, lavorative e creative».
Una raccolta straordinaria
In questo contesto da un lato il fatto che la misura dovrebbe essere temporanea – in attesa del trasferimento dei ragazzi in nuovi Ipm – sembra rassicurare (anche i Garanti regionali dichiarano che, se lo spostamento si prolungasse oltre i tre mesi, si tratterebbe di «alto tradimento»); dall’altro desta ancora più preoccupazione perché i ragazzi rischiano di essere trasportati continuamente senza attenzione per i percorsi di reinserimento personali. Nel frattempo, per garantire un alloggio dignitoso ai ragazzi trasferiti e allestire le celle alla Dozza, il cappellano della struttura minorile don Cambareri ha organizzato una raccolta di lenzuola, coperte, cuscini, asciugamani ma anche magliette, bagnoschiuma e spazzolini.
Le condizioni degli Ipm
Il caso di Bologna riaccende – per l’ennesima volta – i riflettori sugli Ipm che affrontano il nodo sovraffollamento che invece affligge da anni le sezioni degli adulti. Inoltre, tra chi sconta la pena in quella che teoricamente il sistema penale minorile italiano considera l’ultima ratio del percorso di esecuzione della pena, una percentuale sempre crescente consiste in ragazzi in attesa di primo giudizio. La quota di chi si trova in questa condizione è passata in cinque anni – dal 2019 al 2024 – dal 20% al 34% ed è segnale di una sconfitta di un sistema penale da sempre considerato a livello mondiale fiore all’occhiello della giustizia italiana.