Un anno di morti e distruzioni in Ucraina non lascia intravedere un esito. Solo uno sforzo diplomatico congiunto, dunque, potrà porre fine a questa tragedia. A chiederlo a gran voce è il mondo associativo e sindacale che, alla vigilia del primo anniversario dell’invasione russa, torna ancora una volta nelle piazze per chiedere all’Italia e all’Europa di rivedere l’approccio quasi esclusivamente militare. Iniziative sono previste in oltre 50 città italiane e in 72 europee, per una mobilitazione civile che sarà aperta – tra il 23 e il 24 – dalla Marcia della pace notturna tra Perugia e Assisi. Il calendario si concluderà sabato 25 a Roma con la fiaccolata in Campidoglio.
A coordinare il programma è il coordinamento Europe for peace. Dalla sala della Protomoteca in Campidoglio il cartello di realtà della società civile ribadisce le richieste della piattaforma delle due manifestazioni nazionali unitarie a Roma, a San Giovanni, il 5 marzo e il 5 novembre 2022: cessate il fuoco e conferenza internazionale per la pace.
Sergio Bassoli di Ripd (Rete italiana pace e disarmo) coordina l’incontro animato dai principali protagonisti del movimento per la pace: «Le guerre puntano alla vittoria sul nemico, non portano la pace ma diventano permanenti, bisogna far vincere la pace, ripristinare il diritto violato, garantire la sicurezza condivisa». Urge un «cessate il fuoco che interrompa l’escalation che può sfociare in una guerra nucleare».
Per Flavio Lotti, coordinatore della Marcia della Pace, «dopo nove anni di guerra, iniziata nel 2014 nel Donbass, siamo vicinissimi a un punto di non ritorno. Dobbiamo sostenere l’Ucraina, ma nell’unico modo utile, cioè con una seria iniziativa di pace. Alla mezzanotte e un minuto di giovedì 23 – spiega – cominceremo a marciare da Perugia verso Assisi, dove arriveremo all’alba del 24 per un momento di riflessione e preghiera sulla tomba di San Francesco. Cammineremo nel freddo e nel buio per essere vicini alle vittime di questa e di tutte le guerre. Le nostre organizzazioni ci saranno, la grande assente in questo terribile anniversario è la politica». Silvia Stilli, portavoce dell’Aoi, l’associazione delle ong italiane, ricorda la mobilitazione umanitaria di aiuti in Ucraina delle carovane di Stop the war organizzate da Aoi, Focsiv, Ripd, Associazione Papa Giovanni XXIII, il dialogo con gli obiettori di coscienza alla guerra, in Ucraina. E in Russia, «che perseguita chi manifesta contro».
Paolo Impagliazzo della Comunità di S.Egidio racconta degli aiuti portati dai volontari presente dal 1991 in Ucraina. «Siamo in una fase di autodistruzione - afferma - e la guerra è stata riabilitata come compagna della storia: dobbiamo ridare la parola alla pace». La presidente di Emergency Rossella Miccio ricorda che «le prime vittime sono i civili, colpiti direttamente dalle armi e indirettamente nell’accesso ai diritti fondamentali. Mancano medici di base e strutture sanitarie, l’unica cosa che c’è è la devastazione. Noi facciamo il nostro pezzo, tocca alla politica costruire un percorso di pace».
Gianfranco Pagliarulo, presidente dell’Anpi, cita Papa Francesco per dire che «viviamo un tempo straordinario che richiede cose straordinarie. Questo movimento ha tante voci, per dare voce alla maggioranza del popolo italiano che non ha voce e non condivide l’escalation militare. Non si parla più di armi di difesa, l’Europa ragiona di missili e elicotteri, il governo italiano di caccia. Oggi la resistenza dell’Anpi è alla guerra».
Per Lidia Borzì delle Acli di Roma «in campo devono scendere la diplomazia e la politica, perché il conflitto nucleare non è un rischio peregrino. Il Papa ci mette in guardia sull’autodistruzione. Perché non esiste una guerra giusta, solo la pace è giusta». Giulio Marcon coordinatore di Sbilanciamoci! sottolinea l’importanza della mobilitazione, «finalmente anche europea, con iniziative in tutte le capitali : 15 in Francia, 20 in Germania, 21 in Spagna e la manifestazione principale a Bruxelles. Ormai si ragiona sull’invio di jet, ma sappiamo cosa c’è dopo questo? La Commissione europea cambi passo e non parli solo di vittoria, ma di diplomazia e negoziati». Francesca Re David della segreteria nazionale Cgil sottolinea come la guerra sia un acceleratore di crisi: «L’unica opzione realistica è un tavolo per la pace».