sabato 1 ottobre 2011
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Lo psicologo, il sociologo, il dietologo, l’allenatore, a volte (sempre meno) anche il prete. Alla corte dei figli si moltiplicano gli esperti ritenuti necessari per farli crescere sereni, equilibrati, esenti da traumi, capaci di navigare tra i marosi dell’esistenza. Dietro questo pullulare di consulenti c’è una sorta di ospedalizzazione del rapporto adulti-giovani, la pretesa che un cocktail di interventi specifici possa venire in soccorso di quello che è il vero problema della nostra epoca: la fatica di educare. Una fatica che ha sempre accompagnato la storia dell’uomo, ma che oggi spaventa più di ieri una generazione di adulti sempre meno capace di affrontare il problema della tradizione, della consegna da una generazione all’altra di un patrimonio di conoscenze, di valori, di esperienze, di un’idea positiva dell’esistenza. Genitori e insegnanti infragiliti balbettano di fronte a figli e studenti smarriti. Uno smarrimento che può anche celarsi dietro il velo di un’apparente vitalità o di una "pre-potenza" che cedono davanti alle prime difficoltà. La crisi dell’educazione denuncia la  crisi dell’adulto, ma per affrontarla non servono anzitutto tecniche, formule o esperti. Bisogna ripartire dalla testimonianza. Un libro appena pubblicato lo ridice con l’impeto di un uomo che ha fatto dell’educazione la vocazione della vita, uno che non va in televisione a spiegarci cosa fare ma che in questi anni ha incontrato decine di migliaia di giovani e adulti per testimoniare cosa fa. Nel suo "Di padre in figlio, conversazioni sul rischio di educare" (edizioni Ares), Franco Nembrini - rettore della scuola paritaria "La Traccia" di Calcinate (Bergamo), per anni responsabile degli insegnanti e degli studenti medi di Comunione e liberazione -  ha sulle spalle una vita che ha conosciuto la durezza della povertà (dieci figli, padre operario e poi bidello), le sfide della ribellione, il fascino di una professoressa che gli ha acceso in cuore la passione per l’insegnamento, poi quello di un uomo (don Giussani) che lo ha aiutato a scoprire il significato dell’esistenza.  Un libro così, un padre, una madre, un insegnante o un educatore se lo leggono d’un fiato perché ripercorre le mille situazioni quotidiane in cui il rapporto tra adulti e giovani viene messo alla prova, e perché di fronte a queste situazioni non offre soluzioni preconfezionate ma indica un metodo per affrontarle. Un metodo costruito sulla capacità di stare davanti alle domande dei giovani, di proporre loro un’ipotesi di significato dell’esistenza con cui misurarsi, di accompagnarli nella verifica di questa ipotesi, di rispettare la loro libertà rischiando tutto in un confronto serrato con la loro umanità. Nembrini demolisce le certezze di chi punta sulla dialettica, sulle regole o sulle tecniche, scommette tutto sulla lealtà con l’esperienza e sul fascino della testimonianza. Esorta i genitori a non avere paura di sbagliare, a non bloccarsi di fronte alle proprie incoerenze, li invita ad offrire ai figli dei buoni motivi per sciogliere le vele e lanciarsi nell’avventura della vita. Che è l’avventura di un grande "sì", la risposta libera di chi si sente amato da un amore più grande delle proprie capacità. «Solo così - scrive - può continuare ad accadere quel miracolo che sempre è stata l’educazione e che ha garantito, nel bene e nel male, anche in momenti terribili della storia, che il mondo andasse avanti». Oggi più che mai ce n’è un gran bisogno.

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