lunedì 19 ottobre 2015
Convegno del centro Sant'Ambrogio di Cernusco sul Naviglio su questo tipo di patologie, poco "riconosciute", che colpisce in maniera particolare i giovani.
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​​I gravi disturbi di personalità coinvolgono, secondo le stime, almeno dall’1 al 3% degli adolescenti della popolazione normale e circa il 4% dei giovani adulti. Rappresentano una patologia sfuggente, difficile da inquadrare e da capire per chi ti sta vicino. Spesso conosciuti e raggruppati sotto il termine “borderline”, costituiscono in realtà una molteplicità di manifestazioni diverse di personalità a disagio con sé stesse e nel rapporto con gli altri. Se ne sono occupati nei giorni scorsi i Fatebenefratelli, che gestiscono ospedali e centri di riabilitazione psichiatrica. Il convegno organizzato dal centro Sant’Ambrogio di Cernusco sul Naviglio (Milano) sui disturbi borderline di personalità ha sollevato un velo su questo gruppo di patologie che sovente vengono scambiate per tratti del carattere. I sintomi sono instabilità emotiva, difficoltà nelle relazioni, perdita di lavoro, abuso di droghe e di alcol, autolesionismo, impulsività, senso penoso di vuoto e solitudine: segnalano un senso di disgregazione della personalità e la conseguente percezione del rapporto con gli altri come “buono o cattivo”, “bianco o nero”, in una continua mutevolezza di sentimenti opposti, una condizione che rende difficile il trattamento. Questi disturbi sono associati spesso a altre patologie psichiatriche che peggiorano la prognosi, ma non sono incurabili, particolarmente in caso di trattamenti tempestivi e specifici. Il termine borderline indica una patologia di gravità “a confine” tra i disagi psichici minori e le malattie più gravi quali le psicosi o la schizofrenia. La reale gravità di questi disturbi, l’impatto sociale e la sofferenza conseguente non è da sottovalutarsi, sebbene chi ne affetto possa apparire normale, soprattutto rispetto alle gravi alterazioni mentali caratteristiche delle patologie psichiatriche più conosciute. Già ai primi del ‘900 Kurt Schneider, psichiatra tedesco, descriveva le “personalità che soffrono e fanno soffrire la società”. Oggi soprattutto, i gravi disturbi di personalità e la psicopatologia emergente a loro associata sono l’espressione più peculiare del disagio psichico nell’attuale contesto storico. Per questo la letteratura scientifica è fiorente e autori di diversi approcci metodologici come Kernberg, Linehan, Gunderson, Mc Williams, se ne occupano a tutto campo. «Il trattamento dei disturbi di personalità più gravi pone particolari problemi di complessità e di efficacia, e richiede un approccio multiprofessionale – spiega Paolo Cozzaglio, primario dell’area psichiatrica del Centro –. Il senso di disgregazione della personalità di questi pazienti e la conseguente percezione del rapporto con gli altri come “buono o cattivo”, in una continua mutevolezza di sentimenti opposti, rende difficile il trattamento con un unico terapeuta». Per questo il trattamento riabilitativo mirato in comunità terapeutica psichiatrica può essere la forma di cura di elezione per le personalità più sofferenti: l’equipe terapeutica multidisciplinare offre a questi pazienti la possibilità di fare esperienza di un ambiente variegato ma coerente, che sappia accogliere le manifestazioni più clamorose del disagio senza pregiudizi e, al contempo, sappia offrire una modalità alternativa di approccio per affrontare la sofferenza. Per Gian Marco Giobbio, direttore medico del Centro Sant’Ambrogio, «i Fatebenefratelli, da sempre impegnati nell’accoglienza del disagio psichiatrico e attenti ai bisogni della persona sofferente, non potevano trascurare le patologie sociali emergenti. Per questo, accanto alle comunità riabilitative per il trattamento dei pazienti psichiatrici più gravi, hanno favorito la creazione di una Cra (comunità ad alta intensità riabilitativa) accreditata con la Regione Lombardia dedicato anche alla cura dei disturbi di personalità». Il disturbo borderline di personalità rappresenta effettivamente un importante problema di salute pubblica per l'alta prevalenza nella popolazione generale come nella popolazione clinica. Spesso, è associato ad altre patologie psichiatriche che peggiorano la prognosi. Numerosi studi internazionali hanno confutato tuttavia la tesi dell'immodificabilità di questo disturbo sottolineando la necessità di trattamenti tempestivi e specifici, che troppo spesso, purtroppo, non sono erogati in Italia.
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