sabato 7 settembre 2019
L'arcivescovo di Bologna al seminario di Mcl a Senigallia riprende l'analisi di Costalli: la vera minaccia è la delegittimazione dei corpi intermedi. Associazioni e movimenti devono mettersi in gioco
L'arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi

L'arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi

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I cattolici sono meno divisi di un tempo in politica e a ricompattarli è l’insofferenza per populisti e sovranisti. Parola di don Matteo: «I populismi seminano il sospetto e creano una post-verità in cui tutto sembra uguale ed invece non lo è. Semplificano la realtà dell’economia, delle famiglie, della povertà, che invece è complessa. Ridicolizzano le istituzioni e conducono al plebiscitarismo…» L’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi - che i fedeli chiamano "don Matteo" da quand’era parroco in Trastevere, prima di diventare vescovo ausiliare di Roma - tra qualche settimana sarà creato cardinale e nella sua prima uscita pubblica dopo la nomina ha descritto l’associazionismo cattolico come una rete alternativa al populismo e al sovranismo.

«Ha ragione Costalli quando dice che la vera minaccia è la delegittimazione dei corpi intermedi, che fanno la fatica di collegare i pezzi dei problemi e cercano di rammendare un Paese lacerato», ha spiegato intervenendo al secondo giorno del seminario del Movimento cristiano lavoratori a Senigallia. Poco prima, e dopo i saluti del vescovo di Senigallia Francesco Manenti e del nuovo assistente nazionale Mcl don Francesco Poli, era intervenuto infatti il presidente di Mcl Carlo Costalli, il quale aveva dichiarato che «negli ultimi anni, con Renzi e fino all’ultimo governo, i corpi intermedi sono finiti sotto tiro, la disintermediazione ha colpito al cuore anche un Paese come l’Italia che ha sempre potuto vantare una presenza e una vivacità della società civile.

La grande trasformazione in cui siamo immersi ha riproposto in modo nuovo la contraddizione della prima modernità, con la destrutturazione dei corpi intermedi verso l’utopia di un mondo interconnesso e disintermediato. I poli di riferimento non sono più lo Stato e il cittadino, ma lo spazio dei flussi e le moltitudini di utenti/clienti. La grande questione dell’essere corpo intermedio nella società liquida, dove massima è la potenza dei mezzi e scarsi sono gli obiettivi, è che senza un forte pensiero di libertà e senza una critica matura verso le promesse di una società accelerata e dell’innovazione come fine, non sarà facile fare i conti con la frammentazione sociale».

L’arcivescovo ha detto che «l’antidoto al populismo, come ci insegna papa Francesco, è l’umanesimo cristiano e la ricostruzione di reti è l’unico modo per affrontare la grande solitudine del nostro tempo. Certo, i corpi intermedi devono ridisegnarsi e imparare ad abbassarsi, come Cristo». Quindi, ha constatato che «oggi nel mondo cattolico si avverte questa esigenza e certi antagonismi del passato sono diventati molto relativi: questa è una grande opportunità che si presenta ad associazioni e movimenti, che, pur senza perdere la loro soggettività, devono cercare questa collaborazione».

Zuppi ha contrapposto la visione dell’umanesimo cristiano a quella dei sovranismi che «cedono alla tentazione di amplificare il piccolo» e ha chiarito che «la testimonianza non basta», esortando movimenti e associazioni a «non farsi fregare, a non accontentarsi delle frattaglie, mettendosi al servizio, di fatto dei sovranismi». I corpi intermedi, cui è dedicato il seminario di Senigallia, sono invece uno strumento per cogliere la complessità dei problemi dei giovani e delle famiglie, «per le quali le istituzioni fanno troppo poco».

Quindi, parlando dell’Europa, l’arcivescovo ha spiegato che «indipendenza e sovranità vengono confuse: gli Stati possono essere formalmente indipendenti e non essere sovrani perché le decisioni si prendono altrove; invece, limitando l’indipendenza degli Stati europei con l’interdipendenza di una moneta, un esercito, un fisco comuni, si garantisce la difesa della loro sovranità. L’alternativa è dunque andare a libro paga di potenze straniere o fare dell’Europa un museo». Il futuro porporato è convinto che a livello europeo si possano affermare le proprie ragioni, ma che il sovranismo sia sterile: «Va bene dare una spallata ma poi quelli sono i tuoi interlocutori: i sovranisti sono indipendentisti che non fanno il bene del loro Paese», ha concluso.


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