Il “Silver Vaccine Day” iniziato ieri a Genova: una over 80 riceve la sua dose nell’ex ospedale di Quarto - Ansa
C’è luce in fondo al tunnel, i vaccini nonostante i pasticci con le forniture stanno arrivando. E d’accordo criticare Bruxelles, ma si guardi anche a quello che è stato fatto in dieci mesi. Stella Kyriakides, commissaria alla Salute, in questa intervista ad Avvenire e altri media internazionali difende la Commissione Europea. Le varianti preoccupano, ma l’Ue si sta attrezzando, assicura. E la scelta di una strategia vaccinale comune è una forza, nessuno Stato o regione è autorizzato a negoziati paralleli con le case farmaceutiche.
Commissario, siete stati accusati di lentezza, la presidente Von der Leyen ha ammesso ritardi.
Questa settimana siamo a circa 32 milioni di dosi consegnate, e oltre 19,2 milioni di vaccini somministrati in tutta l’Ue. Ai cittadini europei dico che avremo in totale 100 milioni di dosi per la fine del primo trimestre, che, certo, è meno di quanto aspettavamo, a causa dei problemi con AstraZeneca. Del resto sapevamo fin dall’inizio che le forniture sarebbero state più lente all’inizio, ma poi si sarebbero accelerate. E mi creda, stiamo facendo tutto il possibile per risolvere al più presto tutti i problemi inattesi che abbiamo visto nelle forniture. Ma nel secondo trimestre avremo altri 300 milioni di dosi, cui dovrebbero aggiungersi i sieri di Johnson&Johnson e Novavax. Dunque non è che stiamo perdendo tempo.
Stella Kyriakides - .
Ferita dalle critiche?
Spesso ci si dimentica da dove siamo partiti, che stiamo affrontando una crisi sanitaria globale di proporzioni mai viste finora. Era tutto nuovo, ci siamo trovati a fare cose per la prima volta. Ebbene, in 10 mesi abbiamo disponibili tre vaccini sicuri ed efficaci. In genere ci vogliono tra i cinque e i dieci anni. E molto importante è che ci siamo mossi per la strategia vaccinale con tutti e 27 gli Stati membri all’unisono, il che ha permesso a tutti i Paesi di avere accesso ai vaccini allo stesso tempo.
Intanto però dilagano le varianti.
È da varie settimane che stiamo analizzando la questione delle varianti che sono fonti di grande preoccupazione. C’è una piattaforma di epidemiologi di tutti gli Stati membri che si incontrano regolarmente. L’ultima riunione è stata una settimana fa. Le informazioni che abbiamo è che le misure di contenimento finora attuate, come il distanziamento sociale, l’utilizzo di mascherine, attenta i- giene, sono efficaci anche contro le varianti. Dunque dobbiamo continuare con questo e vaccinare il più alto numero di persone al più presto. Altra questione è l’individuazione delle mutazioni: per questo stiamo lavorando con gli Stati membri e l’Ecdc (il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, ndr) per il sequenziamento (cioè la rilevazione della variante nei tamponi positivi, ndr). Altrimenti siamo ciechi di fronte a questo problema. Al momento il sequenziamento è in media nell’Ue circa l’1% e noi stiamo lavorando per arrivare ad almeno il 5%. Ma servono anche soluzioni strutturali per far sì che l’Europa sia più preparata in futuro. Non possiamo permetterci di ripartire da capo nel caso i vaccini debbano esser adattati alle varianti. Per questo mercoledì presentiamo un programma di preparazione alla difesa biologica.
Chi è
Stella Kyriakides, 64 anni, cipriota, è dal 2019 commissario europeo alla Salute e alla sicurezza alimentare. Si è laureata in psicologia all’Università di Reading, in Gran Bretagna. Ha quindi lavorato presso il ministero della Salute cipriota nel dipartimento di psichiatria infantile e adolescenziale. Ha un passato politico, eletta nel 2006 nel Parlamento di Nicosia per il partito conservatore «Raggruppamento Democratico». A indicarla per Bruxelles è stato il presidente Nicos Anastasiades.
Può dirci di più?
Affrontiamo una sfida cruciale: migliorare il modo in cui l’Ema riceve i dati e approva i vaccini. Serve un nuovo processo regolatorio, in modo che se, per esempio, è necessario un nuovo vaccino per una variante, non bisogna ripassare per lo stesso processo, ma uno molto più snello pur mantenendo la massima sicurezza, un po’ come già accade con i vaccini influenzali. Si tratta inoltre di affrontare la questione della produzione di massa di vaccini con nuove tecnologie.
In Italia ci sono medici che rifiutano il vaccino di AstraZeneca perché considerato meno efficace. Che risponde?
Rispondo che noi ci atteniamo alla scienza e ci affidiamo all’Ema, che è un’agenzia indipendente. E l’Ema dà un’approvazione di un vaccino quando, basandosi sulla scienza, lo valuta sicuro ed efficace. E finora l’Ema ha approvato tre vaccini, tra cui AstraZeneca.
Varie regioni italiane stanno cercando di ordinare per conto proprio dosi di vaccino. Possono farlo?
Sono informata della questione italiana. Ricordo che tutti gli Stati membri hanno concordato di lavorare tutti insieme come parte della strategia Ue sui vaccini e questo è stato un grande segnale della forza della solidarietà dell’Unione Europea. Immaginiamoci che cosa sarebbe successo se avessimo avuto 27 negoziati paralleli. Il fatto di esser parte di questa strategia comune implica diritti e obblighi. Non vi è alcuna possibilità legale di negoziati paralleli con le case farmaceutiche che sono incluse nel portafoglio Ue.
Intanto l’Ungheria ha firmato un accordo con il vaccino russo Sputnik e sta già ricevendo le dosi.
Stiamo parlando di un farmaco non autorizzato dall’Ema e non parte del nostro portafoglio. E se uno Stato membro vuol vaccinare i suoi cittadini con un siero non autorizzato dall’Ue, può farlo a livello nazionale, ma deve assumersene l’intera responsabilità.
A proposito di Sputnik: l’Ema l’approverà?
Per il momento non c’è stata alcuna richiesta di autorizzazione presso l’Ema. Se arriverà, l’Ema utilizzerà gli stessi esatti criteri usati per tutti gli altri sieri.
E poi c’è la questione del mercato nero, il premier ceco Babis ha detto di esser stato avvicinato da «mediatori» degli Emirati per vaccini AstraZeneca…
Come con tutti i farmaci bisogna fare grande attenzione a possibili vaccini contraffatti. Chiedo ai cittadini di essere estremamente vigilanti e utilizzare esclusivamente i canali ufficiali.
Ungheria, Danimarca, Svezia, Grecia, stanno introducendo passaporti vaccinali. Che ne pensa?
Noi puntiamo a certificati vaccinali, non «passaporti». Perché indubbiamente abbiamo bisogno di un approccio comune: i certificati sono uno strumento importante per i cittadini durante la pandemia, forniscono una registrazione precisa della storia vaccinale, il che consente un approccio medico adeguato e di monitorare possibili effetti collaterali. Puntiamo anzi a una cooperazione con l’Oms, in modo da avere un certificato non solo per l’Ue, ma globale. Ma ripeto solo come strumento medico. Se poi, quando ci saranno sufficienti numeri di vaccini disponibili in tutta l’Ue, i leader decideranno di usare questi documenti per altri scopi, si vedrà.
Intanto in Africa praticamente siamo a zero vaccini. Non è un problema?
Ricordo che noi ci siamo mossi fin da subito in modo globale, creando Covax (il programma di solidarietà per acquistare vaccini per Paesi di reddito medio-bassi). È l’unico modo per affrontare una pandemia, non ci ispiriamo certo al principio «prima l’Europa». È vero però che a causa delle strozzature delle forniture non siamo ancora riusciti a sostenere Paesi fuori dall’Ue, ma le assicuro che faremo tutto il possibile per superare questi problemi, per poter condividere i sieri con i Paesi di reddito medio basso.
Tanti cittadini non ne possono più dei lockdown, c’è una stanchezza generalizzata…
Certamente è un problema, e certamente capisco questa stanchezza da Covid, la vita è cambiata radicalmente per tutti. Solo che purtroppo l’unico modo per combattere il virus è attuare le misure di contenimento e vaccinare il più rapidamente possibile. Ma c’è luce alla fine del tunnel.