martedì 20 agosto 2013
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Leggere san Tommaso a Pechino: potrebbe sembrare un titolo da best seller multiculturale e invece è una delle attività che il professor Tianyue Wu svolge con i suoi studenti dell’Università di Pechino. Una dozzina in tutto, si ritrovano ogni due settimane per assimilare la struttura e le argomentazioni della Summa Theologiae. «Non nascondo di essere cattolico, ma ciò che più mi interessa è fare in modo che i ragazzi apprezzino la dimensione speculativa del testo. Educarsi al pensiero razionale è il modo migliore per contrastare la secolarizzazione», spiega Wu davanti alla platea del Meeting nel primo degli incontri-testimonianza sul tema "Cosa ridesta l’umano" disseminati nel programma di quest’anno. A portare il medievista cinese a Rimini è stato Tobias Hoffmann, suo collega alla Catholic University di Washington. «Ci siamo conosciuti in occasione di un convegno accademico – ricorda lo studioso americano – e io per primo sono rimasto sorpreso da quanto interesse susciti in Oriente lo studio della nostra tradizione umanistica. Ha davvero ragione Rémi Brague, quando sostiene che oggi, per trovare la vera Europa, occorre andare fuori dall’Europa».Quella di Wu è una particolarissima vicenda personale, nella quale si rispecchiano molti degli elementi caratteristici della civiltà e della società cinese. «Sono nato nel 1979 – dice –, l’anno in cui nella Repubblica popolare si riaprivano le chiese. Ma questo non significa che lo Stato avesse deciso di riconoscere l’importanza della religione. Al contrario, per la mentalità secolare i luoghi di culto possono esistere solo in quanto strumenti di stabilità sociale, utili a rassicurare quella minoranza di cittadini che ancora non è abbastanza matura per accettare gli esiti della secolarizzazione». La famiglia di Wu appartiene appunto a questa minoranza. Vive nella Cina Sud-occidentale, dove nel Seicento, dopo la fine della dinastia Ming, si insediò per breve tempo una corte composta anche da numerosi funzionari cattolici. Poi, sul finire dell’Ottocento, dalla Francia venne la seconda ondata di missionari. «Mio nonno aveva studiato da loro – racconta il professore – e per un certo periodo aveva accarezzato l’idea di diventare sacerdote. La sua malattia e più ancora la sua morte sono stati momenti decisivi per il mio percorso spirituale. Durante quella veglia funebre ho capito che le preghiere ascoltate tante volte in casa esprimevano una verità assoluta e una bellezza profonda. Prima erano parole che non capivo, troppo distanti dal mio linguaggio quotidiano. Ma in quelle notti, ripetute da una piccola assemblea di bambini tra le mura in pietra di una vecchia chiesa, assumevano un significato straordinario. Da lì in poi tutto è venuto di conseguenza, compreso lo studio della filosofia».La Cina, osserva Wu, è un laboratorio ideale per valutare i processi di secolarizzazione. «Da noi si trata di una realtà millenaria – sottolinea –, nella quale si intrecciano almeno tre elementi. Il primo è costituito dal patrimonio dei classici: sia il confucianesimo sia il taoismo esprimono una morale essenzialmente pratica, incentrata sul rispetto delle leggi di natura. Ogni interrogativo sull’Essere supremo è, in ultima istanza, irrilevante. All’inizio del Novecento, quando la dottrina confuciana entra definitivamente in crisi, gli intellettuali cinesi abbracciano un’altra forma di secolarismo, di derivazione occidentale, connotata da un’aperta ostilità verso ogni fenomeno religioso. È su questa base che si sviluppa l’ideologia dell’ateismo di Stato, che ha avuto la sua massima affermazione durante la "rivoluzione culturale" degli anni Sessanta e Settanta. Da allora la svolta dell’economia di mercato ha dato un’ulteriore spallata al tradizionale sistema di valori. È una fase di transizione, delicatissima, che accentua gli atteggiamenti di cinismo e utilitarismo. I cristiani corrono il rischio di arroccarsi su posizioni conservatrici, che rendono poco visibile la ricchezza della Chiesa. Semmai bisognerebbe approfittare di queste condizioni per elaborare una coscienza credente ancora più forte e consapevole. Confrontarsi con lo spirito del tempo, senza arrendersi ad esso». È anche per questo, del resto, che il professore ha deciso di affiancare alle Confessioni di Agostino (di cui è specialista) la Summa del non meno amato Tommaso. «La filosofia non converte, però può avvicinare alla fede», conclude Wu, fissando un principio che di sicuro non vale solo per la Cina.
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