Peccato che lo scorso ottobre suor Berarda non abbia potuto ricevere la notizia del riconoscimento di “università cattolica” dato all’Ave Maria University in Florida, dall’ordinario locale, il vescovo Frank Dewane. Perché la nascita di quello che l’anno scorso il mensile First Things giudicava il più “cattolico” fra gli atenei negli Stati Uniti è merito anche suo. L’Ave Maria University è stata fondata nel 2003 da Tom Monaghan, magnate americano della pizza che dopo aver fatto milioni di dollari con la catena Domino’s, nel 1998 ha deciso di vendere le sue quote e di investire il ricavato per creare un’istituzione di alto livello accademico e di assoluta fedeltà al Magistero. Nella sua autobiografia, Pizza Tiger, Monaghan racconta come sia stata importante per la sua carriera una suora dell’orfanotrofio dove finì all’età di 4 anni, a causa della morte del padre e dell’impossibilità della madre di mantenere i due figli. Fu questa religiosa polacca di nome Berarda che gli infuse fiducia in se stesso e nella capacità di poter realizzare i suoi sogni. Riconoscente per il dono della fede e l’esempio di persone a lui vicine, l’Ave Maria University, ha spiegato Monaghan, è stato un modo per restituire alla Chiesa e alla società il bene ricevuto.Citiamo questa vicenda per parlare delle università cattoliche nel mondo, perché all’origine di questo patrimonio culturale ci sono stati e ci sono ancora impeti missionari, scommesse azzardate, gesti di generosità un po’ folli poi passati per un’impegnativa fase di istituzionalizzazione. La storia delle università cattoliche si può far risalire idealmente agli albori del cristianesimo, al Didaskaleion di Alessandria d’Egitto, la scuola cristiana del II secolo che cercò di misurarsi con il sapere del tempo e di contrastare la sfida dello gnosticismo. Nel XII e XIII secolo nascono attorno alle cattedrali le scuole che raggruppano i clerici insegnanti, prendono corpo la universitas scholarium e la universitas magistrorum. L’età rinascimentale e l’illuminismo segnano la crisi di questo modello: il celebre Institut Catholique di Parigi ricorda nel nome il fatto che a lungo in Francia una università cattolica non ha potuto fregiarsi del titolo, appunto, di università. A metà dell’800 la Chiesa però reagisce e comincia fondare centri di istruzione superiore in giro per il mondo, con una fecondità che sembra far rivivere quella medievale. Un grande slancio che vede protagonisti gli ordini religiosi e che trova più di un secolo dopo una sistematizzazione con la dichiarazione del Concilio Vaticano II sull’educazione cristiana, la Gravissimum Educationis, e con il suo completamento, la costituzione apostolica Ex Corde Ecclesiae promulgata da Giovanni Paolo II nel 1990, che ha stabilito un quadro normativo di riferimento.Secondo questa magna charta, una università cattolica può essere eretta direttamente dalla Santa Sede, da una conferenza episcopale, da un singolo vescovo, da un istituto religioso o da un’altra persona giuridica con il placet dell’ordinario locale. Il Vaticano può intervenire ovunque sia necessario per la salvaguardia della dottrina o per questioni disciplinari e chiede a ogni università di mantenere la comunione sia con la Chiesa universale che con quella locale. Un caso recente è quello che riguarda la Pontificia Università di Lima in Perù, in conflitto con l’arcivescovo locale per non voler adattare i propri statuti alla Ex Corde Ecclesiae e che sarà per questo soggetta a un’imminente visita apostolica da parte del cardinale ungherese Peter Erdo, incaricato della bisogna dal Vaticano. Per quanto riguarda tra l’altro il titolo di “pontificio” di cui godono alcuni atenei nel mondo (non parliamo di quelli che rilasciano gradi accademici per autorità della Santa Sede, come l’Università Lateranense, la Gregoriana, eccetera) va specificato che si tratta solo di un titolo onorifico, per rimarcare il vincolo con Roma.Il bene costituito dalle università cattoliche viste nel loro insieme è enorme. Stando all’ultimo indice ufficiale pubblicato dal Vaticano si contano nel mondo 998 università e 211 istituti equivalenti, ovvero scuole dal profilo più tecnico, ma che rilasciano titoli di valore universitario. Non c’è un dato ufficiale degli studenti immatricolati, ma secondo monsignor Vincenzo Zani, sottosegretario della Congregazione per l’educazione cattolica, si possono stimare tra i 3 e 4 milioni.In Italia le università cattoliche sono tre: la Libera Università Maria Santissima Annunziata (Lumsa), la giovane Università Europea di Roma, della congregazione dei Legionari di Cristo, e soprattutto l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che con 5 sedi, 14 facoltà, 42mila studenti e 1.400 docenti si presenta come l’università non statale più grande d’Europa. Ma se l’Europa, soprattutto con Francia, Belgio e Spagna, conserva ovviamente un ruolo storico (a Parigi ha sede la Fiuc, la federazione internazionale che riunisce 200 fra le maggiori università cattoliche nel mondo) è l’Asia che primeggia per numero (ciò è dovuto anche a una frammentazione degli istituti per motivi legislativi, come nel caso dell’India) e forse anche per spirito pionieristico. Un esempio fra tanti è la Fu Jen University di Taiwan, fondata da benedettini americani a Pechino nel 1925 e rifondata dai vescovi cinesi a Taipei nel 1961, con i suoi 27mila studenti è oggi uno degli atenei di punta in un Paese che conta 22 milioni di abitanti e appena lo 0,3% di cattolici. Al confine tra Asia e Oceania, la Divine Word University in Papua Nuova Guinea, fondata nel 1958 dai Verbiti, è stata negli anni ’90 il motore di una razionalizzazione della formazione universitaria nel Paese e una fucina vitale di professionisti nel campo dell’amministrazione, del turismo e della sanità. Anche qui, in un Paese dove i cattolici sono poco più del 10% della popolazione. L’altra zona di frontiera, e quella che registra la richiesta più alta di nuove università cattoliche, è l’Africa. Se ne è discusso lo scorso luglio in Kenya, alla plenaria dell’Associazione dei membri delle conferenze episcopali dell’Africa Orientale. Tuttavia, come ha fatto presente in quell’occasione il vice cancelliere dell’Università cattolica di Nairobi, padre John Maviri, questa fame di istituzioni accademiche deve essere affrontata con prudenza, per le difficoltà di dar vita a realtà che durino nel tempo e che mantengano standard educativi adeguati. Intanto, il neonato Stato del Sud Sudan può già contare con un ateneo cattolico, con due campus a Juba e Wau, e che ha immatricolato quest’anno 219 studenti a fronte di 600 richieste.Il continente più importante per impatto sociale e per prestigio degli atenei resta comunque quello americano. In Cile le università nate in seno alla Chiesa rappresentano il meglio che può offrire il Paese a livello accademico e la Pontificia Università Cattolica di Santiago è risultata la seconda migliore università latinoamericana secondo una prestigiosa classifica, il QS World University Rankings, resa nota il mese scorso. Nel Brasile in febbrile ascesa economica, l’Università di Porte Alegre, di proprietà dei padri Maristi, ha inaugurato nel 2003 il Tecnopuc, un parco tecnologico all’avanguardia nell’energia fotovoltaica e nell’informatica, dove aziende come Dell e Hewlett Packard hanno aperto i propri centri di ricerca in sinergia con le facoltà scientifiche, sotto la supervisione di un comitato etico che ha il compito di preservare l’indipendenza del lavoro accademico. Nell’America Settentrionale gli Stati Uniti annoverano con la Notre Dame University nell’Indiana, le università della Compagnia di Gesù come la Fordham di New York, la Georgetown di Washington o la Loyola di Chicago, alcuni degli atenei cattolici più affermati e noti. Un grande dibattito che ha accompagnato l’evolversi di queste istituzioni educative nel post-Concilio, forse più che in altri Paesi, è stato l’affievolirsi dell’identità cattolica di molte realtà e l’allontanamento dalla missione originaria. Sono nate associazioni battagliere come la Cardinal Newman Society, che si occupa di denunciare le derive dottrinali e di indicare gli atenei cattolicamente “sicuri”, ma soprattutto nel 1999 la Conferenza episcopale Usa ha approvato un documento e un piano di azione per applicare la Ex Corde Ecclesiae, entrato in vigore nel 2001, che a dieci anni di distanza ha permesso un certo cambio di rotta. L’Ave Maria University è un esempio di questa faticosa “rinascita”, ma non l’unico.