Drusilla Foer nel docufilm "Con un battito di ciglia" in onda domani 18 maggio su Rai3, alle ore 23.15
«Una mattina ti svegli e ti rendi conto di non avere più braccia per abbracciare, gambe per correre e voce per cantare… Questa è la condizione di un malato di Sla (Sclerosi laterale amiotrofica)». Si apre con questa considerazione amara, quanto drammaticamente realistica, di Drusilla Foer, il docufilm Con un battito di ciglia, regia di Riccardo Falorni, prodotto e realizzato da Rai Documentari in collaborazione con la Cooperativa sociale La Meridiana (in onda martedì 18 giugno alle 23.15 su Rai3, in occasione della Giornata Mondiale per la Sla del 21 giugno).
Quattro storie esemplari di malati di Sclerosi laterale amiotrofica
Piccolo inciso, meriterebbero la prima serata queste quattro storie esemplari, di tre uomini: Julius, Pippo e Luigi, e una donna, Laura, colpiti dal terribile Morbo per il quale ad oggi non esiste una cura risolutiva. Così i malati e le loro famiglie continuano a brancolare in un quotidiano fatto di dolore e di lacrime disperate. A volte, a questo si aggiunge la rabbia, la frustrazione dettata dal senso di solitudine e di emarginazione (per fortuna non è il caso di nessuno di loro quattro), ma anche di sorrisi pieni di speranze, provvidenziali come l’ossigeno del respiratore. «Qui dentro al mio corpo immobile ci sono… è rimasta solo la mia essenza, la vera me», fa sapere Laura, la “poetessa”, che, nel 1999, scoprì la malattia quando era incinta della terza figlia, Alice. Tutti, per il suo bene, gli chiedevano di interrompere quella gravidanza che lei oggi ricorda con la stessa convinzione di allora: « Avrei salvato solo me stessa, ma sarei morta con lei». E invece Laura c’è ancora, parla e scrive con il suo battito di ciglia che è sincronizzato con il battito del cuore del suo «grande amore».
Laura, la poetessa che traduce Manzoni in lingua corrente
Franco, il marito di Laura, seduto al tavolo del Giardino incantato di Monza, assieme agli altri parenti dei tre malati di Sla che hanno accettato di rispondere alle domande di Drusilla. Risposte che sono delle riflessioni, pubblicate sul giornale La Meridiana “ScriverEsistere”. Brani di un vissuto affidati alle letture sensibili degli attori Aldo Baglio per Pippo, Francesca Cavallin per Laura, Antonio Ornano per Julius e Gianluca Ratti per Luigi. Emozionati e stupiti anche loro al cospetto di queste creature speciali che come tanti dei circa 6mila malati di Sla censiti in Italia spesso non hanno voce. Della maggior parte di loro non si conoscono i volti, perché non hanno la popolarità di quei personaggi pubblici, come i calciatori, tanti troppi (incidenza 7-8 volte superiore), che sono stati colpiti da quello che ad Avvenire abbiamo chiamato il “Morbo del pallone”. Solo Laura ha avuto una certa visibilità precedente al documentario, perché della sua storia si è interessato il giornalista, ex direttore di “Repubblica” Mario Calabresi che gli ha dedicato un capitolo del suo libro Una volta sola.( Mondadori). «Conoscendola ho scoperto la grande ironia e l’allegria travolgente di questa “donna sul divano blu” - racconta Calabresi. «Se potessi guarire per 24 ore che cosa farei?» si domanda Laura. Sicuramente tornare ad abbracciare, correre e cantare, è la risposta di ognuno dei “superquattro” che hanno imparato che questa malattia inchioda il corpo a un letto, ma non è riuscita ad imprigionare il loro cuore e concordano con Laura che «nella fatica e nel dolore di tutti i giorni la malattia è un’opportunità di crescita e di cambiamento. L’essenza è nella capacità di scambiare amore». Amore che parte da ciò che si è sempre fatto, nel caso di Laura insegnare e scrivere: ha pubblicato otto libri e l’ultimo è una monumentale traduzione in lingua corrente de I promessi sposi di Alessandro Manzoni . Scrivere, è una delle tante incredibili scoperte a cui è giunto Luigi. Nella residenza sanitaria per persone con disabilità “San Pietro” di Monza, dove vive da anni, quel ragazzo che a scuola odiava fare i temi di italiano ha cominciato a scrivere per le colonne del giornale “Il Dialogo”. Luigi è un bracconiere di storie, con tanto di tesserino da giornalista e la sua voce ora è quella scritta con gli occhi.
La scrittura e la fede di Luigi
« La scrittura diventa suono. La scrittura fa amare la lettura e la conoscenza», è il suo messaggio in bottiglia lanciato nel grande oceano della solidarietà, mai pietistica. Perché per loro l’impossibile è diventata la possibilità. Un battito di ciglia permette di colpire la lettera che dà senso a quella frase che è l’inizio di un nuovo racconto che è la propria esistenza. Un racconto aperto, di chi ha lottato e alla fine ha deciso che non era giusto metterci anzitempo la parola “fine”. Commossa Drusilla, dinanzi a questo meraviglioso e dolorosissimo spaccato di vite vere, scopre che ogni malato di Sla può decidere se proseguire o interrompere il proprio viaggio terreno. La fede è venuta in soccorso di Luigi che sul ciglio dell’abisso aveva deciso di mollare: « Non volevo vivere da paralizzato». Ma sulla porta della sua stanza d’ospedale vide il fratello Enzo e sopra di lui un crocifisso, e quello fu il simbolo della rinascita e della speranza nel domani. Una speranza concreta che si materializzò nel pneumologo che mise a posto i suoi parametri vitali,ma soprattutto nella presenza fissa di quel crocifisso che gli ha dato in dono la voglia di scrivere «alla vita non si deve mai rinunciare ». La rabbia e la delusione per una “punizione” così forte da accettare, in ognuno di loro si è sciolta come neve al sole e si è fatta esemplare la capacità di adattamento alla propria realtà.
Gli angeli di Pippo e il sorriso di Julius
«Accettare se stessi anche nella malattia», è il mantra di Pippo, palermitano di nascita, autore dell’autobiografia Ci vediamo tra cent’anni. L’orgoglio, la gelosia, i pregiudizi, fanno parte della prima vita di Pippo, ora la sua second life è «una stanza piena di angeli». E le persone che lo amano, la sua famiglia, il planoterapeuta, avvertono queste presenze evocate da Pippo che tiene gli angeli sempre attorno al suo letto ed è in grado «di inviarli a tutte quelle persone che gli stanno affianco» e che ne condividono la presenza . Presenze forti che, nonostante la Sla, non hanno mai smesso di “correre”: con la mente e con il cuore, sono i maggiori velocisti che potreste incontrare. Julius non si è mai fermato un momento, ha continuato a lavorare e a dare sostegno, anche economico, alla sua famiglia. Anche lui ha scelto la tracheostomia per continuare a veder crescere le due figlie che a loro volta non hanno mai visto spegnersi sul suo volto, il sorriso. Lo “spirito d’avventura” anima ogni singolo gesto di Julius che custodisce dentro di sé un’idea da pensiero forte: « La coscienza che da disabile, la tua presenza può essere ancora utile». In queste quattro storie c’è un filo che lega tutti coloro che vivono intorno alla galassia Sla: il desiderio di mettere in circolo tutto l’amore dato e ricevuto. La senatrice Liliana Segre, citata da Calabresi, insegna che «per invecchiare bene bisogna essere amati». Infatti, c’è solo una medicina per affrontare il peso del tempo che passa, fissando dal letto l’orologio appeso alla parete della stanza del malato di Sla, e quella medicina è l’amore. Drussila Foer ci fa entrare in quelle quattro stanze, in quello spicchio di universo sconosciuti ai più, per uscirne migliori e con un rinnovato senso della vita scrivendo anche noi per la prima volta con un battito di ciglia un messaggio sottoscritto da Laura, Luigi, Pippo e Julius: « La Sla può toglierti tutto, ma non la capacità di amare la vita».