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L'abside della chiesa di sant'Antonio in Polesine (Ducato Estense) - Università di Cambridge
Una tenda islamica affrescata tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo è stata scoperta a Ferrara, nella chiesa del monastero benedettino di Sant’Antonio in Polesine. Ridipinto all’inizio del XV secolo con scene di vita della Vergine Maria e di Gesù, l’affresco ha attirato l’attenzione degli storici dell’arte, ma ad analizzarne le sezioni più antiche è stata Federica Gigante in uno studio pubblicato in “The Burlington Magazine”. La ricercatrice dell’Università di Cambridge ha individuato una tenda islamica che, con ogni probabilità, è realmente esistita e che l’artista potrebbe aver visto all’interno della chiesa intorno al XIII secolo. Tracce di raffigurazioni simili si trovano in dipinti del Tardo Medioevo e in alcune chiese italiane, ma quella di Ferrara potrebbe essere l’unica dettagliata e a grandezza naturale pervenuta a noi.
Il drappeggio originale potrebbe essere un dono diplomatico da parte di un capo musulmano o un trofeo dal campo di battaglia. Secondo lo studio di Gigante, potrebbe trattarsi anche di un regalo inviato da papa Innocenzo IV nel 1255, oppure di un’offerta della famiglia degli Estensi. La comunità di benedettine che si raccoglieva nel monastero, infatti, fu fondata da Beatrice II d’Este.
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Parete destra dell'abside - Università di Cambridge
I tessuti islamici arrivarono nell’Europa medievale come bottini di guerra. «L’affresco – sottolinea la ricercatrice – corrisponde alle descrizioni delle tende reali islamiche saccheggiate durante l’espansione cristiana in al-Andalus nel XIII secolo». Nel periodo delle spedizioni anti-musulmane «era comune pagare i mercenari in tessuti e una tenda era il premio finale». Un drappeggio andaluso, proveniente dall’accampamento del califfo almohade Muhammad al-Nāsir, fu inviato a papa Innocenzo III dopo il 1212, il che significa che anche nella basilica di San Pietro potrebbe esserci stata una tenda islamica.
Come spiegato da Gigante, pellegrini e crociati «pensavano esistesse una continuità artistica dai tempi di Cristo e, di conseguenza, l’utilizzo di questi tessuti in un contesto cristiano era più che giustificato». Nel XIII secolo era usanza esporre stendardi e bottini di guerra intorno agli altari. La presenza di drappeggi islamici nelle chiese europee del Tardo Medioevo, quindi, non è una novità, ma i frammenti ritrovati finora erano solitamente avvolti attorno alle reliquie, nelle tombe di personalità importanti.
L’affresco di Ferrara raffigura una tettoia posizionata sopra l’altare maggiore. La tenda islamica sostituisce l’abside, di cui il drappeggio blu e oro ricopre le tre pareti, ed è sormontata da un baldacchino a forma di cono decorato con pietre preziose. Il tessuto presenta un motivo di stelle blu a otto punte all’interno di tondi, con iscrizioni pseudo-arabe lungo il bordo superiore e inferiore. I contorni bianchi, invece, mettono in risalto i colori contrastanti, richiamando i ricami della seta andalusa del XIII secolo. A fare da sfondo, un cielo blu con stelle e uccelli, per dare l’impressione che la struttura si trovi all’aperto.
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Motivo a stelle con iscrizioni pseudo-arabe - Università di Cambridge
Nelle chiese medievali era diffuso l’utilizzo di tende pregiate – “tetravela” – per nascondere l’altare in modo permanente, durante alcuni rituali o in particolari periodi liturgici. Nell’affresco di Ferrara, infatti, è visibile quello che Gigante ha interpretato come l’angolo di un velo davanti all’altare. Nel corso delle ricerche, sulle pareti dell’abside ha individuato anche chiodi e staffe che avrebbero sostenuto il drappeggio appeso. L’affresco, quindi, sarebbe servito come «promemoria visivo del suo splendore quando non era al suo posto», ha precisato la studiosa.
La struttura, il design e la combinazione di colori richiamano le poche raffigurazioni superstiti dei tessuti andalusi. In particolare, ne ricordano uno conservato nel Museo diocesano di Fermo. Originariamente impiegato come veste sacerdotale – “casula” –, si pensa appartenesse all’arcivescovo di Canterbury Thomas Becket. Gigante ha notato una seconda somiglianza, quella con il mantello del re normanno Ruggero II di Sicilia, realizzato da artigiani arabi e impreziosito con dettagli in oro, perle e smalto cloisonné.