venerdì 28 marzo 2025
Dove sorse Littoria, oggi Latina, dieci anni prima c'era il progetto di Pometia Italica. Ma fu bloccato dagli agrari. Il saggio di Moriconi "Al limitare della palude" ricostruisce la vicenda
Gino Clerici (secondo da sinistra) con alcuni giornalisti a Colonia Elena

Gino Clerici (secondo da sinistra) con alcuni giornalisti a Colonia Elena - Archivio Famiglia Clerici

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Dieci anni prima che il fascismo bonificasse le Paludi Pontine ed edificasse Littoria un imprenditore milanese, Gino Clerici, aveva già in mente un suo progetto non solo per sanare il territorio, ma anche per costruire una città, Pometia Italica, proprio nel luogo dove nel 1932 sorse la principale città di fondazione, al Cancello del Quadrato. L’idea di Clerici, che prevedeva un investimento di oltre 400 milioni (cifra stratosferica per l’epoca) in un progetto organico di raccolta delle acque, di sviluppo agricolo e industriale e di sanificazione antimalarica, si scontrò presto con gli interessi del blocco agrario, che gli mosse guerra. Dapprima nel 1923 con una campagna di denigrazione che generò il cosiddetto “Scandalo delle Pontine”. E successivamente nel 1930, con un processo per bancarotta fraudolenta da cui l’imprenditore uscì definitivamente assolto poco prima di morire nel 1939, dopo essere fuggito in Brasile.

L’appassionante e intricata vicenda viene ora ricostruita grazie a un certosino scavo tra archivi, carte processuali e fonti dell’epoca da Francesco Moriconi in Al limitare della palude. La modernizzazione elettrofinanziaria di Gino Clerici da Pometia Italica a Littoria (Tralerighe libri, pagine 336, euro 18,00; prefazione di Giuseppe Barone). Il toponimo era un omaggio a Suessa Pometia, antica città da cui deriva “Agro Pontino” (Ager pometinus), e venne poi usato per la città fondata nel 1938 alle porte di Roma, Pomezia appunto. L’autore, archeologo e topografo, aveva già dedicato un libro all’imprenditore milanese. L’accesso a nuovi documenti, anche dall’Archivio Clerici, lo ha spinto a realizzare un’edizione completamente rivista.

Le piante di Pometia Italica (a destra) e di Littoria

Le piante di Pometia Italica (a destra) e di Littoria - Moriconi

Tra le scoperte c’è la piantina di Pometia Italica, estrapolata - grazie a un’elaborazione al computer – dalle fotografie d’epoca dei pannelli presenti nel padiglione Agro Pontino all’Esposizione di Torino del 1928. Segno che la “città nuova” non era solo il sogno di un visionario, ma un progetto che stava prendendo corpo. La futura città, rimasta solo sulla carta, si sviluppava verso Nord e non a raggiera come sarà per Littoria. E che dovesse sorgere proprio al Cancello del Quadrato lo testimonia la dicitura “Pometia Italica” in corrispondenza di quel luogo su alcune cartine pubblicate dalla rivista del Touring Club. Moriconi ritiene poi che le costruzioni della società di Clerici presenti al Quadrato fossero il nucleo propulsivo della città, concepita su presupposti ben diversi dal ruralismo imboccato dal regime.

Mussolini, che nel 1924 aveva posto la prima pietra di Mussolinia di Sicilia e aveva realizzato l’omonima città in di Sardegna (inaugurata dal re nel 1928), fino al 1929 in realtà sostenne le iniziative Clerici. A fargli cambiare orientamento furono la crisi economica e il prevalere di quei settori del fascismo che tutelavano gli interessi dei proprietari su quelli favorevoli invece alla modernizzazione. Valentino Orsolini Cencelli, presidente dell’Opera nazionale combattenti, dal 1931 si intestò l’idea di una città in quel luogo, Littoria, e - animato dal mito della fondazione - la mise su in fretta e furia.

Clerici sulla sua Rolls Royce

Clerici sulla sua Rolls Royce - Archivio Famiglia Clerici

Ma come arrivò Clerici nella Pianura Pontina? Nato nel 1880 a Milano in un’altolocata famiglia, la sua vocazione finanziaria e imprenditoriale emerse subito: banche, tipografie, filati, edilizia. Divenne talmente ricco da potersi permettere un’accessoriata Rolls Royce Silver Ghost Tourer, un modello appannaggio di famiglie reali e maraja. Aderente al Partito popolare, ebbe per amico Filippo Meda. Don Sturzo lo mandò in Sicilia a studiare un progetto per il frazionamento delle proprietà agricole in mano al latifondo. Era inoltre in pieno svolgimento la politica nittiana di modernizzazione attraverso l’energia elettrica prodotta dall’acqua, il “carbone bianco”. A sostenerla erano i socialisti riformisti. E l’idea di bonifica delle Paludi pontine di Clerici avrebbe poggiato proprio sui progetti di uno di questi, l’ingegnere Angelo Omodeo: due dighe, centrali idroelettriche, pompe elettromeccaniche, coltivazioni intensive e industriali, laghi per la pesca, strade, ferrovie, canali navigabili. Il piano fu, però, progressivamente abbandonato e venne realizzato – separando bonifica e trasformazione agraria - quello di Giuseppe Marchi, che prevedeva di convogliare le acque alte, medie e basse al mare tramite i corsi esistenti, collettori e nuovi canali.

Dopo essersi interessato di bonifiche in Emilia Romagna, Umbria e Toscana, Clerici approdò nel Lazio, a Colonia Elena, ai piedi del Circeo, dove nel 1898 Francesco Cirio aveva impiantato uno stabilimento per la lavorazione del pomodoro. Clerici realizzò un impianto modernissimo nella vicina Terracina, “al limitare della palude” (frase tratta dalla lapide di fondazione, che dà il titolo al libro). Ma soprattutto intuì le potenzialità di una colonizzazione agricola del territorio quando, appoggiato dal Banco di Roma, costituì nel 1919 la Società anonima Bonifiche Pontine, il suo animo imprenditoriale si trovò, però, davanti il Consorzio di Piscinara, in mano ai proprietari terrieri.

Dopo una prima intesa gli questi, temendone il rafforzamento con i capitali americani della banca Morgan, si coalizzarono contro di lui e - con il conte Gelasio Caetani nel ruolo di eminenza grigia dell’operazione - mandarono avanti il famigerato antisemita Giovanni Preziosi. I cui articoli diffamatori, per i quali fu condannato, diedero il “la” nel 1923 all’inchiesta Cassis. Questa non ebbe effetti giudiziari e Clerici, pur perdendo le cariche societarie, agì ancora dietro le quinte. Nulla poté, però, quando nel 1930 finì di nuovo in tribunale per operazioni disinvolte, fatte in un momento di difficoltà economica: aveva investito nel lussuoso Albergo Ambasciatori, nella Capitale, in un momento di calo del turismo. La crisi del Banco di Roma e il crack di Wall Street fecero il resto. In più sulla vicenda allungò i suoi tentacoli l’Ovra, che lo costrinse ad andarsene.

L'imprenditore milanese Gino Clerici (1880-1939)

L'imprenditore milanese Gino Clerici (1880-1939) - Archivio Famiglia Clerici

Ma Clerici aveva evidentemente le città nel dna. Giunto in Brasile sotto la falsa identità ungherese di Joszeph Cirell Czerna (strano nome dietro il quale si cela un ulteriore mistero), progettò con il vescovo di Goiàs, Emanuel Gomes de Oliveira, un insediamento urbano, per il quale voleva coloni veneti, ma Mussolini rifiutò. La città di Goiânia fu poi realizzata nel 1933 da un altro dittatore, Getúlio Vargas. Dopo la morte, Clerici è caduto in un oblio al quale ha contribuito una cattiva fama, riverberatasi fino al romanzo Canale Mussolini di Antonio Pennacchi, che lo dipinge – scrive Moriconi – come «un pirata della bonifica». Questo saggio ha il merito di riportare all’attenzione una vicenda di storia economica, urbanistica e sociale rimasta nell’ombra. E di raccontare un uomo attraverso la sua ascesa e caduta, entrambe simboliche di un’epoca.

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