
Una seduta della Corte costituzionale - Ansa
Pochi giorni dopo che il Ministero della Salute ha depositato in Parlamento la sua relazione annuale sull'attuazione della legge 40, con il nuovo record di "figli della provetta" nel nostro Paese, la questione delle “due mamme” è tornata il 5 febbraio in Corte costituzionale (pochi giorni prima di un altro caso, relativo alla legge sulla procreazione medicalmente assistita), sempre con lo stesso quesito: è conforme alla nostra Carta il divieto – opposto dalle norme vigenti – a che due donne che si dicono entrambe “madri” di un bimbo ottenuto con la fecondazione eterologa all’estero siano riconosciute in Italia come mamme del piccolo?
A mandare la questione in Consulta, stavolta, è stato il Tribunale di Lucca, sollecitato dalla Procura della Repubblica. Il sindaco – in qualità di ufficiale di stato civile – aveva comunicato la trascrizione del certificato di nascita ottenuto all’estero riportante la menzione genitoriale di entrambe le donne della coppia, e non solo di quella che aveva partorito. La questione è stata discussa ieri in Consulta, nelle forme di udienza pubblica, e la decisione è attesa per i prossimi giorni. In verità, i giudici costituzionali già si erano pronunciati sul tema con la sentenza 32/2021: in quell’occasione, pur rilevando una carenza normativa e invitando il legislatore a garantire la tutela dei bimbi con una legge specifica per questi casi, la Corte aveva dichiarato la questione inammissibile.
Nella sostanza: già quattro anni fa, è stata rigettata l’incostituzionalità delle leggi vigenti, che impediscono di riconoscere un bimbo come “figlio di due mamme”. Questo concetto è stato ribadito anche di recente dalla sentenza 38162/2022 della Corte di Cassazione: la mamma è colei che partorisce, hanno scritto i giudici. D’altronde, l’articolo 269 del Codice civile proprio questo chiarisce. Ma altri elementi, posti non dalle leggi ma dall’interpretazione dei giudici, complicano il quadro. Per esempio, secondo il filone giurisprudenziale inaugurato nel 2014 dal tribunale per i minorenni di Roma, la donna che non ha partorito può beneficiare della legge per le adozioni in casi speciali (184/83): così aggiunge il suo cognome a quello del bimbo ma senza legittimazione (in termini anagrafici) e senza acquisizione di parentela con il piccolo.
Le donne protagoniste del caso all'esame dei giudici costituzionali lo sanno, ma non gli basta. Il Tribunale di Lucca conosce la sentenza costituzionale del 2021, e al termine dell’ordinanza di rimessione così giustifica il nuovo invio di una questione analoga a quella già decisa: «Il giudice comune è investito del compito di portare (o ri-portare) all’attenzione della Corte le questioni che, pur a fronte di un monito chiaro, non siano state prontamente risolte dal legislatore».