Il Congresso di Versailles
Per il governo francese, inserire nella Costituzione la «libertà garantita alla donna» di abortire significa allontanare il «ricordo ossessivo» delle operazioni clandestine fatali del secolo scorso. Una costituzionalizzazione, inedita su scala mondiale, per scongiurare ogni «ritorno indietro» in materia, con tanto di citazioni stigmatizzanti verso Stati Uniti, Ungheria e Polonia. Una scelta, ancora, per inviare un «messaggio» alle donne del mondo intero, in nome della facoltà di «disporre del proprio corpo».
Sotto gli auspici del presidente Emmanuel Macron, che ha chiesto la modifica un anno fa, il pieno sostegno francese all’aborto è entrato in scena ieri pomeriggio enfaticamente a Versailles, dove deputati e senatori si sono riuniti nel formato solenne del Congresso, a 16 anni dall’ultima revisione.
Come previsto, schiacciante e bipartisan il voto definitivo: 780 favorevoli, 72 contrari. Nettamente superata, dunque, la maggioranza qualificata richiesta dei tre quinti (512) dei parlamentari. «Fierezza francese, messaggio universale», ha presto lanciato il capo dell’Eliseo, dando appuntamento per l’8 marzo a mezzogiorno in Place Vendôme a Parigi, davanti al Ministero della Giustizia, per pubblici festeggiamenti. Applauditissimo il discorso del premier Gabriel Attal, per il quale «governare è ostacolare la tragedia della storia». Così la Francia sarà «pioniera, fedele alla sua eredità di Paese faro dell’umanità». Anche per i capigruppo dei partiti toni aulici, citazioni di nomi illustri, richiami al carattere «storico» del momento. Fra le parole più citate, «progresso» e «battaglia», opposte a «reazionari» e «mondo di ieri». Insomma, l’esposizione di uno schema argomentativo e di pensiero martellato per anni fino a sedimentarsi nei vertici istituzionali di un Paese che ama presentarsi come la «culla dei diritti umani».
Uno schema che, come riconosce qualcuno, è da tempo quasi un “riflesso pavloviano” nei palazzi parigini che contano. Tanto da trasformarsi persino in una concezione temuta, quando spuntano le grinfie di un’ideologia schiacciasassi. Davanti alle telecamere, tutta un’apoteosi sorprendente, se guardata da oltre le frontiere francesi: scrosci interminabili di applausi, abbracci e scene d’entusiasmo, crollo momentaneo degli steccati fra i partiti, in una congiuntura parlamentare che resta, su tutti gli altri fronti, non poco rissosa. A Parigi, sul Piazzale del Trocadero intitolato ai diritti umani, persino un maxischermo installato di fronte alla Tour Eiffel, fatta scintillare per l’occasione davanti a gente in festa. Quasi fossero in scena non gli stessi parlamentari vituperati dalle proteste delle ultime settimane ma campioni reduci dalla vittoria di un mondiale.
Fra i commentatori in tv c’è chi avrebbe voluto una collocazione ancor più nobile per il nuovo comma, iscritto alla fine all’articolo 34 della Carta della Quinta Repubblica che fu voluta nel 1958 da Charles de Gaulle. Per i vescovi francesi, che hanno invitato il Paese al digiuno e alla preghiera contro la riforma, la Francia «si onorerebbe iscrivendo piuttosto la promozione dei diritti delle donne e dei bambini». Oltralpe «il numero di aborti non cala ed è anche cresciuto negli ultimi due anni», hanno ricordato, chiedendo di pregare per il ritorno nel Paese del «gusto della vita, di darla, di riceverla, di accompagnarla, di avere e allevare dei bambini». Proprio a Versailles, in giornata, pure una manifestazione di oppositori pronti a denunciare la nuova «ferita». E adesso Macron potrebbe tentare il bis, puntando sulla controversa riforma del fine vita, che rischia di aprire la strada al «far morire».