Al via i «dazi reciproci» per 60 Paesi, la Cina risponde. La frase-choc di Trump
di Redazione
L'Asia alle prese con dazi punitivi. Pechino ha aumentato all'84% le barriere commerciali. Le parole volgari del presidente: tutti i Paesi mi chiedono di trattare, mi baciano il c..

Alle ore 6 di questa mattina sono entrati in vigore i «dazi reciproci» imposti dal presidente americano Donald Trump a 60 Paesi del mondo, in aggiunta alle tariffe di base del 10% che avevano iniziato ad applicare sabato scorso.
Gli alleati di lunga data come l’Unione Europea ottengono una tariffa del 20%, mentre luoghi di produzione cruciali come Vietnam e Cambogia finiscono nella fascia alta del 40%. E poi c’è la Cina , che aveva già una tariffa del 20% a causa del commercio di fentanyl, e poi ha ottenuto una tariffa reciproca del 34%, e poi un ulteriore 50% per rappresaglia contro le imposte statunitensi, per un dazio totale del 104%. Pechino ha risposto ai nuovi dazi americani portando le sue barriere commerciali sui beni made in Usa dal 34% all'84% a partire da oggi.
Le imposte sono quasi universali, ma si prevede che alcuni prodotti saranno colpiti più duramente di altri. Secondo le stime del sito di news americano Axios, i settori più colpiti dalle tariffe più elevate degli ultimi anni sono i videogiochi, i componenti per computer, gli smartphone, l'abbigliamento e i componenti aerospaziali. Lo Yale Budget Lab ha calcolato che le tariffe ridurranno il reddito disponibile della famiglia media americana di circa 3.800 dollari all'anno, anche se si tratta di una media e in realtà le tariffe saranno di fatto un'imposta regressiva sulle famiglie più povere, le più colpite.
A livello globale, i dazi punitivi di Trump non andranno soltanto a scuotere l’ordine commerciale mondiale che persisteva da decenni, ma hanno già sollevato timori di recessione e in questa prima settimana hanno spinto le azioni mondiali in forte ribasso. L’indice S&P 500 ha perso quasi 6.000 miliardi di dollari di valore da quando Trump ha annunciato i dazi una settimana fa, la perdita più profonda in quattro giorni dalla creazione dell’indice di riferimento negli anni ‘50.
Il presidente Trump ha offerto agli investitori segnali contrastanti riguardo alla permanenza dei dazi a lungo termine, descrivendoli come «permanenti», ma vantandosi anche di fare pressione sugli altri leader affinché chiedano negoziati. «Abbiamo molti Paesi che si stanno avvicinando e vogliono raggiungere un accordo», ha dichiarato il presidente americano martedì pomeriggio durante un evento alla Casa Bianca.
Spingendosi ben oltre nei toni e nel linguaggio quando si è trovato a parlare al Comitato nazionale repubblicano nella notte tra martedì e mercoledì: «Questi Paesi ci stanno chiamando. Mi stanno baciando il c... Muoiono dalla voglia di raggiungere un accordo». Il presidente americano ha affermato che i leader stranieri lo stanno implorando di raggiungere un'intesa e ha continuato a prenderli in giro, spiegando che lo supplicherebbero così: «Per favore, per favore, signore, trovate un accordo. Farò tutto il necessario, signore».
Per quanto riguarda la Cina sul social Truth, il numero uno alla Casa Bianca è arrivato persino a sostenere di aspettarsi che anche la Cina voglia perseguire un accordo, anche se «non sa come come avviarlo». In realtà Pechino a reagito con l'aumento dei dazi fino all'84%.
L’amministrazione Trump ha programmato finora colloqui con Corea del Sud e Giappone, due stretti alleati e importanti partner commerciali, e la premier italiana Giorgia Meloni andrà in visita la prossima settimana. Il vice primo ministro del Vietnam, il polo manifatturiero asiatico a basso costo colpito da alcuni dei dazi più elevati al mondo, dovrebbe incontrare il segretario al Tesoro di Trump, Scott Bessent, già oggi.
Dal canto suo, la Cina ha promesso di combattere quello che considera un ricatto, adottando tutte le misure «ferme e incisive» per proteggere i propri interessi. Permane lo scetticismo sulla possibilità che il settore export cinese possa resistere a questi dazi. «L'entità dei dazi è semplicemente troppo elevata perché esportatori e consumatori possano accettarla, ed è difficile compensarla completamente con un deprezzamento della valuta» sostengono gli economisti della banca francese, Société Générale. Nel contempo, le principali società di brokeraggio cinesi si sono impegnate a collaborare per contribuire a stabilizzare i prezzi delle azioni nazionali in risposta alle turbolenze indotte dai dazi.
Dal canto suo, la Cina ha promesso di combattere quello che considera un ricatto, adottando tutte le misure «ferme e incisive» per proteggere i propri interessi. Permane lo scetticismo sulla possibilità che il settore export cinese possa resistere a questi dazi. «L'entità dei dazi è semplicemente troppo elevata perché esportatori e consumatori possano accettarla, ed è difficile compensarla completamente con un deprezzamento della valuta» sostengono gli economisti della banca francese, Société Générale. Nel contempo, le principali società di brokeraggio cinesi si sono impegnate a collaborare per contribuire a stabilizzare i prezzi delle azioni nazionali in risposta alle turbolenze indotte dai dazi.
Se per gli effetti completi dei dazi di quest’oggi, 9 aprile, potrebbero non farsi sentire per un po’ di tempo, poiché tutte le merci già in transito alla mezzanotte saranno esenti dalle nuove imposte purché arrivino negli Stati Uniti entro il 27 maggio, la battaglia doganale potrebbe andare avanti a colpi di imposte sui farmaci, finora lasciati fuori. Lo ha annunciato lo stesso Trump avvisando che presto imporrà «importanti tariffe anche sulle importazioni farmaceutiche».
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