
. - .
La comunicazione non si improvvisa. Soprattutto se si vuole diventare content creator e social media ambassador delle iniziative della Chiesa cattolica. Il progetto #ShinetoShare, lanciato dai Servizi nazionali per la pastorale giovanile e per la promozione del sostegno economico, offre ai giovani, dai 18 ai 35 anni, che vogliono creare contenuti digitali di qualità la possibilità di acquisire – con un corso online e uno residenziale - competenze nell’ambito comunicativo, della produzione, dell’uso delle piattaforme e dell’intelligenza artificiale. A usufruirne saranno i cento finalisti del contest, selezionati tra quanti, entro il 6 aprile, caricheranno sul sito del concorso un video di 40/60 secondi che racconti un evento o un’esperienza di fede e servizio vissuta in oratorio, in parrocchia o in un’associazione cattolica.
Se l’indemoniato di Geràsa, guarito da Gesù, fosse un giovane di oggi, probabilmente sfrutterebbe le potenzialità di un video e dei social per dare seguito alla consegna ricevuta: «Va’ e racconta quello che il Signore ti ha fatto».
Il racconto, del resto, ha sempre avuto un ruolo chiave nella trasmissione della fede, a partire dal narrare la fecondità dell’incontro personale con il Signore della vita che ha generato un’esistenza rinnovata.
Questa narrazione oggi si esprime in modo particolare nei social media, dove i giovani danno voce al loro desiderio di relazione: «Il video è diventato uno strumento privilegiato per raccontarsi: è immediato, autentico, coinvolgente - nota don Luca Fossati, collaboratore dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Milano -. Raccontarsi in video non è solo esibizione, ma spesso ricerca di senso, desiderio di essere ascoltati, riconosciuti, accolti. Anche sui social, dove l’apparenza sembra dominare, tanti giovani provano a condividere qualcosa di vero, di profondo come esperienze, domande, ferite e sogni».
Il progetto #ShinetoShare per diventare content creator della Chiesa cattolica chiede di raccontare il bene e la fede che attraversa le proprie esistenze: «Un po’ come quando ci innamoriamo o viviamo un momento imperdibile ed esclusivo e non vediamo l’ora di dirlo a tutti - spiega don Diego Goso, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali di Ventimiglia-Sanremo -. Se una cosa ci fa stare bene, vogliamo che anche altri lo sappiano».
La brevità dei video che possono partecipare al concorso Cei, dai 40 ai 60 secondi, non deve però ingannare. Perché la qualità di un messaggio non si misura dalla durata, ma dalla sua profondità. E dalla libertà «di esprimere senza filtri i propri desideri di futuro - commenta suor Naike Monique Borgo, dell’Ufficio stampa della diocesi di Vicenza -. Sui social i giovani trovano la possibilità di essere protagonisti, sono loro a dettare tendenze e a poter insegnare, senza adulti che li guardano top-down».
Occorrono adulti, infatti, che diano spazio e che accompagnino a leggere le domande di senso. Come a Bologna, dove l’Ufficio comunicazioni sociali ha intrapreso un percorso formativo con diversi universitari in tirocinio: «Non conoscono più il linguaggio della Chiesa - osserva Alessandro Rondoni, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali di Bologna - ma sono aperti, curiosi e non hanno pregiudizi. Sono innamorati della parola artistica in poesia e in canzone. Hanno bisogno di incontrare un adulto che accenda il loro entusiasmo». Anche i liceali del Segrè di San Cipriano d’Aversa hanno avuto l’opportunità di confrontarsi sulle potenzialità di social e video «per mettere a tema la custodia del Creato, l’inquinamento ambientale e il desiderio di ritornare a prendersi cura del territorio, così da essere protagonisti nel riscatto e diffondere speranza», racconta don Francesco Riccio, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali di Aversa.
Una condivisione di esperienze che grazie alla Rete può raggiungere anche chi non è coinvolto in percorsi ecclesiali: «I social media possono diventare un luogo di incontro reale, dove il Vangelo viene annunciato con lo stile di Gesù attraverso la relazione e il racconto di esperienze concrete» dice don Domenico Bruno, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali di Trani-Barletta-Bisceglie, che qualche anno fa ha lanciato l’iniziativa Annunciate dai tetti. «Lo storytelling pastorale diventa una forma di catechesi incarnata - continua don Bruno -. Non si tratta solo di trasmettere contenuti dottrinali, ma di condividere storie che parlano della presenza viva di Cristo nella vita quotidiana».
Certo, aggiunge don Fossati, «raccontare il bene non è autocelebrazione, ma testimonianza: è dire che il bene esiste, che vale la pena cercarlo, che anche oggi si può vivere per qualcosa di più grande. I giovani che lo fanno, spesso in modo spontaneo, diventano così testimoni digitali: non perfetti, ma veri. Questa è già una rivoluzione».
E così l’esperienza di ciascuno, sottolinea don Goso, «può diventare la scintilla necessaria a qualcun altro per intraprendere il proprio cammino, per trovare risposte, per non sentirsi solo».