sabato 10 giugno 2017
Mattarella chiede responsabilità alle istituzioni. Da Francesco il richiamo a una positiva laicità, alla collaborazione fra Stato e Chiesa, all'accoglienza dei migranti, al sostegno alla famiglia
Papa Francesco e il presidente Sergio Mattarella al Quirinale (Siciliani)

Papa Francesco e il presidente Sergio Mattarella al Quirinale (Siciliani)

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L'invito a un «lavoro stabile», il richiamo a una «politica fattivamente impegnata in favore della famiglia», l’accoglienza dei migranti che non può essere solo compiuta da «poche nazioni», la vicinanza alle popolazioni terremotate del Centro Italia e l’«amichevole» collaborazione fra Chiesa e Stato italiano nel segno di una «positiva» laicità «non ostile e conflittuale» sono stati i temi toccati da papa Francesco nel suo intervento ufficiale nella Sala dei Corazzieri di fronte al capo dello Stato, Sergio Mattarella, durante la visita di questa mattina al Quirinale. E il presidente della Repubblica ha chiesto «responsabilità» proprio per garantire una più ampia occupazione sottolineando anche l’esigenza del rispetto dell’ambiente, il "no" all’odio e al terrorismo, il «grido di dolore dei migranti» e il «valido e utile sostegno» della Chiesa cattolica alla Penisola.

IL DISCORSO DI PAPA FRANCESCO

IL DISCORSO DEL PRESIDENTE MATTARELLA

Gli interventi di Francesco e Mattarella sono stati uno dei momenti centrali della visita del Papa al Quirinale. Il presidente Mattarella ha accolto Francesco pochi minuti prima delle 11 nel cortile d'onore. Si è trattato di una visita ufficiale di restituzione di quella compiuta dal capo dello Stato in Vaticano il 18 aprile 2015. Un'ora e mezzo nel Palazzo che fino al 1870 era la villa estiva dei Papi e che oggi è la residenza del capo dello Stato Italiano o, come ha detto Mattarella, è anche la «la casa degli italiani».


La visita si è conclusa nei Giardini del Quirinale dove Francesco e il presidente della Repubblica hanno salutato circa 200 bambini delle scuole arrivati dalle zone terremotate del Centro Italia. Dopo selfie, canti, consegne di disegni e regali (fra cui un sacchetto con le lenticchie di Castelluccio) da parte dei piccoli studenti di Umbria, Marche, Abruzzo, Lazio ed Emilia Romagna, papa Francesco ha preso la parola e a braccio ha invitato ad «andare avanti con coraggio». «Ci sono difficoltà nella vita – ha detto il Papa ai ragazzi –. Avete sofferto per il terremoto». Poi ha citato una canzone degli alpini per esortare a rialzarsi dopo essere caduti. «Il successo – ha affermato Bergoglio facendo riferimento al brano – non sta nel non cadere ma nel non restare caduti». Un’espressione di stampo spagnolo per mettere l'accento su ciò che Francesco ha detto con una frase a conclusione: «Alzatevi di nuovo». Accanto al Pontefice anche la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli.


L'ingresso del Pontefice al Quirinale è avvenuto con uno stile sobrio. Al Papa sono stati resi gli onori militari, come accade per un capo di Stato, ma da fermo, nel senso che il Papa non ha sfilato davanti alle forze armate schierate. Sono stati suonati gli inni dei due Stati. Nel cortile anche i ragazzi di alcune scuole. Sul torrino del Palazzo sventolavano la bandiera italiana, quella vaticana e quella dell'Unione europea.


La visita è iniziata con il capo dello Stato che ha accompagnato il Pontefice fra le stanze del Quirinale. Mattarella gli ha parlato delle tre cappelle che il Palazzo ospita, fra cui la nota Cappella dei Santi Pietro e Paolo, più conosciuta con il nome di Cappella Paolina, derivato da papa Paolo V. Poi il colloquio privato fra papa Francesco e Mattarella. Nella Sala degli Arazzi è avvenuto lo scambio dei doni. Il capo dello Stato ha donato un fermaglio per il piviale, mentre il Papa ha donato una icona con gli Apostoli Pietro e Paolo. «La terrò carissima», ha risposto Mattarella al Pontefice. Quindi la breve sosta nella Cappella dell’Annunziata decorata da Guido Reni: sia il Papa, sia Mattarella hanno pregato di fronte all'immagine della Madonna.


Quindi nella Sala dei Corazzieri gli interventi ufficiali. Nel suo discorso Francesco ha detto di guardare «con speranza» all’Italia. Una speranza che, ha precisato il Papa con una nota di carattere personale, «è radicata nella memoria grata verso i padri e i nonni, che sono anche i miei, perché le mie radici sono in questo Paese». Fra le questioni «che oggi maggiormente interpellano» c’è quella del lavoro, ha affermato Bergoglio. E ha aggiunto: «Ribadisco l’appello a generare e accompagnare processi che diano luogo a nuove opportunità di lavoro dignitoso. Il disagio giovanile, le sacche di povertà, la difficoltà che i giovani incontrano nel formare una famiglia e nel mettere al mondo figli trovano un denominatore comune nell’insufficienza dell’offerta di lavoro, a volte talmente precario o poco retribuito da non consentire una seria progettualità». Quindi il richiamo affinché le «risorse finanziarie siano poste al servizio di questo obiettivo di grande respiro e valore sociale e non siano invece distolte e disperse in investimenti prevalentemente speculativi».


Francesco ha esortato a sostenere la famiglia che è «primo e principale luogo in cui si forma la persona-in-relazione». Lavoro e famiglia – ha insistito il Papa – «sono due pilastri che danno sostegno alla casa comune e che la irrobustiscono per affrontare il futuro con spirito non rassegnato e timoroso, ma creativo e fiducioso». E uno sguardo ai giovani. «Le nuove generazioni hanno il diritto di poter camminare verso mete importanti e alla portata del loro destino, in modo che, spinti da nobili ideali, trovino la forza e il coraggio di compiere a loro volta i sacrifici necessari per giungere al traguardo, per costruire un avvenire degno dell’uomo, nelle relazioni, nel lavoro, nella famiglia e nella società».


Soffermandosi sul ruolo delle istituzioni, il Papa ha evidenziato che serve «un paziente e umile lavoro per il bene comune» e che occorre «rafforzare i legami fra la gente e le istituzioni». Francesco ha ricordato che in Italia siamo di fronte a «una peculiare forma di laicità, non ostile e conflittuale, ma amichevole e collaborativa» e ha citato Benedetto XVI che l’aveva definita «positiva». Bergoglio ha osservato che «la Chiesa in Italia è una realtà vitale, fortemente unita all’anima del Paese, al sentire della sua popolazione». L’«eccellente» stato dei rapporti tra Chiesa e Stato ha portato «vantaggio per i singoli e l’intera comunità nazionale» e nella Chiesa cattolica «l’Italia troverà sempre il migliore alleato per la crescita della società, per la sua concordia e per il suo vero progresso». Da Francesco è giunto anche il grazie per «la cordiale e generosa disponibilità e collaborazione» fra Stato italiano e Santa Sede. Come ha dimostrato il Giubileo straordinario della misericordia. «Nonostante l’insicurezza dei tempi che stiamo vivendo, le celebrazioni giubilari hanno potuto svolgersi in maniera tranquilla e con grande vantaggio spirituale. Del grande impegno assicurato dall’Italia al riguardo la Santa Sede è pienamente consapevole e sentitamente grata».


Nel suo intervento Francesco ha richiamato «il terrorismo internazionale» e «la fortezza animata dalla fede con la quale le popolazioni del Centro Italia colpite dal terremoto hanno vissuto quella drammatica esperienza, con tanti esempi di proficua collaborazione tra la comunità ecclesiale e quella civile». Quindi il fenomeno migratorio. Francesco ha elogiato il «modo con il quale lo Stato e il popolo italiano» lo stanno affrontando. Ma ha anche ammonito: «È chiaro che poche nazioni non possono farsene carico interamente, assicurando un’ordinata integrazione dei nuovi arrivati nel proprio tessuto sociale. Per tale ragione, è indispensabile e urgente che si sviluppi un’ampia e incisiva cooperazione internazionale».


Il Papa è stato accompagnato dal segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin. Componevano la delegazione "papale" anche il sostituto alla segreteria di Stato, l'arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, il nuovo presidente della Cei e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, il cardinale Gualtiero Bassetti, il cardinale vicario di Roma uscente, Agostino Vallini, il presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, il cardinale Giuseppe Bertello, il prefetto della Casa pontificia, l'arcivescovo Georg Gänswein, il nunzio apostolico in Italia, l'arcivescovo Adriano Bernardini, e il reggente della Prefettura della Casa pontificia, padre Leonardo Sapienza.


Nel suo intervento Sergio Mattarella ha definito la visita di papa Francesco un’«occasione speciale» evocando sia il passato del Palazzo del Quirinale che «reca i segni dell’attività feconda» dei Pontefici, sia l’«origine» italiana della famiglia di Bergoglio. In sala anche i ragazzi delle scuole delle zone del Centro Italia colpite dal terremoto che il capo dello Stato ha salutato. Mattarella ha richiamato alla «responsabilità chiamata a declinarsi quotidianamente all’interno delle istituzioni, per affermare quei valori di centralità della persona, di giustizia, di solidarietà, di condivisione, che sono iscritti nel nostro dettato costituzionale e sono anche alla base di tante manifestazioni della testimonianza della Chiesa cattolica». Quindi il riferimento al lavoro citando l’incontro del Papa a Genova in cui aveva ricordato la Costituzione. «L’occupazione, e la dignità - che ad essa è intrinsecamente legata - deve costituire il centro dell'esercizio delle responsabilità di istituzioni e forze sociali, così da prevenire e curare fenomeni di emarginazione, povertà, solitudine e degrado». E l’attenzione ai giovani. «Questa stagione – ha detto Mattarella – ne sta mettendo a dura prova le aspettative, le prospettive di vita personale, mettendo a rischio il buon futuro dell'intera società. Eppure, con il loro instancabile fervore e con un entusiasmo sempre rinnovato, i giovani ci interpellano; e richiamano alla necessità di esercitare la nostra responsabilità, individuale e collettiva, nell’elaborare politiche di crescita al passo con i tempi».

Altra dimensione citata dal capo dello Stato è stata quella del rispetto dell'ambiente con il rimando di Mattarella all’enciclica Laudato si’. «Tutti possiamo trarre ispirazione per politiche che tendano a realizzare condizioni di sano equilibrio fra rispetto della natura, sviluppo economico inclusivo e rifiuto della cultura dello “scarto”». E la rassicurazione: «L’accordo di Parigi sul clima rappresenta un punto di partenza al quale non intendiamo abdicare».


Mattarella ha condannato il «fanatismo di qualunque matrice esso sia» e ha ricordato i gesti di dialogo e riconciliazione del Papa «di fronte alla barbarie del terrorismo che, anche negli ultimi tempi, ha seminato lutti in tanti continenti e che, in molte regioni del pianeta, in Africa come in Medio Oriente, minaccia quotidianamente le comunità cristiane». E parlando del fenomeno dei migranti, il presidente della Repubblica ha detto: «Governarlo richiede un comune impegno da parte della comunità internazionale, dei Paesi di provenienza e transito, di quelli di approdo e - per quanto ci riguarda più da vicino - dell'intera Unione Europea». Infine il richiamo al ruolo della comunità ecclesiale. «L’Italia ha sempre potuto fare affidamento sul sostegno della Chiesa cattolica», ha affermato Mattarella. E ha proseguito: «Siamo certi che l'azione della Chiesa, e delle sue tante compagini, contribuirà a rafforzare quel senso di comunità che nel nostro Paese è radicato e forte ma che, tuttavia, può incrociare, talvolta, un insufficiente spirito di concreta autentica convivenza». Inoltre Mattarella ha ringraziato la Chiesa «per la sua instancabile azione, al fianco delle istituzioni nazionali, nella più ampia riaffermazione dei valori di giustizia, equità, apertura e tolleranza sui quali si fonda la Repubblica».

La delegazione italiana è stata formata - fra gli altri - dal capo del Governo, Paolo Gentiloni, il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, la sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, il segretario generale della presidenza della Repubblica, Ugo Zampetti, l'ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Daniele Mancini.


Jorge Mario Bergoglio è stato il quinto Pontefice che, dalla nascita della Repubblica italiana, ha fatto visita a un presidente al Quirinale. In tutto, le visite dei Papi al Colle nell'Italia repubblicana sono state finora nove. L'11 maggio 1963, Giovanni XXIII, primo Papa a fare visita alle autorità italiane dopo la nascita della Repubblica, incontrò al Quirinale il presidente Antonio Segni.
L'anno successivo, l'11 gennaio, Paolo VI fece visita allo stesso Antonio Segni e, il 21 marzo 1966, al presidente Giuseppe Saragat.
Il 2 giugno 1984 Giovanni Paolo II si recò in visita dall'allora presidente Sandro Pertini. Il 18 gennaio 1986, lo stesso Wojtyla andò al Quirinale per incontrare Francesco Cossiga, e il 20 ottobre 1998, Oscar Luigi Scalfaro. Benedetto XVI incontrò al Quirinale il presidente Carlo Azeglio Ciampi e il 4 ottobre 2008 il presidente Giorgio Napolitano, allora al suo primo mandato. La prima visita al Quirinale di papa Francesco fu all'allora presidente Napolitano il 14 novembre del 2013. Va ricordato, inoltre, che tra il 1870 e l'avvento della Repubblica, ci fu un unico precedente: il 28 dicembre 1939 Pio XII salì sul Colle per ricambiare la visita dei sovrani d'Italia del 21 dicembre.

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