Le visite dei Papi al Quirinale sono un momento importante nella vita italiana. La tradizione cominciò in una stagione drammatica, nel dicembre 1939, quando Pio XII compì un gesto forte, recandosi al Quirinale per tentare di tener fuori l’Italia dalla guerra mondiale. Era un’innovazione, perché mai il Papa – anche dopo i Patti del Laterano – aveva visitato l’ex residenza pontificia, divenuta reggia dei Savoia. Da Giovanni Paolo II, il Papa si reca al Colle regolarmente con il succedersi dei settennati presidenziali. Nell’Italia repubblicana, le visite del papa hanno assunto un tono cordiale, quasi una verifica dei rapporti tra la Repubblica, la Santa Sede e la Stato.
Il presidente Mattarella, nel suo discorso di ieri, ha definito le visite «un’occasione speciale». In questo contesto papa Francesco invia il suo messaggio al nostro popolo: «Guardo all’Italia con speranza», ha infatti detto. Il papa argentino non è distratto nei confronti dell’Italia, come qualcuno ha sostenuto. E, nonostante la sua personale semplicità, non svaluta la funzione dell’indipendenza della Santa Sede rispetto al potere politico. Questa indipendenza, per Pio XI, doveva essere garantita dallo Stato vaticano. Francesco sente l’indipendenza quale garanzia della libertà del Papa per svolgere la sua missione nel mondo. Una missione facilitata – ha sottolineato – dalla «cordiale e generosa disponibilità e collaborazione dello Stato italiano».
La storia dei rapporti tra Chiesa e Stato ha portato ormai alla reinvenzione della laicità italiana, che Francesco ha definito «non ostile e conflittuale, ma amichevole e collaborativa, seppure nella rigorosa distinzione delle competenze». È la laicità «positiva» secondo Benedetto XVI. Questa laicità oggi si misura non solo con la maggioritaria presenza cattolica e con minoranze religiose tradizionali come l’ebraismo e il protestantesimo, ma anche con religioni nuove per l’Italia, come l’ortodossia e l’islam. Laicità è pure una visione dell’Italia aperta alla differenza religiosa e consapevole che le religioni siano una rete buona e di grande rilievo, importante nello scollamento tra cittadini e istituzioni così come nell’anonimato delle periferie. In proposito, è interessante notare come Mattarella abbia valorizzato la proposta del papa ad al-Azhar «verso la costituzione di un fronte comune nei confronti dell’estremismo e del fanatismo».
C’è una forte consonanza tra il Papa e l’Italia sul tema degli immigrati e dei rifugiati. È emersa dai discorsi ufficiali e dal colloquio personale tra Bergoglio e Mattarella. Il Papa ha affermato con decisione che «poche nazioni» non possono farsi carico dell’emergenza migratoria, mentre ha lodato l’Italia per l’opera di primo soccorso in mare e per l’accoglienza.
Ha chiesto soprattutto «un’ampia e incisiva cooperazione internazionale». A questa, però, si sottraggono vari Paesi, anche quelli che professano valori cristiani come nell’Est europeo. Francesco vede nelle scelte politiche italiane sull’immigrazione e nell’accoglienza diffusa anche il riflesso storico della «fede cristiana, che ha plasmato il carattere degli italiani e che nei momenti drammatici risplende maggiormente».
Il Papa e il Presidente hanno trattato il tema del lavoro, specie dei giovani. Mattarella ha insistito anche sulla connessione tra ecologia e solidarietà internazionale, che finiscono per coincidere. Mentre gli Usa di Trump si avviano ad abbandonare gli accordi di Parigi, Italia e Santa Sede ribadiscono invece come essi siano un’acquisizione essenziale del nostro tempo. Ma l’incontro, oltre alla discussione di problemi concreti, ha avuto anche un valore emblematico.
Tra gli aspetti della crisi italiana, c’è la fine delle reti sociali e politiche con la conseguente solitudine del cittadino, specie se bisognoso, nelle periferie e nella vita sociale. La Chiesa è la più importante rete di prossimità nel Paese. Tuttavia, come ha detto Francesco, c’è da ricomporre alla base un tessuto sociale, ormai frammentato. «Da questa tenace tessitura e da questo impegno corale si sviluppa la vera democrazia», ha affermato. Dall’incontro del Quirinale è scaturito un limpido messaggio di fiducia e speranza per l’Italia e le sue risorse nel costruire il futuro.