
Di porgere l’altra sponda la gente di Nikopol non ne può più. Lungo i viali ci si fa scudo con i pini diventati barriera contro i piccoli droni esplosivi lanciati dalla riva opposta del Dnepr. Al riparo dai cannoni e dai cecchini che a loro volta si fanno scudo di una sagoma un tempo amica e oggi incombente: la centrale nucleare di Zaporizhia. A poca distanza un’altra strage a Kryvyi Rih, la città regolarmente castigata per aver dato i natali al presidente Zelensky. Un attacco missilistico russo ha ucciso almeno 14 persone, tra cui sei bambini, in una zona residenziale nei pressi di un parco per l’infanzia.
Rispondere dal lato ucraino contro l’area controllata dai russi, mirando direttamente sulla vasca di raffreddamento o a ridosso dei sei giganteschi edifici dove sono tenuti spenti cinque dei sei reattori nucleari, non è una buona idea. Più volte il fuoco incrociato ha finito per lambire l’impianto grande quanto una città. Ma dalla primavera del 2024 è da quella direzione che provengono i droni lanciati contro i civili. Ieri sono state distrutte tre villette, alcune case di contadini, e ancora una volta danneggiata la linea elettrica della città che secondo le autorità ucraine «è usata come poligono dagli operatori russi che si addestrano all’uso dei droni proprio dentro alla centrale».
Lontano dai riflettori Nikopol è due volte vittima della guerra: 7mila edifici distrutti. Metà della popolazione andata via. Una quotidianità fatta di cannoni, droni, aerei caccia a bassa quota, una settantina di morti negli ultimi tempi, e pochi titoli sui giornali. E’ la città più vicina alla centrale nucleare di Energohar, a portata delle bocche da fuoco russe. In linea d’aria meno di 4 chilometri per pezzi d’arma che possono colpire fino a 15 chilometri.

Nelle foto il bombardamento con droni lanciati su abitazioni civili di Nikopol. Gli ordigni radiocomandati vengono lanciati dall’area di Zaporizhzhia occupata dalle forze russe contro la più vicina città ucraina - .
Cosa accada esattamente a Enerhodar lo sanno solo a Mosca. L’ultima nota dell’Aiea, l’agenzia per la sicurezza nucleare dell’Onu, conferma che perfino la rotazione degli ispettori Onu è diventata una scommessa. «Le difficili condizioni hanno complicato e ritardato l'ultima rotazione di esperti, che è stata completata in sicurezza nei giorni scorsi», aveva dichiarato il direttore Rafael Grossi lo scorso 4 marzo. Aggiungendo dettagli che a Nikopol conoscono bene: «A febbraio l'intensa attività militare ha costretto alla cancellazione della più recente rotazione pianificata». L’ultima volta i tecnici sono rimasti per 80 giorni prima di ottenere il cambio perché «la sicurezza nucleare e la protezione - ripete Grossi - rimangono precarie». Sul lato occupato del Dnipro molti hanno parenti, alcuni hanno provato perfino ad attraversare a nuoto il letto del fiume pur di raggiungere il lato controllato da Kiev. Le leggende del fiume dicono altri potrebbero essere anche annegati. Di certo, grazie a chi tiene d’occhio i social network e la propaganda russi, ora possiamo vedere filmati dall’interno della centrale dove soldati russi si allenano a boxe e fanno jogging all’interno degli impianti, in locali dove non dovrebbe volare una mosca e invece si vedono distintamente i mezzi militari con la “Z”, il sinistro simbolo dell’operazione militare speciale ordinata da Vladimir Putin.
Le notizie in città circolano soprattutto perché Anna Tselujko e i suoi colleghi di “Prikhist” tengono in piedi la testata cittadina d’informazione e inchiesta. La redazione è un fortino protetto da pesanti pannelli di legno un ragguardevole coraggio.Nelle vicinanze l’artiglieria ucraina ha posizionato oggi una postazione. In un quarto d’ora quattro boati in uscita, di rimando agli attacchi dei droni russi preceduti dal tiro dell’artiglieria moscovita.

All’interno dell’impianto nucleare i militari russi svolgono attività sportive in aree “vietate” dove sono stati nascosti anche mezzi militari - .
Anche il sindaco Oleksandr Sayuk ci porta in un vecchio bunker fortificato dove ha spostato l’ufficio. Il 15 febbraio i terribili quadricotteri caricati con granate esplosive sono stati guidati fino alle finestre del Municipio. Nessun ferito dentro al monoblocco di architettura sovietica che ancora una volta ha resistito. Sayuk è di poche parole: «Gli attacchi sono pesanti e continui», scandisce a bassa voce. Comprese le infrastrutture energetiche che avrebbero dovuto beneficiare di un cessate il fuoco mai cominciato. «Vengono colpite le linee elettriche e lo sottostazioni per la distribuzione dell’energia», conferma spiegando quanto sia diventato pericoloso vivere qui e allo stesso tempo lavorare come fanno i tecnici che eseguono le riparazioni mentre i droni spia e i cannocchiali russi tengono d’occhio i movimenti.
A metà della linea del fronte da Nord a Sud, Nikopol è lo specchio fedele dell’incertezza. Appena fuori città nel pomeriggio un caccia ucraino di fabbricazione russa volteggia a volo radente come per sfuggire a un attacco. D’improvviso sgancia una raffica di chaff, del materiale riflettente che confonde i radar nemici, proteggendosi dalla contraerea russa piazzata accanto alla centrale nucleare. Il posto meno sicuro per fare la guerra, il più importante per minacciare una tragedia irrimediabile.