Caro direttore, la situazione in cui versa l’Europa è profondamente critica. Non è più un’opinione, è ormai un fatto. Ecco perché, saranno ancor più decisivi i nostri prossimi appuntamenti da cittadini europei, a cominciare dalle elezioni del 26 maggio per il rinnovo del Parlamento. Sono tanti i problemi del nostro continente. Ci sono le crescenti disuguaglianze, c’è il rischio di stagnazione economica, con la conseguente emergenza occupazionale soprattutto fra i giovani e le donne, c’è la crisi migratoria, la bassa natalità, il ritorno degli Stati nazione, il dumping finanziario fra i Paesi membri. Tutti questi fattori hanno generato un mix di problematiche che rischiano di produrre effetti disgreganti anche in tempi brevi.
Per questo serve un’inversione di rotta. Servono politiche che rimettano al centro le persone e le comunità e un nuovo modello di sviluppo. La direzione che il mondo del Terzo settore indica è quella dell’Agenda 2030 dell’Onu, in una prospettiva globale volta a garantire alle persone e al pianeta pace e prosperità. È tempo che l’agenda europea metta al primo posto il consolidamento del Pilastro europeo dei Diritti sociali. L’accordo di Göteborg rappresenta solo il primo passo verso un patto sociale che impegni in modo strutturale gli Stati membri in termini di diritti umani e di solidarietà. Il consolidamento del Social Pillar è un passaggio fondamentale per accompagnare la transizione dell’Europa da mercato unico a comunità di cittadini. È quindi necessario fare qualche passo in avanti e prevedere: un adeguamento delle norme dell’Unione ai princìpi del pilastro sociale, finanziamenti adeguati, misure che tengano conto del dialogo sociale e delle potenzialità della società civile con particolare riferimento a quelle dell’economia sociale italiana che ha, per altro, caratteristiche peculiari rispetto agli altri Paesi europei. È necessaria un’Europa che metta al centro la sfida della partecipazione attiva delle persone alla costruzione del progresso comune con investimenti equilibrati e su più fronti: non solo il lavoro, ma anche la partecipazione civica, non solo occupazione e qualità dell’occupazione, ma anche e soprattutto occupabilità che richiede strategie formative per dare alle persone le capacità di affrontare il cambiamento.
Nella riflessione sulla qualità del lavoro è indispensabile anticipare il futuro guardando ai nuovi modelli di lavoro, accettando la sfida di modelli retributivi, ma anche di protezione sociale disegnati per accompagnare in modo efficace le forme del lavoro del futuro a vantaggio delle nuove generazioni. Aprirsi a nuovi modelli di sviluppo, a talenti e iniziative delle nuove generazioni e delle comunità, all’innovazione sociale strutturale è la strada maestra per invertire non solo il destino delle comunità più fragili, ma di tutti gli Stati membri. Serve quindi un’agenda che guardi lontano, che miri davvero a invertire i destini dell’Europa e degli Stati membri a partire dall’andamento demografico, che adotti politiche favorevoli alle giovani generazioni, investa sullo sviluppo delle aree marginali, siano esse rurali o urbane, prenda impegni per il contrasto alla povertà, non solo materiale ma anche culturale. La costruzione di un welfare europeo capace di assicurare un sistema di promozione e di protezione sociale adeguata e sostenibile in grado di ridurre le diseguaglianze tra le persone resta una delle priorità per garantire anche alle generazioni che verranno prospettive di benessere e prosperità.
È urgente un’agenda comune per la gestione non emergenziale dei flussi migratori, che investa in modo coerente e integrato sui tre grandi piani di azione in grado di incidere su questo fenomeno: gestione delle emergenze umanitarie, sistemi di buona accoglienza, cooperazione allo sviluppo per la stabilizzazione e la crescita dei Paesi di origine. Per vincere queste sfide l’economia sociale, con tutte le sue diverse componenti, è un soggetto fondamentale in grado di dare un contributo fattivo alla costruzione di una società più coesa, di un nuovo civismo, di una economia più equa. È necessaria quindi un’attenzione specifica anche in sede europea a un modello di relazione fra pubbliche amministrazioni e soggetti dell’economia sociale per evitare che questi ultimi siano ridotti a meri fornitori di beni e servizi. La capacità di coesione sociale è infatti il talento del Terzo settore e il valore dell’economia sociale all’interno delle nostre comunità. Molte priorità inclusa quella della sostenibilità ambientale che in una logica di rafforzamento dell’Unione Europea impegni gli Stati membri con obiettivi convergenti per dare maggiore velocità e impatto ai cambiamenti e al progresso.
Portavoce Forum nazionale Terzo settore