Continua a reggere la tregua nell'est ucraino, rafforzata anche dal ritiro di gran parte delle truppe russe rivelato dal presidente Petro Poroshenko. Ma
resta la tensione sul futuro della regione, con un dialogo tra
sordi tra Kiev, disposta a concedere una limitata autonomia, e i
ribelli, che rivendicano l'indipendenza.
Procede anche il dialogo con il Cremlino, anche se nel
frattempo Kiev ha avviato le fortificazioni del confine con
tanto di trincee, una sorta di nuovo muro tra due popoli un
tempo 'fratellì. Sullo sfondo le incognite legate alle sanzioni
Ue, che la Merkel vorrebbe fossero pubblicate ora, e alla
risposta che Mosca darà "sicuramente". L'Europa per il momento
tergiversa sul nuovo pacchetto, che continua a restare in
sospeso: adottato formalmente lunedì, la sua entrata in vigore
dipende dalla pubblicazione delle decisioni sulla Gazzetta
Ufficiale. Una riunione degli ambasciatori (Coreper) si è tenuta
oggi, ma è stata aggiornata a domani per "permettere l'ulteriore
valutazione della situazione sul terreno e altre consultazioni".
Pesa anche la recente decisione Nato di rafforzarsi
nell'Europa orientale: oggi Putin ha accusato l'Occidente di
aver usato la crisi ucraina per rianimare l'Alleanza e ha
promesso "risposte adeguate", escludendo però un coinvolgimento
della Russia in una nuova corsa al riarmo.
A dare il la alla giornata è stato Poroshenko, riconoscendo
che dopo l'entrata in vigore del cessate il fuoco "la situazione
è radicalmente cambiata" e annunciando che il 70% delle truppe
russe hanno lasciato il territorio ucraino, anche se proprio
oggi i volontari del battaglione Lugansk-1 hanno riferito di
aver arrestato due militari russi sospettati di usare sistemi
portatili anti aerei contro l'aviazione ucraina. "Prima
dell'annuncio del cessate il fuoco, l'Ucraina perdeva ogni
giorni decine di vite", ha spiegato Poroshenko, assicurando nel
contempo che Kiev "non ha fatto alcuna concessione sulla sua
integrità territoriale".
Il presidente ucraino, che ha ricevuto l'invito ad
intervenire al Congresso Usa il 18 settembre, ha promesso che la
prossima settimana verrà presentato al parlamento un progetto di
legge sullo status speciale di alcune zone delle regioni di
Donetsk e Lugansk, che resteranno comunque nel Paese. "Non ci
possono essere discussioni su una federalizzazione o su una
qualunque separazione" delle regioni dell'est, ha ammonito.
A breve giro di posta gli hanno risposto i leader dei
ribelli, rivendicando l'indipendenza. Le posizioni, per ora,
sono inconciliabilmente agli antipodi.
Se, nonostante gli otto morti, la tregua "sostanzialmente
tiene", come ha ribadito anche il ministro degli Esteri italiano
Federica Mogherini dopo una telefonata con il collega ucraino,
qualche scaramuccia continua ad esserci. I ribelli, ad esempio,
hanno rinviato a domani un previsto scambio di ostaggi accusando
Kiev di non rispettare alcuni punti dell'accordo di Minsk. Nella
lista ucraina degli ostaggi, tra l'altro, c'è anche la 'top gun'
Nadia Savcenko, finita alla sbarra in Russia in modo
controverso. A Mariuopol, strategica città portuale sul mare di
Azov, è scattato il coprifuoco nel timore di provocazioni, blitz
e sabotaggi da parte dei miliziani.
Kiev, inoltre, sembra aver preso sul serio il "progetto Muro"
alla frontiera con la Russia annunciato nei giorni scorsi dal
premier Arseni Iatseniuk: oggi sono iniziati i lavori per due
linee di fortificazioni lungo una distanza di 1500 km, con circa
8000 trincee.
Mosca per ora attende, sperando in un congelamento delle
nuove sanzioni europee, dopo che quelle già in vigore hanno
cominciato a colpire anche il settore dell'estrazione delle
materie prime. Intanto manda segnali bellicosi in varie
direzioni: test di missili nucleari intercontinentali, come il
Bulavà lanciato oggi, la flotta del Nord trasformata in nuova
punta di lancia a difesa degli interessi russi nell'Artico,
negoziati (domani) sul trattato riguardante le forze nucleari a
raggio intermedio (Inf) siglato tra Reagan e Gorbaciov nel 1987
(quello che pose fine alla vicenda degli euromissili), un
controverso taglio del gas alla Polonia, uno dei Paesi più anti
russi nella Ue. E, sull'abbattimento del Boeing malese nella
regione di Donetsk, rimanda la palla a Kiev: "La catastrofe è
avvenuta nello spazio aereo ucraino e quindi l'Ucraina ha la
piena responsabilità per l'accaduto", ha avvisato il ministro
della Difesa russo, Serghiei Shoigu.