Il voto nel Donetsk - Reuters
Il primo, “parziale”, responso è inequivocabile. E scontato. «Oltre il 95 per cento dei votanti dei referendum tenuti nelle regioni ucraine di Kherson, Lugansk, Donetsk e Zaporizhzhia si sono espressi a favore dell’annessione a Mosca», ha fatto sapere l’agenzia russa Tass. Diventano così, secondo il percorso tracciato dal Cremlino, territorio russo a tutti gli effetti. Un’operazione – bocciata come una «farsa» da Kiev e il cui esito non verrà riconosciuto dall’Occidente e che, a detta, della Nato è «una palese violazione del diritto internazionale» – celebrata, ieri, dallo stesso presidente russo Vladimir Putin come un modo «per salvare la popolazione» residente nelle regioni contese che rappresentano circa il 15 per cento del territorio ucraino. «Mettere in salvo le popolazioni di tutti i territori nei quali si tengono questi referendum è al centro dell’attenzione della nostra società e di tutto il Paese», ha affermato ancora il leader russo, nel quinto e ultimo giorno di voto. Secondo la Tass, il Consiglio della Federazione russa, la Camera alta del Parlamento di Mosca, potrebbe votare l’annessione il 4 ottobre.
Nel dettaglio, secondo i dati forniti dalla Commissione elettorale russa, nell’autoproclamata repubblica di Donetsk sarebbe stato scrutinato il 14,07% delle schede e il 97,79% dei votanti si sarebbe espresso a favore dell’unificazione. La percentuale dei voti favorevoli all’annessione sarebbe poi pari al 97,83% nel Lugansk, dove sarebbe stato scrutinato il 21,11% delle schede e l’affluenza si sarebbe attestata al 92,6%. Nelle regioni di Kerson e Zaporizhzhia, i voti a favore dell’unificazione sarebbero pari al 96,97% e al 98%.
La consultazione popolare rende ancora più drammaticamente aperto il corso dello scontro che sta precipitando la guerra in Ucraina in una nuova, e inquietante, fase. L’annessione delle regioni strappate a Kiev alza ancora di più l’asticella del conflitto. Diventando territorio russo, in caso di una controffensiva di Kiev, Mosca è «autorizzata» a usare armi nucleari tattiche per difendersi. Lo ha ribadito anche ieri il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov: «La situazione cambierà naturalmente in modo radicale in termini di diritto internazionale. Ciò avrà conseguenze corrispondenti sugli sforzi per proteggere questi territori e garantirne la sicurezza». Parole ignorate dagli Usa: «Le armi che stiamo fornendo sono state finora usate in modo efficace dagli ucraini. Kiev ha il diritto di continuare a difendersi anche nei territori che saranno annessi dalla Russia. Dal nostro punto di vista non cambia niente, non li riconosceremo mai», ha detto il segretario di Stato americano, Antony Blinken. E il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg: «Una guerra nucleare non può essere vinta. Ma quando vediamo che la Russia usa la retorica nucleare, dobbiamo prenderla sul serio.»
La replica di Kiev è stata affidata al ministro degli Esteri Dmytro Kuleba che ha invocato nuove sanzioni contro Mosca, ribadendo che il verdetto del referendum non avrà «alcuna influenza sulle politiche, sulla diplomazia e sulle azioni dell’Ucraina sul campo di battaglia». Mentre il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak, in un’intervista al quotidiano svizzero Blick, ha fatto sapere che gli ucraini che hanno aiutato la Russia a organizzare i referendum saranno accusati di tradimento. Il Consiglio pan-ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni religiose ha invece rivolto un appello «a tutti i Paesi del mondo «a non riconoscere gli pseudo-referendum tenuti dalle autorità di occupazione russe».
Da parte sua, infine, il patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill ha sottolineato l’importanza d in una «mobilitazione spirituale», che – a suo dire – porterà alla fine alla riconciliazione tra Russia e Ucraina.