Reuters
«Fidatevi di noi, rimarremo laici» ha detto davanti alla sua casa di Istanbul, nel primo dei suoi due discorsi. Ma con migliaia di persone che hanno urlato Allah Akbar in diverse piazze della Turchia viene difficile crederci. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha vinto con il 52,1% dei consensi. Una percentuale che gli permette di stare tranquillo e di respingere al mittente le accuse di brogli. Al leader dell’opposizione, Kemal Kilicdaroglu, fermo al 47,9% non è rimasto altro che lamentarsi delle scorrettezze subita durante la campagna elettorale e convocare i leader della coalizione composita che lo sosteneva, in quella che ha tutto il sapore di una resa dei conti.
Dall’altra parte di Ankara, il Reis, sempre più padrone assoluto del Paese, si è goduto il suo trionfo e, per fare capire che questa volta le cose sono cambiate sul serio, ha pensato di tenere il suo discorso per la vittoria davanti al faraonico palazzo presidenziale che si è fatto costruire e non alla sede dell’Akp, come aveva fatto a ogni elezione. Segno che adesso è solo lui che comanda. Del resto non solo lo hanno votato. Alle urne è andato l’85% degli aventi diritto al voto. Un’affermazione convincente con un’affluenza alta che ha permesso a Erdogan di definire la Turchia una grande democrazia. Si è trovato di fronte una folla in delirio, di oltre 300mila persone, alla quale bisogna sommare quella che si è radunata a Istanbul e nelle altre città della Turchia.
Reuters
Molte persone provenienti dagli ambienti religiosi, ma anche tanti nazionalisti, che si facevano inquadrare facendo il saluto dei Lupi grigi, a dimostrazione che l’ultimo Erdogan è quello che è riuscito a realizzare la sintesi turco-islamica e mettendo quel che resta della Turchia di Mustafa Kemal Atatürk al servizio di quest’ultima. «È iniziato il secolo della Turchia» ha twittato il capo di Stato, forse lasciando intendere che da ieri quella modera e occidentale è un lontano ricordo e che quella nuova è la Turchia di Recep Tayyip Erdogan. Un Paese da ricostruire dopo il terremoto, ma dove gli obiettivi da raggiungere sono definitivamente segnati, incluso rimandare in Siria un milione di rifugiati nel minor tempo possibile.