«Il razzismo e il suprematismo sono ideologie che non devono avere posto in America e devono essere sconfitte». Dopo le due sanguinose stragi dello scorso fine settimana in Texas e in Ohio, il presidente Usa Donald Trump si è rivolto lunedì alla nazione, esprimendo il proprio cordoglio per le 31 persone uccise. Nel condannare razzismo e suprematismo bianco, il capo della Casa Bianca ha messo in chiaro che «l’odio non ha posto» negli Stati Uniti in quanto «sconvolge la mente, distrugge il cuore e divora l’animo» e ha promesso di fermare il «terrorismo interno» che sta colpendo il Paese. Secondo Trump, però «sono stati l’odio e i disturbi mentali a sparare, non le armi», mentre Internet – «che ha fornito nuovi porti sicuri per le menti disturbate» – social media e videogiochi violenti hanno aiutato nella radicalizzazione degli autori delle stragi.
Da queste premesse, il presidente Usa ha tracciato vari passi da seguire per mettere un freno alla violenza. «Dobbiamo gettare luce sui recessi scuri di Internet e fermare gli omicidi di massa prima che avvengano», promettendo che «i rischi di Internet e dei social media non saranno ignorati». Allo stesso modo, le leggi che riguardano la salute mentale dovrebbero essere riformate, per meglio identificare individui pronti a commettere azioni violente e, «se necessario, isolarli». Il dipartimento della Giustizia sarebbe già stato autorizzato a collaborare con le autorità locali per identificare elementi a rischio prima che colpiscano. In una conversazione con il titolare del dipartimento, William Barr, Trump ha avanzato la proposta di punire i fautori di stragi con la pena di morte, «da mettere in atto rapidamente e senza rinvii di anni». Solo da ultimo, il presidente ha auspicato controlli più stringenti sulla vendita di armi, così che potenti strumenti di morte non vengano messi nelle mani sbagliate, controlli da approvare con volontà bipartisan.
Una reazione, quella di Trump, che è stata subito pesantemente criticata. Tra i punti elencati dal capo della Casa Bianca, in un paio di messaggi via Twitter lanciati in mattinata, c’è stato anche quello di legare la stretta sulle armi alla riforma dell’immigrazione. Negli Usa la richiesta di misure efficaci con le quali porre fine al fenomeno delle stragi è sempre più forte. È vero che Patrick Crusius, il 21enne killer che sabato mattina ha aperto il fuoco nel grande magazzino Walmart di El Paso, in Texas, uccidendo 22 persone – tra cui Jordan Anchondo, una mamma morta dopo aver fatto da scudo umano a protezione della figlia di soli due mesi e ferendone oltre due dozzine – avrebbe postato, poco prima dell’assalto, un manifesto dettato dall’odio contro gli immigranti, e, proprio per questa ragione, avrebbe scelto come obiettivo il centro commerciale a pochi chilometri dal confine con il Messico. Vero anche che Connor Betts, il 24enne che nelle prime ore di domenica ha preso di mira un’affollata area di Dayton, in Ohio, falciando nove vite – tra cui quella della sorella Megan con la quale si era recato sul posto pochi minuti prima – era stato sospeso da scuola, durante le superiori, per aver minacciato una strage.
Sono però molti gli osservatori che indicano come le proposte del presidente dovrebbero puntare maggiormente sul controllo delle armi da fuoco, in particolare su quelle d’assalto, utilizzate peraltro anche in entrambi i recenti massacri. Almeno due riforme al riguardo hanno passato il vaglio della Camera (a maggioranza democratica) e sono da mesi in attesa che il Senato (in mano repubblicana) le prenda in esame. Lunedì, nel chiedere al capogruppo del repubblicano Mitch McConnell di fare il proprio dovere, la Speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha puntato il dito sul presidente, dichiarando che «rimane prigioniero della lobby delle armi, la Nra».
Critiche ben più pesanti nei confronti di Trump, però, sono arrivate da quanti sostengono che sia stato lo stesso presidente a incitare alla violenza e alle divisioni nel Paese e che, pertanto, ha responsabilità anche sulle stragi.