venerdì 4 aprile 2014
​Alla vigilia della commemorazione dei terribili fatti del 1994, parla il segretario della Caritas del Paese africano: "L'80 per cento dei bimbi oggi è ben nutrita, cooperative e microcredito producono risultati". di Claudio Monici
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Vent'anni dopo il genocidio di 800 mila persone, a partire dal 6 aprile il Ruanda commemora i terribili avvenimenti che sconvolsero il 1994, con una settimana di lutto nazionale e un mese, quanto durò la guerra civile condotta prevalentemente a colpi di machete, di iniziative culturale tutte rivolte al kwibuka, il ricordo. Il Ruanda di oggi è un Paese profondamente mutato. In soli due decenni i passi in avanti sono stati tanti e soprattutto rivolti nella direzione di un attento sviluppo socio-economico. "La gente oggi vive meglio. Da quel terribile passato, il progresso è stato notevole. Si vive meglio. Nel mangiare, nel vestire, nello studiare, nella salute, pubblica - racconta ad Avvenire padre Anaclet Mwumvaneza, segretario generale della Caritas Ruanda -. Quello che affligge il nostro Paese è la forte densità della popolazione". Undici milioni di ruandesi vivono distribuiti su 26 mila chilometri quadrati di superficie, poco più del Piemonte, per il 90 per cento adibita ad agricoltura. "L'istruzione è obbligatoria e anche se frequentare l'università ha i suoi costi, nei giovani, che sono il 50 per cento della popolazione, si vede che c'e voglia di studiare. E siccome le nostre famiglie credono che il futuro sia nello studio, fanno sacrifici in tal senso"', aggiunge padre Anaclet. Purtroppo resta il problema del lavoro che non si trova facilmente. Ma l'ingegno del ruandese, lo spirito dell'Africa che si fa intraprendente, ha sviluppato soluzioni come quella che ogni giorno sulle strade della capitale Kigali vede sfrecciare 5000 moto-taxi, mentre nelle campagna un identico servizio è svolto con le biciclette. "Il miglioramento sociale è visibile nelle case, nuove e ben arredate. Adesso nei villaggi si usa dormire su un materasso e non più per terra. L'acqua è più vicina e non occorre fare chilometri a piedi - continua il racconto del segretario Caritas Ruanda  -. In Ruanda non esistono le baraccopoli: esistono i poveri, ma non una indigenza estrema. Questo è stato possibile grazie a un attento programma rivolto a migliorare il modello di vita. Ad esempio non si costruiscono più case con i tetti di lamiera. le strade sono tenute pulite e poi nella mentalità delle persone e entrato l abitudine di non buttare immondizia per strada. Tutti hanno le scarpe. Potrà sembrare strano, ma è stata fatta una campagna di informazione che metteva in evidenza come la scarpa e utile a prevenire certe malattie del piede". Il Ruanda è uno dei cinque Paesi africani dove ogni cittadino ha la mutua e i più ricchi aiutano i più poveri. "Non tutto è perfetto, ci sono ancora i poveri da aiutare. La Caritas Ruanda sviluppa progetti affinché la gente si abitui non solo a ricevere, ma anche a crearsi una propria indipendenza. Non chiedere sempre l'elemosina. Cooperative e micro credito quest'anno festeggiano i primi dieci anni, con progetti presenti in 28 distretti su 30 - conclude padre Anaclet -. L'80 per cento dei bambini ruandesi oggi è ben nutrito e il tasso della mortalità infantile si è abbassato moltissimo. È un Ruanda che cresce, quello che vediamo vent'anni dopo quella nostra brutta pagina di storia. Certo resta ancora molto da fare come portare acqua e elettricità nelle case. Ma quello che vediamo oggi in questo Paesè e un miracolo di sviluppo se comparato con ciò che accade in altri Paesi del Continente nero".
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