martedì 7 gennaio 2025
Dieci anni fa la follia jihadista costata la vita a 12 persone, tra cui 9 collaboratori della rivista. Cosa è stato imparato, cosa resta da fare ancora
La prima pagina dell'edizione speciale di Charlie Hebdo in occasione del decimo anniversario dalla strage dei terroristi

La prima pagina dell'edizione speciale di Charlie Hebdo in occasione del decimo anniversario dalla strage dei terroristi - Ansa

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A un decennio di distanza da quei giorni drammatici segnati dalla follia jihadista, la Francia commemora la sequenza di attentati cominciata con la strage parigina presso la redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, il 7 gennaio 2015, costata la vita a 12 persone, fra cui 9 collaboratori della rivista, 2 agenti di polizia e un addetto alla manutenzione. Tante le immagini forti di quei giorni rievocate in queste ore, compresa la storica «marcia repubblicana» parigina contro il terrorismo dell’11 gennaio che riunì circa 1,5 milioni di persone, in presenza di una cinquantina di capi di Stato e di governo giunti dal mondo intero.

I due terroristi entrati in azione armati di kalashnikov, i fratelli Chérif e Said Kouachi, braccati per 2 giorni con mezzi eccezionali, morirono il 9 durante l’assalto delle teste di cuoio presso una tipografia a Dammartin-en-Goële, nella banlieue Nord di Parigi. Ma nel volgere di appena 48 ore, la scia di morte aveva già riguardato pure il complice dei 2 fratelli jihadisti, Amedy Coulibaly, che aveva ucciso prima una vigile municipale, l’8 gennaio, poi, l’indomani, sempre a Parigi, nel corso di un sequestro che aveva tenuto la Francia e l’Europa con il fiato sospeso, 4 clienti ebrei di un supermercato kasher, morendo a sua volta durante l’assalto delle teste di cuoio.

Per la Francia, fu il primo picco di sangue di un 2015 “culminato” tragicamente il 13 novembre con le stragi jihadiste presso la sala concerti Bataclan e i caffè parigini. Fra momenti solenni di raccoglimento e testimonianze dei protagonisti di quei giorni, si tratta di un’attesa occasione di riflessione attorno a tanti temi di respiro europeo fra loro intrecciati: la resistenza democratica di un Paese e di un continente di fronte all’irruzione della barbarie jihadista e in generale terroristica; la capacità d’imparare dagli errori fatali commessi allora dal sistema di prevenzione e sicurezza; il posto e il valore nella società di una satira irriverente verso le religioni, se non dichiaratamente blasfema, come quella di Charlie; il ruolo di imam “di nuova generazione”, anche nelle prigioni, per favorire la diffusione di un islam più impermeabile che mai alle derive jihadiste.

In proposito la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha dichiarato: «Gli uomini e le donne di Charlie Hebdo sono stati uccisi per ciò che rappresentavano. I valori della Francia e dell’Europa. La libertà di espressione. La democrazia. Il pluralismo. Onoriamo la loro memoria. E lottiamo senza sosta contro il terrorismo e il fondamentalismo religioso». Frasi in linea con il celebre slogan solidale Je suis Charlie (io sono Charlie), propagatosi sui social come simbolo di resistenza civile.

Ma al contempo, secondo un’inchiesta del quotidiano cattolico La Croix, i giovani oggi «sembrano più critici nei confronti di questo humour, soprattutto quando riguarda la sfera religiosa, pur non facendo tabula rasa della satira d’attualità». Da parte sua, dopo informazioni contraddittorie nelle scorse settimane, il presidente Emmanuel Macron ha confermato che la Francia si doterà di un museo e memoriale specialmente dedicato alla piaga del terrorismo, rivolto in primis alle scolaresche, in una chiave di prevenzione. Nelle ultime ore, è stato lo stesso capo dell’Eliseo ad avvertire inoltre che «la minaccia terroristica non è il passato, ma resta davanti a noi». Tanto che le commemorazioni si svolgeranno sotto la protezione di un dispositivo di sicurezza rafforzato.

Secondo tanti rilevamenti, i francesi sembrano consapevoli che la battaglia non è stata affatto vinta una volta per tutte, anche se l’Europa oggi condivide meglio le informazioni sui profili a rischio individuati dagli apparati d’intelligence.

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