Don Antonio Ruccia, parroco di San Giovanni Battista, accanto alla culla termica - Ansa
La Procura di Bari ha iscritto nel registro degli indagati il parroco della chiesa San Giovanni Battista di Bari, don Antonio Ruccia, e il tecnico che si è occupato, nelle scorse settimane, della manutenzione della culla termica, nel caso del neonato trovato morto lo scorso 2 gennaio. I pm - il procuratore aggiunto Ciro Angelillis e il sostituto Angela Morea - ipotizzano l'omicidio colposo. Cambia dunque, e in modo inaspettato, il reato per il quale si procede: fino ad ora, infatti, gli inquirenti avevano indagato per abbandono di minori a carico di ignoti. L'ascolto del parroco e del tecnico, avvenuto nei giorni scorsi, avrebbe invece convinto la Procura a cambiare direzione.
Il bimbo è stato trovato poco dopo le 9.30 dal titolare di un'agenzia funebre, Roberto Savarese, che quella mattina era in chiesa per un funerale. «Provo una infinita tenerezza quando penso a quel bimbo, senza nome, sconosciuto - ha affermato -. Ho così pensato che potevo dargli almeno una sepoltura dignitosa a cui provvederò a mie spese». Compito degli investigatori è capire i motivi di eventuali malfunzionamenti della culla, attivata nel 2014, e grazie alla quale sono stati salvati due neonati, nel 2020 e nel 2023. A metà dicembre, forse a causa di alcuni brevi blackout che avevano interessato la parrocchia, si era reso necessario l'intervento del tecnico oggi indagato. Il parroco, sin dall'inizio, ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna avviso dal meccanismo di allerta del dispositivo, come invece successo nelle precedenti due occasioni. Normalmente, infatti, la deposizione di un neonato in quella culla fa attivare il riscaldamento e fa partire una telefonata al cellulare del prete. La culla, contrariamente a quanto scritto sul sito della chiesa, non è invece collegata con il Policlinico di Bari, come dichiarato dal direttore generale della struttura ospedaliera, Antonio Sanguedolce. In queste ore sarà conferito l'incarico per l'autopsia al professor Biagio Solarino dell'Istituto di Medicina legale del Policlinico di Bari.
Nel giorno dell'Epifania, in un momento di preghiera dedicato proprio al neonato deceduto, don Ruccia aveva confidato di vivere «un'esperienza traumatica. Noi siamo chiamati a essere comunità che genera la vita. Chi si è preso gioco di noi è stato il caso. Forse questo è un segno», aveva aggiunto, per «essere impegnati a dare ancora di più a questa città che invecchia, sta morendo. Forse il Signore ce lo sta chiedendo in maniera forte: siamo chiamati a essere segno di vita. Sono convinto che qualcuno dal cielo ci sta proteggendo, e che il Signore che ama gli angeli ci manda gli angeli ad annunciare ancora una volta la gioia della condivisione e della fraternità. Un grazie - aveva concluso rivolgendosi ai parrocchiani - a ciascuno di voi e a tutti in particolare, abbiamo condiviso un momento difficile e un momento di preghiera. Non dobbiamo fare interviste - la precisazione riferita ai numerosi giornalisti presenti all'esterno della chiesa per registrare i commenti dei fedeli, non senza attimi di tensione -, noi siamo qua a pregare a ad invocare la vita».