
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump e il premier israeliano Benjamin Netanyahu - Afp
L’ultima volta che si erano incontrati prima di ieri, all’inizio di febbraio, il cessate il fuoco a Gaza teneva ancora e Donald Trump aveva lanciato l’idea di una Striscia sotto il controllo americano e trasformata nella Riviera del Medio Oriente. Ora il presidente Usa ha accolto di nuovo Benjamin Netanyahu, ma in condizioni ben diverse: dopo aver dato via libera, a marzo, ai suoi raid aerei nell’enclave (incoraggiandolo a «scatenare l’inferno»), la settimana scorsa ha schiaffato sulle importazioni da Israele i dazi del 17 per cento.
«Parleremo di commercio», ha detto mentre tornava a Washington dalla Florida, Trump, che aveva invitato a sorpresa in premier israeliano alla Casa Bianca durante una telefonata giovedì scorso. Netanyahu è accorso, partendo direttamente dall’Ungheria, senza sapere, secondo un alto funzionario israeliano, «perché fosse così urgente e importante», ma ben consapevole dei tanti dossier aperti. A cominciare dall’Iran che è stato il tema principale, insieme ovviamente al commercio e a Gaza. Dopo avere espresso l’intenzione di negoziare rapidamente con Teheran un nuovo accordo in modo da impedire agli ayatollah di dotarsi di armi nucleari, .Trump ha annunciato l’avvio di colloqui diretti con Teheran a partire da sabato. «Tutti concordiamo sul fatto che sia preferibile un’intesa» al conflitto, ha detto il tycoon al termine di due ore di riunione con Netanyahu nello Studio Ovale. Nonostante l’imprevedibilità (confermata dal colloquio telefonico avuto dal presidente Usa – prima dell’incontro con il leader israeliano – con il presidente francese Emmanuel Macron, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e il re di Giordania Abdallah II), il repubblicano resta però un alleato fondamentale per il primo ministro dello Stato ebraico.
Mentre si preparavano a ricevere il capo di governo israeliano, gli Usa hanno consegnato a Tel Aviv un ulteriore sistema di difesa antimissile Thaad e due batterie Patriot (dopo quelli dell'anno scorso). Washington è, inoltre, il principale partner commerciale di Tel Aviv. Comprensibile, dunque, che «Bibi» – come l’ha chiamato il tycoon – abbia fatto buon viso a cattivo gioco. E si sia impegnato a eliminare il deficit commerciale con gli Stati Uniti perché «il libero scambio deve essere un commercio equo», mentre «l’amico Trump» annunciava di non avere allo studio una pausa dai dazi che entreranno in vigore mercoledì. Secondo un funzionario del ministero delle Finanze di Tel Aviv, le tariffe americane colpiranno duramente in particolare le importanti esportazioni di macchinari e attrezzature mediche di Israele, e vanificheranno l’accordo di libero scambio firmato dai due Paesi 40 anni fa che fa in modo che il 98 per cento delle merci provenienti dagli Stati Uniti sono ora esenti da tasse. Alla vigilia dell’atteso annuncio di Trump, Israele era andato oltre, annullando preventivamente anche le ultime tariffe rimanenti sulle importazioni statunitensi. Invano.
Non appena arrivato, il premier ha incontrato il segretario al Commercio, Howard Lutnick, quindi l’inviato speciale degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Steve Witkoff. La speranza di Netanyahu – il primo leader straniero a incontrare Trump faccia a faccia da quando ha annunciato una politica tariffaria radicale mercoledì scorso – era di far leva sul buon rapporto personale con The Donald per strappare un’eccezione. Non solo non c’è riuscito. Ma ha dovuto incassare anche il rischio di un possibile sdoganamento del nemico iraniano. «Trump è un amico straordinario», ha ribadito tuttavia, il premier. Appena poche ore prima, tuttavia, la Casa Bianca aveva preferito annullare l’attesa conferenza stampa e trasformarla nell’incontro con un piccolo gruppo di reporter all’interno dello StudioOvale. Almeno su Gaza, il premier ha ottenuto l’affermazione del tycoon che i «gazawi potranno scegliere di andare dove vogliono». E che «controllare l’enclave può essere una buona idea». Un sostegno implicito all’idea del trasferimento degli abitanti della Striscia cara all’ultra-destra israeliana. Trump ha annunciato che la «guerra a Gaza finirà in un futuro non lontano», mentre Netanyahu ha ribadito di stare lavorando a un nuovo accordo per liberare gli ostaggi.
Interessante notare che l’aereo di Stato israeliano ha aumentato il tragitto da Budapest a Washington di circa 400 chilometri per evitare di sorvolare Paesi ritenuti propensi a far rispettare il mandato di arresto emesso nei confronti del premier dalla Corte penale internazionale nel caso in cui il velivolo fosse stato costretto a un atterraggio di emergenza.