venerdì 11 aprile 2025
A San Pietroburgo è durato due ore il faccia a faccia tra l’inviato americano Witkoff e il presidente russo. «Teoricamente possibile» una telefonata tra la Casa Bianca e il Cremlino
Putin accoglie a San Pietroburgo l’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff

Putin accoglie a San Pietroburgo l’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff - Reuters

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La visita a sorpresa è confermata dai video sulle tv russe. L’inviato speciale degli Usa per il Medio Oriente Steve Witkoff è ripreso mentre esce da un hotel a San Pietroburgo, accompagnato da Kirill Dmitriev, capo del fondo sovrano russo e pure lui presente a Riad all’incontro tra le delegazioni di Mosca e Washington in 18 febbraio. Una visita alla vigilia del vertice in Oman sull’Iran, dove lo stesso Witkoff dovrà guidare la delegazione statunitense. Il faccia a faccia con Dmitriev lascia intendere una trattativa in corso su Artico e Terre rare. Una premessa all’incontro tra l’inviato di Trump e il presidente russo Vladimir Putin sempre a San Pietroburgo poco più tardi. Il messaggio che viene dalla Casa Bianca nelle ore di attesa è fin troppo chiaro: «La Russia deve muoversi. Troppe persone stanno morendo, migliaia a settimana in una guerra terribile e senza senso». Quella in Ucraina è «una guerra che non sarebbe mai dovuta accadere e non sarebbe mai accaduta se io fossi stato presidente» ripete (come da settimane) nelle stesse ore Donald Trump su Truth. Quasi l’ennesimo ultimatum, quel «la Russia deve muoversi». Secondo il sito Axios, l’Amministrazione Trump starebbe valutando «la fine di aprile» come termine per i negoziati sull’Ucraina. Per quella data – che quasi coincide con i primi 100 giorni di Trump – Washington si aspetta che il Cremlino prenda una decisione sul cessate il fuoco a Kiev. Trump, riferisce sempre Axios, potrebbe imporre «ulteriori sanzioni alla Russia» senza un accordo sul cessate il fuoco entro il mese. In fondo quello che Trump aveva già minacciato in una intervista alla Nbc lo scorso 29 marzo. Solo che ora c’è pure un termine: il 30 di aprile. E quindi questo appare a molti come l’ennesimo “penultimatum”. Questo, par di capire, l’obiettivo della missione lampo, la terza a Mosca dell’inviato speciale Usa: secondo indiscrezioni, se Putin non accetterà un cessate il fuoco entro la fine del mese, gli Stati Uniti sono pronti a introdurre nuove sanzioni contro la Russia. La stessa minaccia lanciata una decina di giorni fa.

A Trump serve, evidentemente, un risultato. Negli ultimi due mesi, i diplomatici russi e americani hanno tenuto almeno sei incontri, di cui due la scorsa settimana, senza ancora risultati concreti. Il 2 e 3 aprile, lo stesso direttore del Fondo russo per gli investimenti, Kirill Dmitriev, si è recato in visita a Washington e giovedì le delegazioni dei due Paesi hanno parlato per quasi 6 ore a Istanbul. Per questo il faccia a faccia tra Putin e Witkoff, nella biblioteca presidenziale di San Pietroburgo, è stato una «verifica di percorso», durata circa due ore. Un «incontro professionale», si è limitato a dire il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov. L’inviato speciale Witkoff, evidentemente nella funzione di pontiere: un colloquio telefonico tra Trump e Putin, precisava lo stesso Peskov, «è teoricamente possibile». Trump, fa sapere a colloqui conclusi la Casa Bianca, è «frustrato con Putin e Zelensky» e ha compiuto «un passo verso un accordo di pace definitivo». Variabile imprevedibile, in tutto questo, è però lo stesso Trump. Infatti, se l’obiettivo iniziale di una tregua entro il 30 aprile è ormai considerato irrealistico anche alla Casa Bianca, in molti a Washington temono che non si riuscirà a concludere un accordo di pace nemmeno nei «prossimi mesi». Di qui l’«irritazione» di Trump con Putin, riferita giovedì anche dal presidente ucraino Zelensky. E a Washington c’è chi parla come ritorsione in futuro – in stile da propaganda – di dazi fino al 500% ai Paesi che acquistano petrolio russo.

Ma se Trump, vuole “dare le carte” sulla guerra in Ucraina, al Cremlino si cerca di lasciare il mazzo il più a lungo possibile sul tappeto verde. Non c’è motivo di «farsi trasportare dalle aspettative» per quanto riguarda i contatti tra Russia e Stati Uniti, afferma prima del faccia a faccia nella biblioteca imperiale di San Pietroburgo, il ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov. Si sta lavorando a una «normalizzazione» delle relazioni «basata sul reciproco riconoscimento degli interessi nazionali» ha aggiunto il ministro degli Esteri russo. E per smorzare ulteriormente gli entusiasmi prima del vertice, il portavoce del Cremlino Peskov lo definiva un’occasione per trasmettere la «posizione» e le «principali preoccupazioni della Russia». Ma «non c’è motivo di aspettarsi alcuna svolta», ha aggiunto Peskov. Che Washington voglia accorciare i tempi, in questa trattativa che sembra un elastico destinato a sfibrarsi, lo dimostra la visita di una delegazione ucraina a Washington per l’accordo sui minerali. È il primo incontro in presenza fra Washington e Kiev da quando la Casa Bianca ha presentato la sua proposta, e durerà due giorni. Sempre che Trump «frustrato», non faccia marcia indietro anche su questo tavolo.

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