Il braccio di ferro continua, ma il governo socialista francese si è ritrovato di nuovo spiazzato, dopo la spettacolare prova di solidità e determinazione fornita domenica dalla “Manif pour tous” (Manifestazione per tutti), il movimento civile sempre più trasversale contro la bozza di legge Taubira sulle nozze e adozioni gay.Alla vigilia, c’è chi aveva parlato delle «velleità della manifestazione di troppo». La risposta? Circa 8 chilometri di grandi boulevard parigini saturi di folla, nel quadro di quella che resterà come una fra le più imponenti manifestazioni di protesta civile del dopoguerra francese. Lo sterminato torrente umano confluito a Parigi da tutta la conurbazione e da ogni regione di Francia (come provavano le migliaia di bandiere regionali multicolori) ha straripato oltre gli spazi previsti, lungo l’asse fra l’Arco di Trionfo e il lontano quartiere finanziario della Défense. Le cifre sono da capogiro e le foto aeree sembrano confermare che si è fatto ancora meglio dello scorso 13 gennaio. Per gli organizzatori, i soli a disporre dell’informazione molto indicativa dei fondi raccolti dalle collette, c’erano «almeno 1,4 milioni di persone». E di fronte alla stima diffusa già domenica dalla Prefettura di polizia – «300mila manifestanti» – diverse personalità politiche e della società civile presenti alla manifestazione hanno espresso indignazione. L’ex ministro Christine Boutin, al timone del Partito democristiano, ha invitato a «smetterla di prendere in giro i francesi». E per il noto opinionista Ivan Rioufol, del
Figaro, la cifra governativa è «una stupida provocazione». Come aveva già fatto il 13 gennaio, il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza episcopale, si è soffermato per qualche istante con gli organizzatori all’inizio dell’evento per «incoraggiarli». Al di là della “battaglia di cifre” e delle perplessità pure sugli spazi mediatici audiovisivi riservati all’evento, giudicati insufficienti da tante voci, un dato politico resta inequivocabile. Dopo la reiterata promessa gridata dagli organizzatori di «non cedere di un centimetro» nelle prossime settimane, con la connessa e crescente attesa sulle date delle prossime manifestazioni, il Senato comincerà il prossimo 4 aprile la discussione della bozza in un clima incandescente d’autentico assedio civile. Ad alimentarlo, di giorno in giorno, sono pure i 20 mila aderenti al Collettivo dei sindaci per l’Infanzia, che conta migliaia di grandi elettori che hanno direttamente eletto gli stessi senatori. Ma hanno esplicitato il proprio «no» pure numerose altre personalità del mondo istituzionale, giuridico e intellettuale. «Ci batteremo fino all’annuncio di un referendum o al ritiro del testo. Il nostro movimento è inarrestabile», ha dichiarato il cattolico Tugdual Derville, segretario dell’Ong Alliance Vita e responsabile organizzativo della Manif pour tous. Al Senato, la sinistra dispone in teoria di una maggioranza di appena 6 seggi e dunque l’esito del voto si annuncia incerto. Il presidente socialista François Hollande si esprimerà in televisione giovedì prossimo, ma non è detto che affronti la questione. L’entourage presidenziale, intanto, ha di nuovo evocato la «determinazione» dell’esecutivo. Domenica, erano presenti al corteo pure molte personalità politiche. Perlopiù del centrodestra, ma anche di sinistra. Fra loro, c’è chi ha alimentato vigorosamente un’ulteriore polemica circa il presunto «uso sproporzionato» di gas lacrimogeni da parte della polizia anche contro famiglie e bambini, ufficialmente per bloccare gruppuscoli di estremisti facinorosi e isolati che hanno scavalcato le transenne di delimitazione con gli Champs-Elysées, l’arteria simbolo della capitale che la Prefettura di polizia aveva proibito ai manifestanti. Confermando il dato di 6 persone in stato di fermo prolungato, il ministro dell’Interno, Manuel Valls, ha difeso ieri la polizia, parlando di «comportamento controllato e professionale». Ma c’è pure chi, come la stessa Boutin, ha chiesto le dimissioni del ministro o quelle del prefetto di polizia della capitale.