martedì 2 luglio 2013

Hanno lasciato sei ministri, ma il presidente egiziano non accenna a dimettersi dopo aver respinto l'ultimatum dell'esercito per cercare di risolvere la crisi politica nel Paese. Il governo vacilla. Anche Obama preme: «Ascolti il popolo». Nel Paese cresce l'allarme di nuovi scontri tra piazze.
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CRONOLOGIA L'anno nero di Morsi, eletto a fine giugno 2012

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A qualche ora dalla fine dell'ultimatum di 48 ore dato dai militari alle forze politiche egiziane, ma soprattutto al presidente Mohamed Morsi, per trovare una via di uscita alla crisi sempre più profonda e lacerante del paese la soluzione sembra ancora lontana. Morsi, sempre più solo e assediato dai manifestanti anche nel palazzo dove si è trasferito per evitare le contestazioni, ha respinto l'ultimatum dei militari. I fratelli musulmani non hanno reagito ufficialmente alla dichiarazione dei militari ma più voci hanno ribadito che la legittimità del presidente non si tocca. Un alto dirigente della Fratellanza è andato oltre invocando il martirio per proteggere la legittimità del primo presidente eletto dei Fratelli musulmani mentre in serata il portavoce della Fratellanza Gehad el Haddad ha twittato: "Il popolo egiziano non permetterà a nessuno di fare prepotenze alle loro scelte democratiche e rimarrà fermo davanti a chiunque minacci la legittimita". Come negli scorsi due giorni anche oggi le piazze si sono divise fra por e anti Morsi, ma oggi i sostenitori del presidente hanno puntato ad essere più numerosi e più visibili per dimostrare che il peso dei due schieramenti è equivalente. La giornata di Morsi è cominciata presto quando nel cuore della notte ha ricevuto una telefonata dal presidente Usa Barack Obama che gli ha rinnovato tutte le preoccupazioni di Washington e il sostegno americano al processo democratico egiziano. Obama, ha precisato in serata il dipartimento di Stato, non ha però sollecitato una adesione di Morsi ad elezioni anticipate, una voce rimbalzata per tutta la giornata di oggi in Egitto e che avrebbe schierato il presidente Usa accanto alla principale rivendicazione del movimento dei Ribelli e delle opposizioni. Malgrado la linea intransigente annunciata dalla presidenza e sostenuta dai movimenti islamici, Morsi oggi ha avuto un lunghissimo colloquio col ministro della Difesa e capo delle forze armate Abdel Fattah el Sissi insieme al premier Hisham Qabdil per definire i passi futuri. In mano Morsi aveva la lettera di dimissioni, la sesta, di un altro ministro, quello degli esteri Kamel Amr e quella con la quale il premier rimetteva nelle sue mani il mandato, lasciandolo libero di valutare se un addio al suo governo potesse servire ad trovare una via di uscita, prima dello scoccare dell'ultimatum del militari. Secondo fonti militari citate da vari media egiziani quella che Sissi ha illustrato a Morsi è la road map per la sua uscita di scena. Uno degli scenari circolati in serata è che Morsi cambi il governo e convochi elezioni presidenziali anticipate. Secondo altri scenari el Sissi ha già pronto il dopo Morsi con una road map che prevede la riscrittura della Costituzione in tempi brevi, l'insediamento di un governo di tecnici che segua la transizione fino ad elezioni presidenziali anticipate. Un percorso che si avvicina molto a quello delineato dalle opposizioni che oggi hanno individuato nel premio Nobel per la pace Mohamed el Baradei la personalità che sarà la sua voce nei negoziati per definire il dopo Morsi.A poche ore dallo scadere dell'ultimatum è cresciuta la tensione nelle strade. In giornata la sicurezza centrale ha innalzato il livello di allerta temendo scontri fra le opposte fazioni. In serata sono scoppiati violenti disordini nel quartiere di Giza al Cairo.
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