martedì 30 aprile 2024
Le richieste, che prevedono anche niente schermi digitali ai bimbi sotto i 3 anni, arrivano da una Commissione varata dal presidente Macron che ha studiato l'iperconnessione dei minori
Il presidente francese Emmanuel Macron

Il presidente francese Emmanuel Macron - ANSA

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Se i social e gli altri nuovi media non intendono bonificare il loro approccio verso i più giovani, allora occorre regolamentare, anche per legge, l’uso che questi ultimi fanno dell’universo digitale. Fra le grandi nazioni europee, la Francia si è confermata ieri in prima linea nel complicato e incerto tentativo di contrastare le nuove insidiose dipendenze giovanili verso gli schermi e contenuti dagli effetti devastanti come la cyberpornografia.

«I nostri ragazzi sono divenuti una mercanzia», si può leggere nel duro rapporto ufficiale, su richiesta del presidente Emmanuel Macron, consegnato ieri da una prestigiosa commissione ad hoc di esperti che chiede senza mezzi termini all’esecutivo di vietare ogni accesso agli schermi ai bimbi che non hanno compiuto 3 anni, così come l’uso degli smartphone agli under 11, inquadrandolo poi anche durante la prima adolescenza. Un giro di vite che per la commissione dovrebbe cominciare risolutamente dal mondo scolastico. Il rapporto prende di mira la cosiddetta «iperconnessione» dei minori, denunciandone in modo circostanziato e scientificamente documentato «le conseguenze per la loro salute, il loro sviluppo, il loro avvenire».

Gli esperti si dicono «scossi» davanti al ventaglio delle subdole «strategie per catturare l’attenzione dei bambini» perseguite senza scrupoli da numerosi vettori di contenuti, senza interventi correttivi sostanziali da parte dei fornitori d’accesso ed altri organismi di rango più sistemico. Si tratta di strategie usate per «rinchiudere i ragazzi in una relazione con gli schermi, per controllarli, risospingerli, monetizzarli» colonizzandone l’attenzione.

Fra gli effetti nocivi degli schermi, spiccano per frequenza i disturbi del sonno, accanto all’obesità indotta dalla crescente sedentarietà. Sui giovani già «vulnerabili», l’uso e abuso dei social è inoltre fra le cause avverate d’ansia e depressione. Un allarme particolare, poi, viene espresso per l’esposizione a contenuti violenti e pornografici.

I bambini fra i 3 e i 6 anni, sottolinea il rapporto, dovrebbero avere un accesso «fortemente limitato» agli schermi, solo per fruire di «contenuti di qualità educativa», comunque con l’accompagnamento di almeno un adulto. Smartphone e televisori, inoltre, dovrebbero sparire dai reparti ospedalieri di maternità, ma anche da asili e scuole materne.

Molto stringenti, almeno rispetto a comportamenti divenuti quasi ordinari, sono le raccomandazioni per la prima adolescenza: l’uso del telefono portatile solo dopo gli 11 anni, ma senza Internet, che potrà essere integrato solo dai 13 anni. Per i social accessibili dagli smartphone, invece, via libera solo dai 15 anni, limitandosi inoltre ai soli social «etici», che applicano concretamente regole deontologiche.

I poteri pubblici dovrebbero poi investirsi in una lotta mirata senza quartiere contro i cosiddetti servizi «predatori», come quelli che spingono i ragazzi a ingurgitare incessantemente nuovi video attivati automaticamente. Fra le piste suggerite, un settaggio più intuitivo dei parametri, come le funzioni di controllo riservate ai genitori.

I professionisti della sfera digitale, insiste il rapporto, «non hanno per priorità la protezione infantile», ma l’espansione di una «economia della captazione» dell’attenzione dei più giovani, proprio mentre tanti genitori si ritrovano nel frattempo spiazzati.

Il governo intende avanzare, come ha spiegato ieri il premier Gabriel Attal, per il quale la scuola pubblica deve cominciare «spazzando davanti alla sua porta». L’esecutivo sosterrà dunque una proposta di legge in materia che è già stata depositata dai due deputati neogollisti Annie Genevard e Antoine Vermorel-Marques.

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