.jpg?width=1024)
La Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei - Reuters
L'annuncio è arrivato ieri sera da Trump: sabato gli Stati Uniti terranno negoziati con l'Iran. Con i suoi soliti toni enfatici, il presidente degli Stati Uniti ha parlato di colloqui «diretti» e «quasi al massimo livello». Come se i ministri degli Esteri di Washington e Teheran stessero per sedersi allo stesso tavolo. La realtà ha toni più sfumati. Saranno alti diplomatici a incontrarsi e i colloqui si svolgeranno in Oman, da sempre indicato dagli iraniani come Paese mediatore. In precedenza Trump aveva intimato all'Iran di accettare «colloqui diretti» sul suo programma nucleare. Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian aveva risposto che avrebbe accettato solo negoziati «indiretti» mediati da Mascate. L'annuncio roboante fatto ieri da Trump, al termine dell'incontro con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, è stato così commentato dall'iraniano Nournews: «Un'operazione psicologica complessa e deliberata per influenzare l'opinione pubblica interna e internazionale».
Funzionari iraniani a conoscenza dei colloqui hanno detto al New York Times che le delegazioni di Teheran e di Washington siederanno in stanze separate e i diplomatici omaniti faranno la spola, come avviene in tutti i negoziati indiretti. Hanno però aggiunto che l'Iran è «disposto a colloqui diretti con gli Stati Uniti, a un cambio di posizione, se i negoziati indiretti andranno bene». Dunque l'incontro in Oman potrebbe risultare un primo passo nella direzione del confronto senza mediatori invocato da Trump, ma da tenersi eventualmente più avanti. La lettera con la quale il presidente americano, un paio di settimane fa, intimava a Teheran di siglare un nuovo accordo sul nucleare per evitare «un attacco come non si è mai visto», era stata definita «deludente» dalla Guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei.
«Sabato si terranno in Oman colloqui indiretti ad alto livello» ha confermato su X il ministro degli Esteri iraniano Seyed Abbas Araghchi: «Questa è tanto un'opportunità quanto un test. La palla è nel campo americano». Al centro dei colloqui c'è il programma nucleare di Teheran, che tanto allarma Israele e che gli Stati Uniti vorrebbero azzerare. Teheran sostiene che sia esclusivamente per scopi civili, ma diversi Paesi occidentali lo accusano di avere un'agenda segreta per sviluppare armi nucleari arricchendo l'uranio a livelli ben più alti di quelli necessari alla produzione di energia per finalità civili. La Cina ha chiesto agli Usa di «dare prova di sincerità politica» e di «rispetto politico» anche «in qualità di Paese che si è ritirato unilateralmente (nel primo mandato di Trump, ndr) dall'accordo globale (del 2015, ndr) sul dossier iraniano e che ha portato alla situazione attuale». Il ministero degli Esteri di Pechino ricorda che oggi si chiude a Mosca la due giorni di consultazioni trilaterali «a livello di esperti» fra Iran, Cina e Russia sul corposo dossier nucleare e indica la via diplomatica come «l'unico approccio corretto» per «risolvere la questione nucleare iraniana».
A guidare le rispettive delegazioni in Oman saranno, per gli Usa, l'inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente Steve Witkoff e, per l'Iran, il ministro degli Esteri, Abbas Araghchi. Il lavoro di mediazione sarà condotto dal ministro degli Esteri omanita, Badr al-Busaidi.