mercoledì 2 aprile 2025
Dall'inizio dell'anno, secondo l'Alto commissario Onu per i diritti umani, "l'inutile strage" continua. E la promessa americana di mettere fine alla guerra in 24 ore è rimasta sulla carta
L'incontro tra Vladimir Putin e Donald Trump a Osaka, in Giappone, nel 2019: il tavolo della pace tra i due sull'Ucraina per ora è rimasto sulla carta

L'incontro tra Vladimir Putin e Donald Trump a Osaka, in Giappone, nel 2019: il tavolo della pace tra i due sull'Ucraina per ora è rimasto sulla carta - Reuters

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È la più inutile «dell’inutile strage» che di per se è la guerra. Quella perpetrata per accumulare vittime sul tavolo della pace, imminente o presunta tale. Come i politologi insegnano, quando le trattative avvengono senza un reale cessate il fuoco, i combattimenti si fanno più intensi e letali. Ogni contendente cerca di guadagnare posizioni sul terreno per avere maggiore potere in sede negoziale. Per questo, i mediatori sanno che è fondamentale abbreviare questa fase il più possibile in modo da ridurre le perdite. Umane, soprattutto. Non che sia facile. Occorre una visione chiara, una strategia creativa e una tattica consolidata. Nel caso del confitto russo-ucraino, Donald Trump garantiva di avere tutte e tre. Tanto da sostenere di potervi «mettere fine in un giorno» in caso fosse stato rieletto. Lo ha detto la prima volta nel maggio 2023 e, da allora, lo ha spesso ripetuto. Il suo nuovo corso inaugurato dal ritorno alla Casa Bianca, il 20 gennaio, appare, però, impantanato. Il tycoon strizza l’occhio e poi minaccia, a fasi alternate, “l’amico” Vladimir Putin come l’alleato suo malgrado Volodymyr Zelensky. Si compiace e si «irrita». Dispensa elogi e bacchettate. Esternazioni riportate in tempo reale sul social personale Truth mentre tranquillizza l’opinione pubblica: «Stiamo facendo grandi progressi». I colloqui separati, in Arabia Saudita, tuttavia, sono stati finora due monologhi. Nel frattempo al fronte prosegue, con rinnovata intensità, il massacro al ritmo di quattro civili ucraini morti al giorno dall’inizio dell’anno (Donald Trump ha giurato il 20 gennaio) in base ai dati dell’Alto commissario Onu per i diritti umani, Volker Turk. Vittime che si aggiungono alle oltre 12mila conteggiate fino al 2024. Il 7 marzo è stato uno dei giorni più sanguinosi, con ventuno abitanti uccisi, tra cui bambini. E si tratta di stime per difetto. L’Armed conflict location and event data (Acled), organizzazione specializzata nello studio della violenza bellica, parla di 153mila caduti – ucraini e russi – dall’inizio dell’invasione. Un calcolo basato sull’analisi certosina di 140mila notizie pubblicate da media di vario orientamento. Con un simile scenario è doveroso, oltre che giusto, proporre e spingere per una soluzione negoziata. Il come e il perché, però, in diplomazia contano più dei proclami. La dissonanza retorica tra «la guerra a oltranza al Cremlino» di Biden e la «pace in un giorno» di Trump si traduce in un’assonanza pratica, basata sulla carenza di realismo e sulla miopia di sguardo. Connotati questi ultimi che, purtroppo, caratterizzano anche la politica europea: da oltre tre anni, di fronte dell’infuriare della contesa alle sue porte, Bruxelles e dintorni presentano la corsa al riarmo come panacea di tutti i mali. I Paesi Nato del Vecchio Continente hanno già più che raddoppiato gli acquisti di armi nell’arco di un decennio. Ed è appena l’inizio del boom previsto per il prossimo futuro. Il giorno dell’annuncio del piano “re-arm” i titoli delle principali aziende impegnate in materiale per la difesa sono schizzati fino al 15 per cento. Il colosso tedesco Rheinmetal da solo prevede di aumentare le vendite di un ulteriore 25-30 per cento nel 2025. Un balzo che si somma a quello del 36 per cento dello scorso anno, con utili record da 1,48 miliardi di euro. Molte imprese europee – dalla svedese Einride alla francese Europlasma - stanno riconvertendo la produzione per ritagliarsi uno spazio nel marcato più caldo: quello degli armamenti. Alla luce di questi risultati si comprende perché, fin dal 2022, l’industria delle armi abbia incrementato del 40 per cento il budget per servizi di lobbying sulle istituzioni Ue. Ad essere in “disarmo” sembra, invece, il settore della diplomazia lasciato in ostaggio alla “politica estera mercantilistica” di Donald Trump. Nel frattempo, l’inutile strage in Ucraina va avanti monotona. E la pace, nel Paese e nel mondo, rimane – come scrive il poeta russo Evgenij Aleksandrovic Evtusenko – «appesa a un sottile capello».

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