venerdì 10 ottobre 2014
Una donna ricoverata avrebbe contratto il virus in Africa. SIERRA LEONE I volontari: colpito un sistema sanitario fragile | ITALIA «Solo falsi allarmi. Rischio molto basso» | LIBERIA Sbarcati altri 100 marines americani
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Ebola fa sempre più paura e dopo il caso dell'infermiera spagnola arriva una segnalazione, attendibile,  da Parigi. Una donna che avrebbe contratto il virus dell'Ebola in Africa è stata ricoverata nell'ospedale Bichat. Il caso era stato fino ad oggi considerato "sospetto" ma è diventato "probabile" dopo i controlli dell'Istituto di vigilanza sanitaria. Sono in corso nuove analisi al Pasteur di Lione e i risultati sono attesi stasera. Gli scenari internazionali sono inquietanti. «È la più grande sfida che il mondo deve affrontare dai tempi della comparsa dell’Aids. Sarà una guerra lunga», ha detto la massima autorità sanitaria Usa, Thomas Frieden, direttore dei Centri americani per il Controllo e la Prevenzione della Malattia (Cdc) con sede ad Atlanta. Con il virus che fa strage in Africa occidentale e che ha “sfondato” le barriere protettive con cui l’Occidente sperava di contenerlo – è giallo sulla morte, per “sospetta” ebola, registrata in Macedonia: si tratta di un cittadino britannico arrivato dal Regno Unito –, è divenuto ormai trasparente il mix di impreparazione e sottovalutazione con cui è stata affrontata l’emergenza. Il presidente della Sierra Leone, uno dei Paesi messi in ginocchio dalla pandemia, ha puntato il dito contro la «risposta più lenta del virus» fornita dalla comunità internazionale. E le stesse Nazioni Unite hanno ammesso che serve una mobilitazione «venti volte superiore a quella attuale». Col diffondersi del virus, si moltiplicano anche gli allarmi. Nel sobborgo di Cergy-Pointoi, alle porte di Parigi, un edificio è stato isolato dopo che un cittadino della Guinea presentava sintomi «simili» a quelli causati dal virus. L’allarme è poi rientrato. Altri casi sospetti sono stati segnalati a Praga e ad Harare, la capitale dello Zimbabwe.In Spagna è corsa contro il tempo. Sono peggiorate le condizioni di Teresa Romero, l’infermiera ricoverata al Carlo III-La Paz, la prima persona a contrarre il virus al di fuori dell’Africa occidentale. Il fratello della donna, José Ramon, ha fatto sapere che «Teresa è stata intubata» e ha confessato «di non avere grandi speranze». Secondo il presidente della regione di Madrid, Ignacio Gonzalez la donna sarebbe «in pericolo di vita». La vicedirettrice generale del Carlo III, Yolanda Fuentes, ha fatto poi sapere che un altro infermiere ausiliare «è stato messo «in isolamento». Sono così salite a sette i ricoverati.Nuovi particolari sono poi emersi sui “buchi” nei dispositivi di sicurezza sanitaria che avrebbero dovuto assicurare da qualsiasi rischio. Il medico che ha seguito l’infermiera contagiata ha denunciato che la seconda tuta protettiva che gli è stata consegnata era corta di manica. Teresa Romero è stata poi trasferita dalla sua abitazione al pronto soccorso di Alcorcon, a Madrid, su un’ambulanza “convenzionale”, non dotata di dispositivi di prevenzione del virus, utilizzata nelle 12 ore successive per il trasporto anche di altri pazienti senza essere disinfettata. Dilaga, poi, l’effetto panico. Ad Alcorcon, il comune di 170mila abitanti in provincia di Madrid, dove risiedono Teresa Moreno e il marito, l’ospedale è rimasto praticamente vuoto. Disertato per paura del contagio. E mentre la Gran Bretagna introduce controlli ad hoc anti-Ebola negli aeroporti e nei terminal ferroviari, polemiche e accuse dilagano negli Stati Uniti, dove è cessato l’allarme per un secondo caso sospetto. Il sergente Michael Monnig, che aveva accompagnato due funzionari sanitari nell’appartamento a Dallas di Thomas Eric Duncan, «non presenta alcun sintomo di ebola». Intanto la famiglia del «paziente zero» ha denunciato il trattamento «discriminatorio» riservato a Duncan. Alcuni leader afro-americani si sono uniti alle accuse: il reverendo Jesse Jackson, ex candidato alla Casa Bianca e John Wiley Price, consigliere comunale di Dallas hanno ipotizzato che il rifiuto iniziale di accogliere l’uomo in ospedale sia stato motivato della sua razza. «Il vero problema è che Duncan era nero e non aveva la mutua: ecco perché lo hanno rispedito indietro», ha accusato Price.
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