Asia Bibi è il simbolo della libertà di tutti gli uomini. Perché, come ha detto il presidente della Corte Costituzionale, Giuseppe Tesauro «la libertà religiosa trova il suo baricentro nei diritti fondamentali della persona». E, dunque, «riguarda tutti, credenti o non credenti». Ieri ad Asia Bibi – la madre cattolica condannata a morte in Pakistan a causa della assurda legge sulla blasfemia– è stato conferito un premio speciale per i diritti umani, per la dignità e il coraggio con cui difende il suo diritto alla libertà religiosa. E una menzione speciale è arrivata al direttore di
Avvenire, per aver promosso «la grande campagna di informazione e di sensibilizzazione» sul caso Bibi. Il premio, promosso dall’Istituto di Studi Politici “San Pio V”, è intitolato a Maria Rita Saulle, la giurista (poi giudice costituzionale) che ha dedicato la sua vita alla promozione dei diritti umani nel mondo. A capo della giuria, il presidente della Corte Costituzionale, Giuseppe Tesauro che ha tenuto una lectio esaminando la tutela e la promozione del diritto alla libertà religiosa all’interno della Costituzione italiana, ribadendo che il principio di laicità sancito nella nostra Carta fondamentale «non comporta indifferenza nei confronti della religione», ma allarga i diritti al pluralismo delle fedi. Credere, praticare, diffondere la propria fede, insomma, è «un diritto fondamentale dell’uomo» e «non può essere soggetto a nessun tipo di limite e di controllo».
Non accade così, purtroppo, in quel Pakistan che condanna a morte una donna, madre di famiglia, per aver parlato della sua religione, il cattolicesimo, a delle colleghe di lavoro musulmane. E che di fronte alla proposta di convertirsi all’islam in cambio della libertà e della vita, ha coraggiosamente rifiutato. Antonio Iodice, presidente del “San Pio V”, ha detto che Asia simboleggia, nel suo cammino di sofferenza, la sorte «di tutti i cristiani, 160mila all’anno, vittime della persecuzione e del fanatismo in tutto il mondo». Una strage troppo spesso dimenticata o rimossa, che «continuerà finché la politica continuerà a mostrare la sua debolezza».
Marco Tarquinio, direttore di
Avvenire, che ha ritirato il premio estinato alla madre pachistana, ha detto che «la vicenda di Asia Bibi è semplare di come non riusciamo a vedere il cuore straziato del mondo riflesso nel cuore di una donna. E mi domando perché una vicenda come questa non stia tutti i giorni sulle pagine dei giornali di tutto il mondo. Asia sconta non solo una legge blasfema, perché tale è la legge sulla blasfemia, un processo svolto senza le minime garanzie, ma anche il peso dell’odio di un iman radicale che ha messo una taglia sulla sua testa, e che la vuole morta, a prescindere da come finirà la vicenda giudiziaria». Tarquinio ha ribadito il suo no «a chi vuole separare gli uomini ed erigere muri» tra cittadini che abitano nello stesso Paese, perché «il nostro futuro deve essere un futuro di convivenza». Anche l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta ha sottolineato le amnesie dei media italiani sul caso Bibi: «Il panorama dei cosiddetti grandi giornali è piuttosto provinciale.
Avvenire è ormai l’unico quotidiano sempre attento non solo ai diritti umani ma anche alla politica internazionale». Premiati dall’Istituto “San Pio V” anche Antonio Marchese, presidente della sezione italiana di Amnesty International, e la regista Wilma Massucco, che ha denunciato in un documentario gli orrori dei soldati– bambino in Sierra Leone. Marchese ha detto che Asia Bibi «è vittima di una legge ingiusta, di un processo iniquo» e che la sua associazione sosterrà la campagna per la sua liberazione.