mercoledì 1 gennaio 2014
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Dal 19 giugno 2009 Asia Bibi, pachistana cristiana cattolica, madre di cinque figli e sposa, è nel carcere di Multan, in Pakistan, con l'accusa di blasfemia. L'11 novembre 2010 le è stata comminata la condanna a morte, poi sospesa per il processo di appello, rinviato varie volte, l'ultima a metà marzo 2014. Il 16 ottobre l’Alta Corte di Lahore, tribunale di secondo grado, ha confermato la sentenza di condanna a morte. Ora le speranze sono rivolte alla Corte Suprema, presso la quale i suoi avvocati hanno presentato l'ennesimo ricorso.Nessuno sa se e quando finirà l’incubo giudiziario di questa donna divenuta simbolo, suo malgrado, dell’arbitrarietà con cui viene utilizzata la legge antiblasfemia per reprimere le minoranze. Asia e chi per lei si batte, però, non rinunciano alla speranza. Il 6 marzo 2013, Avvenire ha consegnato all’ambasciatrice pachistana a Roma, Tehmina Janjua, oltre 31mila firme dei lettori che hanno voluto raccogliere l’appello della mamma cattolica al premier Zardari – pubblicato dal quotidiano l’8 dicembre 2012 – per farla tornare dai suoi cari. Il 1 gennaio 2014 è stata resa nota una sua lettera inviata a Papa Francesco, in cui la donna esprime riconoscenza a tutta la comunità cristiana che ha pregato per lei. "Sono molto grata a tutte le Chiese che stanno pregando per me e si battono per la mia libertà. Non so quanto potrò andare ancora avanti. Se sono ancora viva è grazie alla forza che le vostre preghiere mi danno".  Anche le ong del Pakistan hanno alzato forte la loro voce per Asia Bibi.

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