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Un mondo sempre più vecchio, in cui si vivrà più a lungo ma in cui, già dalla metà degli anni ’30, le persone con più di 80 anni supereranno i bambini con meno di 1 anno, raggiungendo quota 265 milioni. La popolazione mondiale, sottolineano le Nazioni Unite, continuerà a crescere per altri 50-60 anni: il picco dovrebbe essere raggiunto a metà degli anni Ottanta di questo secolo, quando dagli attuali 8,2 miliardi di persone si dovrebbe raggiungere quota 10,3 miliardi. Poi, però, dovrebbe iniziare una graduale discesa, fino a un livello di 10,2 miliardi di persone alla fine del secolo. La traiettoria demografica non sarà, evidentemente, uguale in tutte le regioni del pianeta: alcune aree vedranno una rapida crescita della popolazione, altre dovranno far fronte a un rapido declino. In 63 Paesi e aree che oggi ospitano il 28 per cento della popolazione mondiale, il picco di abitanti è già stato raggiunto prima di quest’anno e la discesa, dunque è già cominciata; in altri 48 Paesi, dove vive il 10 per cento della popolazione, il picco arriverà tra il 2025 e il 2054. Nei rimanenti 126 Paesi la popolazione dovrebbe continuare a crescere fino al 2054, raggiungendo potenzialmente il picco entro il secolo o appena oltre.
Le stime, sorta di mappa da tenere in considerazione nella promozione dello sviluppo sostenibile, dell’ottimizzazione dell’allocazione delle risorse e dell’accesso ai servizi di base per tutti, sono contenute nel rapporto sulle prospettive della popolazione mondiale presentato ieri dalle Nazioni Unite, in occasione della Giornata mondiale della popolazione. Lo studio evidenzia che il panorama demografico ha subito una rapida evoluzione, con il veloce declino dei tassi di fertilità in Paesi popolosi che lascia prevedere un anticipo a questo secolo del picco di popolazione globale, dato per probabile all’80% rispetto al 30% della stessa eventualità stimata un decennio fa.
Attualmente il tasso di fertilità globale è di 2,3 nascite per donna, rispetto alle 3,3 nascite del 1990. Oltre la metà di tutti i Paesi ha tassi di fertilità inferiori a 2,1 nascite per donna, il livello necessario a una popolazione per mantenere una dimensione costante nel lungo termine senza tenere conto dell’immigrazione. Proprio l’immigrazione, evidenzia ancora il rapporto, sarà in grado di attenuare il declino demografico in 50 Paesi che hanno bassi tassi di fertilità e invecchiamento della popolazione. In 14 Paesi che stanno già sperimentando una fertilità molto bassa, però, l’emigrazione sta d’altro canto contribuendo a ridurre il numero di abitanti. Continua peraltro in molte aree del mondo la nascita di bambini da madri minorenni: nel 2024 sono 4,7 milioni, il 3,5% del totale – con 340mila nascite da ragazze con meno di 15 anni –, con gravi conseguenze di salute e benessere sia per le giovani madri che per i bambini stessi. Il rapporto Onu sottolinea a questo proposito la necessità di investire nell’educazione dei giovani e in politiche efficaci contro i matrimoni precoci. Al tempo stesso, politiche di sostegno alla genitorialità, come la flessibilità nel lavoro, sono cruciali per incoraggiare le gravidanze, oltre che la partecipazione delle donne nel mondo del lavoro. Il documento evidenzia poi come l’aspettativa di vita a livello globale è tornata già dal 2022 ai livelli pre-Covid in quasi tutti i Paesi, raggiungendo i 73,3 anni nel 2024, con un aumento di 8,4 anni rispetto al 1995. La previsione è che si arriverà a 77,4 anni di aspettativa di vita nel 2054. Altro dato: il numero di donne tra 15 e 49 anni dovrebbe crescere dai 2 miliardi attuali a un picco di 2,2 miliardi alla fine degli anni ’50 di questo secolo, consentendo così un aumento della popolazione di 1,4 miliardi di persone da qui al 2054 nonostante il calo di nascite per donna.
Sono circa 100 i Paesi in cui la popolazione in età da lavoro (tra i 20 e i 64 anni) crescerà nei prossimi 30 anni, offrendo una finestra di opportunità nota come dividendo demografico. Per capitalizzare questa opportunità, raccomanda lo studio Onu, gli stessi Paesi dovranno investire in educazione, sanità e infrastrutture, oltre a implementare riforme in grado di creare lavoro e migliorare l’efficienza dei governi. Infine, entro la fine degli anni ’70 di questo secolo, gli over 65 saranno 2,2 miliardi, superando il numero dei minorenni. Già dalla metà degli anni ’30, come detto, gli over 80 supereranno i bambini con meno di 1 anno, raggiungendo quota 265 milioni. I Paesi che sperimentano maggiormente un invecchiamento della popolazione, sottolinea infine l’Onu, dovrebbero anche garantire maggiori opportunità di formazione continua, creando opportunità per estendere la vita lavorativa di chi potrà e vorrà continuare a lavorare oltre gli attuali livelli di età pensionabile. Vivremo di più, insomma, tanto vale, per chi potrà, lavorare un po’ più a lungo. Sul dove, e sul come, bisognerà ragionarne.