Enrico Giovannini, portavoce dell'ASviS
Nell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle, l’Alleanza per lo sviluppo sostenibile (ASviS) ha portato l’Agenda 2030 dentro la società civile, in quello che si apre vorrebbe metterla nella Costituzione. «Sarebbe una scelta dal valore simbolico altissimo – sostiene Enrico Giovannini, portavoce dell’ASviS, già presidente Istat e ministro del Lavoro – per un Paese che si è posto all’avanguardia nella programmazione economica dotando la legge di Bilancio di una strumentazione innovativa come gli indicatori del Benessere equo e sostenibile (Bes)». In ogni caso, con il ritmo attuale e nonostante i passi avanti compiuti, l’Italia non sarà certo in grado di centrare né i target da raggiungere entro il 2020. Né gli obiettivi fissati al 2030. A meno di un cambiamento radicale del proprio modello di sviluppo. L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite ha un carattere fortemente innovativo proprio perché viene superata l’idea che la sostenibilità sia solo una questione ambientale e si afferma una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo. Questioni decisive che vengono analizzate nel dettaglio da Giovannini nel libro 'L’utopia sostenibile' (Laterza) in uscita nelle prossime settimane.
Il disegno di Legge costituzionale per modificare gli articoli 2, 9 e 41 è stato presentato il 20 ottobre (dai senatori Del Barba, Marcucci, Cociancich e Collina), la lista 'Insieme' l’ha rilanciato. Ma essendo a fine legislatura, si è trattato più che altro di un gesto simbolico. Perché ripartire nel 2018 proprio dalla proposta di rendere la nostra Carta fondamentale sostenibile?
Per due ragioni. Anzitutto perché è in corso un dibattito internazionale fra costituzionalisti per modificare le Leggi fondamentali di diversi Paesi inserendo in esse lo sviluppo sostenibile. Per il nostro, di Paese, che ha già introdotto il Bes nel Documento di economia e finanza, sarebbe dunque il coronamento di un percorso che mette il futuro dentro il sistema legislativo. Politicamente, poi, sarebbe davvero un buon modo per riprendere il dialogo sulle riforme costituzionali, dialogo che si è bruscamente interrotto con il referendum, partendo da una proposta che può rinnovare quello spirito unitario sul tema evocato dallo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Non è piaciuta invece all’ASviS la bocciatura di un altro passo nella stessa direzione, e cioè verso il futuro: il cambio di nome suggerito per il Cipe in «Comitato interministeriale per lo sviluppo sostenibile». Anche in questo caso, sarebbe un cambio di paradigma non da poco...
È stata in effetti una grande delusione perché nei lavori delle Commissioni, al Senato prima e alla Camera poi, si è avvertita una forte resistenza a un cambio di paradigma assolutamente necessario, soprattutto per quel che riguarda gli investimenti pubblici. Evidentemente dispiace a qualcuno. Ma per un Paese che ha un bisogno impellente di incremen-tarli, è paradossale non cogliere l’occasione di rilanciare la spesa pubblica in chiave sostenibile. Lo hanno già fatto la Commissione europea, il Consiglio e il Parlamento europeo con il cosiddetto 'Piano Juncker due', che prevede una quota rilevante di investimenti i quali, per essere cofinanziati, devono andare in questa direzione. Già il programma Horizon 2020 per la ricerca prevede una quota del 60% dei fondi a questo scopo. La stessa finanza privata e persino i fondi sovrani hanno scelto esattamente questa linea per i propri investimenti, considerandola oramai indifferibile. Risulta miope, pertanto, non farlo: è il frutto di un modo vecchio di pensare. Segno che l’Italia deve percorrere ancora molta strada.
Anche sull’onda della pressione esercitata dall’ASviS, il Governo ha deciso di effettuare l’aggiornamento della Strategia di sviluppo sostenibile utilizzando l’Agenda 2030 e gli SDGs come quadro di riferimento. Oltre alla questione del Cipe, cos’altro manca all’appello?
Manca l’attuazione della governance prevista dalla Strategia e dell’impegno annunciato dal premier Paolo Gentiloni di emanare una direttiva ai Ministeri per incorporare gli Obiettivi nei propri piani per il triennio 20182020. E manca un piano d’azione concreto che includa target quantitativi da raggiungere entro il 2030. Insomma: siamo in stallo. Per questo abbiamo già iniziato una serie di incontri con le forze politiche: se c’è la volontà, certi impegni si possono onorare anche in questa fase di gestione ordinaria.
L’anno passato ha sancito invece il definitivo ingaggio della società civile nell’attuazione dell’Agenda.
L’Alleanza è effettivamente riuscita a coinvolgere a tal punto la società, a tutti i livelli, che dalla Francia, il super-ministero della Transizione ecologica e solidale ci ha contattati per chiedere come avessimo fatto. Da questo punto di vista l’Italia rappresenta un unicum nel panorama internazionale.
Quali gli avvenimenti più significativi?
Una grossa spinta all’ingaggio è stato dato dal primo Festival dello Sviluppo Sostenibile: 221 eventi su tutto il territorio nazionale con oltre 2.300 relatori e decine di migliaia di persone. All’inizio del 2017, poi, è stato firmato un Protocollo d’intesa tra l’ASviS e il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca per collaborare sul tema della promozione e divulgazione della cultura dello sviluppo sostenibile. A giugno i sindaci delle città metropolitane hanno firmato la 'Carta di Bologna', realizzata con il contributo dell’Alleanza, contenente impegni concreti sui temi dello sviluppo sostenibile per le nostre città. E sempre a giugno i rappresentanti delle maggiori organizzazioni imprenditoriali hanno sottoscritto la dichiarazione congiunta «Le imprese italiane insieme per gli Obiettivi di sviluppo sostenibile », un impegno condiviso per informare le imprese sull’Agenda 2030 e promuovere l’innovazione e la finanza necessarie per orientare le strategie aziendali verso gli SDGs. Infine il 2017 ha segnato l’entrata nell’Alleanza anche della Conferenza delle Regioni, che hanno già presentato il loro contributo al Piano nazionale di riforme seguendo gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. A breve metteremo a disposizione una nostra analisi dettagliata sulle competenze per i diversi livelli territoriali rispetto a tali obiettivi, la prima nel suo genere.
A livello europeo, invece, a che punto siamo?
Tra qualche giorno si riunirà per la prima volta la piattaforma europea degli stakeholder che dovranno aiutare la Commissione a sviluppare la propria strategia. Entro giugno ci sarà poi la proposta per introdurre l’Agenda 2030 nelle politiche dell’Unione. Proprio per questo, abbiamo deciso di dedicare uno dei tre eventi principali del Festival 2018 alla prospettiva europea per lo sviluppo sostenibile, invitando i 'colleghi' dei diversi Paesi europei in Italia.