Dario Brignone, Alberto Dalmasso, e Samuele Pinta, fondatori di Satispay - Satispay
Con una raccolta di 320 milioni di euro tra investitori internazionali Satispay è diventata un “unicorno”, cioè una società non quotata con una valutazione superiore al miliardo di euro. L’azienda dei pagamenti via smartphone creata nel 2013 da Alberto Dalmasso, Dario Brignone e Samuele Pinta è una delle pochissime startup italiane ad avercela fatta: prima di lei il negozio di moda online Yoox, la piattaforma di comparazione di prestiti immobiliari MutuiOnline e, più recentemente, la società di piccoli pagamenti a rate Scalapay. Con questa valutazione, Satispay vale più del triplo del Monte dei Paschi e poco meno di Ita Airways.
Il successo di Satispay è figlio di buone idee e capacità pragmatica di metterle a frutto. I fondatori hanno visto nelle regole della Sepa, la direttiva europea che ha creato un’area unica dei pagamenti all’interno dell’Unione, lo spazio per creare una piattaforma di pagamenti via telefono collegata a un conto corrente bancario attraverso il sistema di addebiti e accrediti automatici (quello con cui molti italiani, per esempio, pagano le bollette). L’apertura del mercato voluta dall’Europa ha reso possibile gestire il trasferimento del denaro a costi molto bassi. Con un impegnativo lavoro di “conquista” del territorio l’app ha trovato spazio nel telefono degli italiani e (sfida forse ancora più difficile) nelle casse di negozi, bar, ristoranti ed esercenti di tutti i tipi, felici di potere incassare denaro a costi inferiori a quelli di carte di debito o di credito (Satispay è gratis per chi paga, mentre a chi vende chiede una commissione zero per pagamenti fino a 10 euro e di 20 centesimi per le spese sopra quella soglia).
Che cos'è oggi Satispay
Gli utenti di Satispay sono più di 3 milioni e crescono al ritmo di 4mila al giorno, gli esercenti che l’hanno adottata sono 200mila. L'app muove transazioni per oltre 450 milioni di euro al mese. Sono tutti dati in accelerazione: annunciando il nuovo round di finanziamenti, il ceo Dalmasso ha ricordato che sono serviti settanta mesi per arrivare al primo milione di clienti, venti mesi per arrivare al secondo milione, solo dieci mesi per salire a tre milioni. Anche l'ammontare e il numero delle transazioni cresce con questa accelerazione.
Tecnicamente Satispay non è più una startup, ma una scaleup, cioè una nuova società innovativa “matura” pronta a imporsi sul mercato. Il nuovo round di finanziamento, il quarto, è di “serie D”, riservato a startup che ce l'hanno fatta. I 320 milioni di euro (che si aggiungono ai 130 milioni raccolti in precedenza) sono arrivati quasi tutti dall’estero: circa la metà li ha messi il fondo britannico Addition Capital. Il resto è arrivato da chi aveva già investito in Satispay nei mesi passati: Greyhound Capital, Coatue, Lightrock, Block, Tencent e Mediolanum Gestione fondi Sgr (unica italiana).
Un pagamento con Satispay in un bar - Satispay
Oggi Satispay si definisce un «super network di pagamento indipendente da carte di debito e credito, creato per accelerare la sostituzione del contante e diventare strumento di utilizzo quotidiano a livello europeo». Il ceo Dalmasso non ha mai nascosto di avere l’ambizione di creare qualcosa di molto grande: «Il mondo dei pagamenti è enorme, i network del settore sono tra le aziende più grandi al mondo. Noi puntiamo a diventare la maggiore fintech d’Europa» ha detto ieri annunciando il nuovo round di investimenti. «Non è una fase facile per il mondo tech. Ma chi non ha bisogno di ulteriori aumenti può affrontare bene gli anni che verranno. Questi sono i momenti in cui è possibile costruire grandi aziende» ha aggiunto il manager.
Il piano per la crescita
I 320 milioni di euro saranno usati per tre obiettivi: raddoppiare i dipendenti in un anno e mezzo, passando da 300 a 600 persone, fare qualche acquisizione mirata ed espandersi in altri mercati europei. Satispay è già partita in Germania, Francia e Lussemburgo, ora guarda a mercati come il Belgio e i Paesi Bassi, Austria, Grecia e Portogallo. Vuole crescere anche in Italia, dove può ambire ad altri milioni di clienti. A livello di prodotto, dopo avere reso disponibili pagamenti come quelli di “pago PA” o le ricariche telefoniche ora punta al mondo del welfare pubblico e privato, dai bonus dello Stato ai buoni pasto delle aziende.
Gli utili ancora non ci sono, com’è tipico delle startup, ma non c’è nemmeno l'urgenza di trovarli. «Sappiamo la dimensione che ci serve per essere profittevoli, la redditività è a portata di mano e potremmo raggiungerla anche subito tagliando le spese – ha spiegato Dalmasso –. Ma non vogliamo fare un Ebitda “piccolo”, puntiamo a centinaia di milioni, miliardi di euro di utile: per questo continuiamo a investire sulla crescita senza fretta di essere redditizi. Nel giro di tre anni vedremo se assestarci sul break-even e finanziare con i profitti la fase di crescita successiva».