venerdì 10 gennaio 2025
All'Università Lateranense l'associazionismo cattolico lancia l'iniziativa "Cambiare la rotta. Trasformare il debito in speranza". Tra le richieste la crazione di un sistema Onu per gestire le crisi
Famiglie palestinesi in fila per il cibo

Famiglie palestinesi in fila per il cibo - Reuters

COMMENTA E CONDIVIDI

Come noi li rimettiamo ai nostri debitori. L’associazionismo cattolico - e non solo - si mobilita sulle parole del Papa che ha intitolato il messaggio per la 58ª Giornata Mondiale della Pace del 1º gennaio “Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace”. E all’inizio del Giubileo della speranza lancia la campagna “Cambiare la rotta. Trasformare il debito in speranza”, collegata alla campagna globale Turn debt into hope, promossa da Caritas Internationalis. Occasione per rilanciare il messagio del Papa e mobilitarsi è l’incontro, organizzato all’Università Lateranense, dall’Istituto di Diritto Internazionale della Pace Giuseppe Toniolo con Azione Cattolica, Pontificia Università Lateranense, Forum Internazionale di Azione Cattolica e Caritas Italiana. Ad aprire l’incontro il priofessor Giulio Alfano, delegato del Ciclo di studi in Scienze della pace e Cooperazione internazionale dell’Università Lateranense.

Il Messaggio di Papa Francesco - spiegano i promotori - invita a riflettere sull’urgenza di condonare i debiti e di promuovere modelli economici basati sulla giustizia e la solidarietà. E la remissione del debito si inserisce alla perfezione nell’anno Santo appena aperto, perché ispirata alla tradizione giubilare del popolo ebreo. È il passo essenziale per liberare i popoli oppressi da legami economici iniqui - dicono i promotori - che soffocano il presente e ipotecano il futuro. Strettissimo poi il legame tra debito economico e debito ecologico, cioè quello che paesi ricchi del Nord - dopo aver sfruttato le risorse del sud provocando degrado climatico e sociale - hanno nei confronti del paesi in via di sviluppo, molto più esposti agli eventi climatici estremi, nonostante abbiano meno responsabilità nel riscaldamento globale e poche risorse per affrontarlo. La campagna globale di Caritas Internationalis sensibilizza sull’urgenza di ristrutturare - meglio ancora, condonare - i debiti dei Paesi poveri. E trasformare un’architettura finanziaria internazionale intrinsecamente iniqua, che alimenta modelli di produzione e consumo alla base del riscaldamento climatico. Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale di Ac, sottolinea come «la speranza non è semplice ottimismo, ma si concretizza nei gesti e segni che siamo capaci di compiere. È la capacità di cambiamento che siamo in grado di attivare. Per fare di questo tempo giubilare un’occasione per ripensare il nostro modo di abitare la casa comune. Guerre, cambiamento climatico, disuguaglianze: davvero occorre cambiare rotta. Questo è il momento perfetto, il kairòs, per costruire percorsi di cambiamento». In collegamento video da Bangkok, Thailandia, Sandro Calvani, presidente del Consiglio scientifico dell’Istituto G. Toniolo, afferma che «Dio ci affidato la custodia della sua creazione. E il primo passo per far ripartire relazioni di pace è il perdono, spinta iniziale e volano per far ripartire il motore».

Don Paolo Asolan, teologo e docente alla Pul, colloca la la remissione dei peccati e la cancellazione dei debiti in una prospettiva giubilare. Interviene anche l’economista Riccardo Moro. Presidente del Civil 7 e docente di politiche dello sviluppo alla Statale di Milano, è l’esperto che coordinò per la Cei nel 2000 l’azione di cancellazione del debito di diversi paesi africani: «Avevano concluso 25 anni fa dicendo che avevamo vinto, siamo di nuovo qui. Cosa abbiamo sbagliato? Va detto che nel 2000, per la prima volta, la comunità internazionale accettò l’idea della cancellazione del debito, che è condanna alla povertà. Ma le regole di allora non sono state rispettate da tutti. Alcuni operatori hanno operato in modo spregiudicato. La Cina, che si affacciava allora sulla scena, per approvvigionarsi di materie prime erogò prestiti facili al Sud. Poi la crisi economica del 2008 e la pandemia hanno spinto all’indebitamento tanti stati per far fronte alle emergenze. Alcuni paesi oggi hanno un debito che supera il valore del loro pil». Cosa fare? «Creare alle Nazioni Unite un forum per definire i criteri di sostenibilità del debito e sistemi per gestire le crisi. Rispetto al 2000 abbiamo una visione complessiva più ampia, che comprende anche la questione climatica. Il Papa non a caso mette insieme debito finanziario e debito climatico».

Chiara Mariotti, dell’Alto commissariato Onu per i diritti umani, ricorda che «il debito è un ostacolo che rende impossibile qualsiasi progresso verso la giustizia sociale e i diritti. Il livello del debito estero dei paesi in via di sviluppo nel 2023 ha raggiunto gli 8 mila miliardi di dollari. Più di 3 miliardi di persone vivono in paesi che spendono più per gli interessi sul debito che in spesa pubblica. Se non affrontiamo il debito non raggiungeremo gli obiettivi di sviluppo e non contrasteremo il riscaldamento globale». In Paesi africani che perdono il 5% del pil a causa del cambiamento climatico e fino al 10% per la gestione delle catastrofi.

Il tema del debito dei paesi in via di sviluppo era stata già affrontata nel Giubileo del 2000 da Giovanni Paolo II. La mobilitazione della società civile portò alla campagna “Jubilee2000”, che chiese a paesi ricchi, Fondo monetario, Banca mondiale di cancellare i debiti ingiusti. Fino al 2005, col G7 di Gleenagles, che cancellò 40 miliardi di dollari. Negli anni a seguire si arrivò a 130. Ma sistemi finanziari e di mercato eticamente ingiusti, autentiche «strutture di peccato», hanno riprodotto situazioni l’indebitamento, aggravato da pandemia e riscaldamento globale.

La campagna lancia ora un appello in quattro punti, presentato da Massimo Pallottino di Caritas italiana. Uno: cancellazione e ristrutturazione dei debiti ingiusti e insostenibili, affrontando anche il debito da creditori privati. Due: creazione di un “meccanismo di gestione delle crisi di sovraindebitamento”, con la costruzione di un sistema presso le Nazioni Unite. Tre: riforma finanziaria globale che metta al centro persone e pianeta, creando un sistema equo, sostenibile e libero da pratiche predatorie. Quarta e ultima richiesta, il rilancio della finanza climatica per sostenere la mitigazione e l’adattamento climatico nel Sud globale. Disinvestendo dal fossile, dall’economia speculativa, dalle industrie belliche.

La campagna è promossa da: Acli, Agesci, Aimc, Azione Cattolica, Caritas, Comunità Papa Giovanni XXIII, CVX Comunità di Vita Cristiana, Earth Day Italia, Focsiv ETS, Fondazione Banca Etica, MCL, Meic, Missio, Movimento dei Focolari, Pax Christi, Salesiani per il sociale, Sermig. Media partner della campagna sono Agenzia SIR, Avvenire, Radio Vaticana – Vatican News, Famiglia Cristiana.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: