sabato 26 giugno 2021
Il museo sommerso di Paolo il pescatore, nel Grossetano, per impedire la pesca a strascico. Ora la sua storia in un libro
Ecco la mia Casa dei pesci per salvare il mare
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«Quali specie sono più a rischio? I pesci o i pescatori artigianali?», si chiede provocatoriamente Paolo il pescatore, da poco rientrato dalla consueta mattinata di pesca di posta nel mare della Maremma a bordo della 'Sirena', la barca che lo accompagna anche nelle sue escursioni turistiche sostenibili di fronte al Parco dell’Uccellina, alla scoperta dei tesori stagionali del Mare Nostrum. «La vita del mare e la conservazione della sua biodiversità dipendono dalla salute del fondale e sono troppe le industrie che le stanno distruggendo giorno dopo giorno con la pesca a strascico illegale, dove delle reti munite di piombi e catene trainate da barche raccolgono tutto ciò che trovano sul fondo del mare. Tral’altro – continua – con questo tipo di pesca, intensiva, indiscriminata e altamente inquinante, a morire non sono solo i pesci, i molluschi, i coralli e le praterie di Posidonia oceanica, preziosissime per la salute dell’ecosistema per via di quella loro capacità di assorbire quantitativi enormi di CO2 e produrre ossigeno (due volte e mezzo di più della foresta Amazzonica) ma anche noi, piccoli pescatori che pratichiamo la pesca legale, selettiva e dall’impatto ambientale molto contenuto». È un caldo pomeriggio di giugno quando parliamo con Paolo Fanciulli, il pescatore artigianale e ambientalista di Talamone, nel Grossetano, che dagli anni Ottanta si batte con coraggio contro i 'pirati' che arano i fondali del mare, anche del Tirreno, in nome del dio denaro: ha denunciato i pescherecci che di notte e di giorno praticavano la pesca con le reti a strascico sotto costa, quando la legge la consente solo oltre le tre miglia marine e su fondali più profondi di cinquanta metri, ma ha denunciato anche l’indifferenza delle autorità davanti a quei crimini, rimasti, per questo, per lo più impuniti. «Una volta ho visto il peschereccio sotto costa che pescava a strascico e ho chiamato le autorità in porto», ha ricordato Paolo. «La motovedetta era andata dal peschereccio, un breve scambio di battute, poi i rappresentanti delle forze dell’ordine avevano accettato una cassetta di pesce». Prima di andarsene

, lo avevano indicato.

Per il suo impegno in favore del mare, Paolo il pescatore ha ricevuto un numero considerevole di minacce e intimidazioni, come lui stesso ha raccontato ai giornalisti Ilaria De Bernardis e Marco Santarelli nel libro La Casa dei pesci, da poco edito per Palombi Editori. «Mi hanno anche strappato le reti: furto doloso o distruzione causata da un peschereccio che pescava a strascico di notte, questo non lo so. Ma per me è stata una tragedia. Per me e per tutti i pescatori artigianali le reti sono la vita e la sopravvivenza». Conosciuto in tutto il mondo grazie ad articoli pubblicati su quotidiani importanti come il New York Times, il Guardian, il Süddeutschen Zeitung, questo appassionato 'toscanaccio' è probabilmente l’unico pescatore artigianale italiano che ha fatto paura per davvero ai padroni della pesca distruttiva, come Alessandro Giannì di Greenpeace Italia ha messo in evidenza nella prefazione al libro. «Una denuncia fatta in tivù, durante la trasmissione Linea Verde, mi costò caro: dopo, ricevetti la visita dei Carabinieri e della Guardia Costiera. Mi dissero chiaramente che non dovevo dire quelle cose. Quello nell’illegalità, secondo alcuni, ero io, perché certe cose non si potevano raccontare». Paolo, però, non ha mai taciuto né ha mai dimenticato le parole che un magistrato di Grosseto un giorno gli disse: «Ti sei salvato solo perché sei sempre stato visibile». «È vero, non mi sono mai nascosto e non so, altrimenti, come sarebbe potuta finire per me. Se questa battaglia l’avessi condotta altrove, probabilmente sarei già morto». Contro la pesca a strascico su larga scala e la rilevante (e preoccupante) diminuzione delle risorse ittiche del Mediterraneo – nel mare più pescato al mondo, dove stanno scomparendo soprattutto naselli e triglie di scoglio, si calcola che la percentuale dei pesci scartati arriva al 70% – si è mossa di recente anche l’Ue introducendo nuove regole e fermi: nonostante ciò, la strada da fare è ancora lunga e tortuosa poiché, come sempre accade, gli interessi economici in gioco continuano a prevalere su quelli dell’ambiente. E così, mentre in troppi hanno guardato a questo scempio senza muovere un dito, lui, l’'apostolo della difesa del mare' – in tal modo lo ha definito Fulco Pratesi del WWF evidenziando il filo rosso che lega la piccola pesca praticata da Paolo con quella 'dei pescatori tra i quali il Redentore reclutò i suoi discepoli' – ha dato vita, negli anni, al primo sindacato dei piccoli pescatori artigianali dell’Argentario, ha collaborato con le Procure della Repubblica e con i legislatori, ha fatto sequestrare attrezzature e imbarcazioni degli strascicatori abusivi, ha inventato l’ittiturismo e il pescaturismo e ha suggerito (e fatto decollare) il progetto di installazione, lungo la costa, di diverse centinaia di piramidi sottomarine di cemento allo scopo di dissuadere la pesca illegale. Ma Paolo Fanciulli ha fatto anche un’altra grande cosa: ha sognato una Casa perenne per i suoi amati pesci, e l’ha realizzata in collaborazione con molti amici, con artisti internazionali e con il sostegno di tante persone di buona volontà. Turisti compresi. «Grazie ad una consistente raccolta di fondi, nel 2015 è nata la Casa dei pesci, un museo sommerso sotto costa composto per il momento da trentanove sculture in marmo di Carrara che fungono da sentinelle e guardiane dei fondali perché impediscono il passaggio delle reti a strascico. È un progetto che deve crescere e a esso va l’intero ricavato del libro: pensate che nelle zone dove sono state calate le sculture, l’ecosistema marino è rinato, insieme alla flora e alla fauna», ammette soddisfatto. «Dobbiamo imparare a consumare responsabilmente e a non inquinare; i nostri mari sono ammorbati da saponi, pesticidi, vernici. Mi piacerebbe far avere al Papa il mio libro: vorrei fargli conoscere questo progetto che parla della cura e della difesa della casa comune; Francesco non è un politico ma è colui che coltiva e che insegna il rispetto per il creato».

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