Tutto secondo copione. La retromarcia della Fiom non c’è stata e su Pomigliano si è arrivati all’accordo separato. Al progetto presentato da Fiat per trasferire dalla Polonia allo stabilimento campano la produzione della Panda dal prossimo anno, hanno detto «sì» – come anticipato già da giorni – la Fim Cisl, la Uilm, la Fismic e l’Ugl, annunciando un referendum per il 22 giugno fra i lavoratori. L’ultima parola toccherà infatti ai veri protagonisti della vertenza. Decideranno loro se dare, come concordato fra sindacati e azienda, il via libera al piano di investimento messo in campo dall’Ad del Lingotto, Sergio Marchionne, per 700 milioni di euro. Un piano che assicurerà un futuro solido allo stabilimento e ai suoi lavoratori. Almeno questo credono i segretari generali di Fim, Uilm e Fismic, rispettivamente Giuseppe Farina, Rocco Palombella e Roberto Di Maulo e il vicesegretario nazionale dei metalmeccanici dell’Ugl, Antonio D’Anolfo, firmando l’accordo davanti al responsabile delle relazioni industriali di Fiat, Paolo Rebaudengo. «Abbiamo assicurato il lavoro a Pomigliano d’Arco e messo in sicurezza il progetto della Fiat per l’aumento della produzione di auto in Italia», ha detto il leader della Fim, Farina. Con il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che evidenzia soddisfatto: quello dell’azienda torinese sarà «il primo grande investimento in Italia in tempo di crisi». La Fiat ha accettato – così come richiesto dai sindacati nell’incontro di venerdì scorso – l’inserimento di un punto, il 16esimo, relativo alla istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni. Una concessione che non è bastata alla Fiom, arrivata all’incontro con le idee chiare – che non si discostano di un millimetro da quelle dei giorni scorsi nonostante il pressing interno della segreteria nazionale della Cgil: «Se la Fiat si decide a cambiare quei punti che noi riteniamo illegittimi (quelli relativi soprattutto all’assenteismo e al diritto di sciopero, ndr), questa trattativa possiamo farla riaprire e chiudere molto rapidamente. Se questo non avverrà, vedremo come si muoverà la Fiat e come le altre organizzazioni sindacali», ha affermato il responsabile del settore Auto di Fiom, Enzo Masini, prima di entrare in Viale dell’Astronomia. La Fiom si è detta contraria anche alla consultazione fra i lavoratori. Il segretario nazionale, Giorgio Cremaschi, ha ribadito: «Il referendum va adottato sui diritti disponibili, ma se chiede di rinunciare al diritto di sciopero, diciamo no. Quelle rinunce non sono a disposizione di un referendum di una singola fabbrica».Non la pensano così evidentemente le altre sigle, che dopo aver confermato il proprio «sì», hanno lanciato il referendum tra i lavoratori che si terrà il prossimo martedì. «La Fiat ci ha detto – ha affermato Palombella della Uilm – che sbloccherà gli investimenti quando la stragrande maggioranza dei lavoratori dirà sì all’intesa. I lavoratori devono capire che la posta in gioco è molto alta e che l’accordo di oggi non sblocca gli investimenti che sono legati al sì dei lavoratori». Le sensazioni dei delegati sindacali e di chi conosce lo stabilimento è che questo accordo gli operai lo vogliano. Eccome. Dopo due anni di Cassa integrazione a 730 euro al mese, i cinquemila lavoratori vogliono tornare alla «normalità». Così dal referendum potrebbe arrivare una risposta plebiscitaria che isolerebbe fortemente la Fiom. Ma darebbe il pieno e definito via libera all’investimento di rilancio di Fiat. Con buona pace di tutto il territorio campano. E non solo.