sabato 7 settembre 2024
Una strategia inclusiva può portare a un incremento del 20% di produttività rispetto alla media delle aziende che non la adotta. Nasce la piattaforma "DiversiFind"
Una piattaforma per favorire l'inclusione

Una piattaforma per favorire l'inclusione - DiversiFind

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Valorizzare la diversità e promuovere una cultura d’impresa realmente inclusiva è oggi una delle principali sfide che le aziende sono chiamate ad affrontare. Non è una novità infatti che l’adozione di politiche che guardano a diversità, equità e inclusione possano portare benefici a livello di attrazione di talenti e di redditività. Un sondaggio, realizzato da Hunters Group con l'obiettivo di capire e analizzare come favorire l'inserimento e l'inclusione di persone con disabilità in azienda, mostra un quadro molto chiaro: sebbene, infatti, l’84,5% delle aziende coinvolte abbia già avuto esperienza di inserimento di persone appartenenti alle categorie protette (legge 68/99), c’è ancora un divario di conoscenza, fondamentale per aumentare i livelli di consapevolezza e inclusività e non ridurre l’inserimento di queste persone a un mero adempimento legislativo. Soltanto il 23,1% ha creato percorsi di crescita e sviluppo per questi professionisti, contro il 53,8% che, invece, non lo ha fatto. Anche a livello di mansioni, poi, c’è ancora parecchio da fare. Tra le attività più gettonate, le persone che hanno partecipato al sondaggio hanno elencato, per esempio: centralino, ufficio spedizioni o rifornimento scaffali. «Ma non si tratta – spiega Giorgio Weger, Executive Manager divisione Tecnica e Responsabile dei progetti D&I in Hunters Group – soltanto di una questione etica, c’è molto di più. Secondo un sondaggio che abbiamo condotto tra oltre 1.500 candidati e manager, infatti, applicare politiche attende all’inclusione ha un impatto positivo anche dal punto di vista della competitività, del business e della talent retention. Nel corso del tempo le tematiche legate alla D&I hanno assunto sempre maggiore importanza, ma c’è ancora molto da fare soprattutto in termini di cultura. I risultati del nostro sondaggio dimostrano quanto sia, spesso, questione di cultura e di conoscenza del mondo della disabilità. Non dobbiamo dimenticare infatti che, sebbene ci siano dei limiti oggettivi per lo svolgimento di alcuni compiti, valorizzare le competenze di questi lavoratori e permettere loro di sviluppare al meglio il proprio potenziale porta benefici a tutti, alle aziende che hanno la possibilità di inserire professionisti competenti e qualificati e ai lavoratori che potranno sentirsi apprezzati e valorizzati. Finché non faremo questo cambio di approccio, purtroppo, non potremo parlare di vera inclusione e questo è, probabilmente, il principale problema».

Anche dallo studio Benessere e produttività: i benefici del corporate wellbeing e i costi “non fare” per le aziende. Evidenze teoriche ed empiriche - frutto di un anno di collaborazione tra Jointly, prima BCorp in Italia nel settore del Corporate Wellbeing, e Teha Group - emerge che l’adozione di una strategia inclusiva può portare a un incremento del 20% di produttività rispetto alla media delle aziende che non le adottano, con un valore aggiunto per addetto pari a quasi 60mila euro, a fronte di una media attuale di 50mila euro. Produttività che dipende anche da un maggior engagement e senso di appartenenza verso l’azienda attenta alle esigenze dei propri collaboratori. Nello studio vengono approfonditi non solo i benefici diretti ma anche l’abbattimento dei “costi del non fare”, cioè i costi legati al non adeguare la propria organizzazione alle mutate aspettative dei lavoratori, primo fra tutti il costo del turnover. Un problema non sottovalutabile quello del turnover: il malessere dei collaboratori ha portato quasi un professionista su due (il 42%), a cambiare lavoro nell’ultimo anno o a pensare di farlo a breve. Nel 2024 — e per la prima volta — il motivo principale è la ricerca di maggior “benessere fisico e mentale” (36%). Alla luce di questi dati, lo studio ha voluto quantificare per la prima volta i costi sia diretti sia indiretti di gestione del turnover, facendo emergere il danno sia economico ma anche l’affaticamento organizzativo legato ad un alto tasso di dimissioni e nuove assunzioni in azienda.

A partire dall’analisi dei costi complessivi del turnover, la ricerca ha poi analizzato il costo di ogni singola dimissione: ogni persona che lascia il lavoro ha un costo medio per l’azienda pari a circa il 50% del suo stipendio annuo (Ral). Considerando un valore di Ral medio a livello nazionale, questo significa che il costo di ogni dimissione si aggira tra gli 11mila e i 13.000 euro. Se prendiamo quindi come esempio un’azienda di 1.000 dipendenti e immaginando 176 dipendenti che lasciano, se il costo per le dimissioni di ognuno è di 13mila euro, significa che l’azienda ha un costo totale di 2.288.000 euro. È stata poi replicata l’analisi differenziando per settori merceologici e per dimensioni di impresa (tenuto conto dei diversi livelli di turnover e di Ral), arrivando a quantificare che il costo del “non fare” può arrivare a rappresentare un importo significativo sui conti economici delle imprese: fino al 26,8% del costo del personale nel settore dei servizi, e fino al 22,4% nelle pmi. Invece una strategia di Corporate Wellbeing aumenta la produttività, riduce i costi del turnover, ma consente anche di rendere più efficiente il costo del lavoro. Incrementare l’offerta di benefit non monetari ai propri dipendenti permette infatti di efficientare il costo del lavoro attraverso una duplice leva. Da un lato il beneficio fiscale aggiuntivo e dall’altro “l’effetto moltiplicatore” generato da queste misure, cioè il reale valore creato per il dipendente a fronte della spesa effettuata dall’azienda, per effetto ad esempio del potere negoziale dell’azienda, o della possibilità di attivare meccanismi mutualistici o di “pooling dei rischi”. In sintesi, secondo l’analisi, l’effetto moltiplicatore del Corporate Wellbeing è pari a 4,5 volte il costo sostenuto dall’azienda.

Arriva la piattaforma "DiversiFind"

Nasce DiversiFind, la prima piattaforma pensata e realizzata per mettere in contatto talenti appartenenti a gruppi sottorappresentati con il mondo del lavoro, firmata da Diversity Lab in collaborazione con Mygrants e Accessiway e in partnership con Women in Film, Television & Media, realtà già attive da anni nel campo dell’inclusione di persone e gruppi marginalizzati. La piattaforma ha l’obiettivo di aumentare le possibilità di accesso al lavoro e alla formazione per persone di categorie sottorappresentate che vogliano lavorare nelle professioni del cinema, della televisione, della pubblicità e della comunicazione, rispondendo al contempo alla sempre più urgente necessità delle aziende dell’industry di migliorare e arricchire le proprie produzioni attingendo a un panorama di volti, talenti e maestranze non sempre individuabili in modo immediato tramite gli abituali canali di recruitment. Lo scopo è quello di giungere a una rappresentazione più autentica e plurale della società contemporanea – davanti e dietro le quinte – e a una maggior qualità delle opere valorizzando nuove idee e professionalità. Guardando per esempio ai dati dell’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo, tra il 2018 e il 2022 nella realizzazione dei documentari solo il 30% vede la presenza delle donne dietro la macchina da presa, percentuale che diminuisce ancora di più per le produzioni con più alto budget come le fiction (19%) e i film di animazione (19%). L’Italia poi detiene il triste primato di solo 15% di donne registe contro un 26% della Francia e 37% dell’Islanda. Dati che dimostrano quanto ancora si debba lavorare per ridurre questo gap, aumentando l’accessibilità alla formazione, alla professione, al credito, per giungere a una vera parità di opportunità.

«La varietà del reale stenta ancora a trovare spazio sullo schermo, come emerge dalla nostra ricerca Diversity Media Research Report 2024 – afferma Francesca Vecchioni, presidente di Diversity Lab e Fondazione Diversity -. Questa assenza riguarda tutta la filiera, che sente oggi la grande necessità di diversificarsi sia on screen che off screen, nella consapevolezza che una diversificazione delle produzioni, dei cast e delle writer’s room porta sullo schermo voci, esperienze e identità finora rimaste nell’ombra e anche maggiori ricavi nell’industry».

La ricerca Black representation in film and TV: The challenges and impact of increasing diversity (fonte: McKinsey & Company) per esempio ha rilevato che le disuguaglianze etniche costano all'industria cinematografica fino a 10 miliardi di dollari annui in mancate entrate. Perché quando i film sanno diversificare e rappresentare, hanno anche successo. Basti pensare che secondo una ricerca di USCAnnenberg nel 2022 il 37% dei film con alti incassi aveva un protagonista di un gruppo etnico sottorappresentato.

DiversiFind vuole essere uno strumento utile per contribuire a questo cambiamento. Talenti della recitazione, della regia, del doppiaggio, della sceneggiatura e maestranze della filiera - dal suono ai costumi, dalla scenografia al montaggio, dalla produzione alla fotografia - appartenenti a gruppi sottorappresentati per genere, etnia, età, disabilità, Lgbtq+, aspetto fisico possono iscriversi già adesso alla piattaforma per inserire i loro dati e contribuire alla creazione della prima banca dati di talenti marginalizzati per il settore media.

A questa prima fase di raccolta delle candidature da tutto il territorio nazionale e per decine di professionalità codificate secondo i protocolli europei seguirà il lancio della versione Beta di DiversiFind ad ottobre 2024 che prevederà numerose sezioni utili a tutte le realtà della filiera.

Broadcaster, produzioni, agenzie di casting e agenzie di comunicazione potranno cercare competenze e profili attraverso una modalità di ricerca che manterrà i dati personali e particolari in anonimo, rendendo le selezioni il più possibile eque e rispettose. Accademie, istituti tecnici e scuole specialistiche per lo spettacolo potranno inoltre moltiplicare le opportunità formative e lavorative per talenti sottorappresentati, contribuendo a colmare quelle barriere di accesso a cui sono sottoposti per ragioni culturali, sociali e molto spesso economiche.

Un master a sostegno dell'inclusività

La digitalizzazione e l’attenzione delle aziende agli aspetti esperienziali hanno portato a un rapido aumento della richiesta di figure professionali ibride, capaci di combinare diversi saperi in un’ottica attenta a inclusività e sostenibilità. Lo confermano i dati dell’Us Bureau of Labor Statistics secondo i quali la richiesta di User Experience designer (UX designer) crescerà del 3% su base annua fino al 2028. Lo User Experience Designer rappresenta infatti un vero e proprio ponte tra tecnologia, processi operativi, mercato e bisogni dei fruitori: progetta l’esperienza dell’utente di un prodotto o servizio, centrando i propri sforzi sui reali bisogni che derivano dall’interazione che l’utente ha con le tecnologie. Una figura sempre più ricercata anche in Europa, dove, dopo l’approvazione della Direttiva UE nota come European Accessibility Act, a partire dal 28 giugno 2025, tutti gli operatori economici – fabbricanti, rappresentanti autorizzati, importatori, distributori e fornitori di servizi – dovranno garantire, per rispondere alle esigenze di persone con disabilità, la conformità a requisiti di accessibilità di determinati prodotti e servizi digitali, fra cui i servizi bancari per i consumatori, i servizi e-commerce, servizi per l’accesso a media audiovisivi e servizi relativi al trasporto passeggeri. Con l’obiettivo di formare professionisti in grado di rispondere alla crescente richiesta di esperti in progettazione inclusiva e accessibile, la Scuola di Master e Formazione Permanente del Politecnico di Torino, in collaborazione con Istud Business School, apre le iscrizioni alla seconda edizione del master di I livello in User Experience per l’Inclusive Design. Il programma si rivolge a laureati in facoltà umanistiche (Lettere, Comunicazione eccetera) e legate alla progettazione (Architettura, Ingegneria, Design eccetera), offrendo gli strumenti necessari per avere, fin da subito, un impatto positivo sulle aziende nell’ambito della strutturazione di User Experience, con un forte focus sull’inclusività. Nel Master, il punto di vista Human-centred, strategico per la diffusione di prodotti e servizi, dando risposte concrete alle richieste degli utenti, si affianca alla Digital transformation e alle skills di Management: in questo modo il percorso di studi è verticale sugli strumenti UX, ma allo stesso tempo trasversale su tutti i saperi che formano professionisti completi, capaci di entrare da subito - anche attraverso lo stage di fine corso - nel mondo del lavoro. Questo anche grazie al coinvolgimento delle aziende partner Cottino Social Impact Campus, realtà nata per condividere e diffondere la cultura della formazione come impatto sociale, e Triplesense Reply, agenzia leader nella digital transformation, che offriranno preziose competenze nel campo della consulenza creativa, dando agli studenti l'opportunità di lavorare su progetti reali. Durante la prima edizione del master, studentesse e studenti hanno realizzato una serie di project work in collaborazione con aziende partner, dando vita a soluzioni innovative che integrano componenti digitali e tangibili, per rispondere ad esigenze pratiche e migliorare la qualità della vita degli utenti. Partendo dai bisogni reali degli utenti — tra cui anziani, persone con disabilità o meno avvezze alla tecnologia che sono stati intervistati e coinvolti anche in fase di test — sono stati realizzati progetti che hanno raggiunto livelli di sviluppo avanzati, rendendoli pronti per un'implementazione concreta. Un esempio è lo sviluppo di un'app multichannel per facilitare la spesa a persone con disabilità visive, migliorando l'accessibilità e l'interazione nel punto vendita. Un secondo progetto ha invece riguardato la creazione di un assistente virtuale per supportare i medici di base, integrando l’uso dell’AI e affrontando anche questioni etiche come il rapporto di fiducia tra medico e paziente e tra utente e tecnologia. Per il settore finanziario è stata progettata un'esperienza digitale per la richiesta di prestiti online, mirando a includere persone in difficoltà economica. Nel campo della salute orale, studenti e studentesse hanno sviluppato un sistema di prodotti connessi per educare i bambini all'igiene orale in modo giocoso e coinvolgente, senza indurre dipendenza tecnologica. Infine, è stata migliorata l'accessibilità di una piattaforma di formazione on line, rendendo i contenuti più facilmente navigabili e intuitivi, trasformandola in un'esperienza utente complessivamente migliore e più inclusiva. Il programma formativo della seconda edizione prevede un percorso multidisciplinare che combina teoria e pratica con lezioni frontali, laboratori e project work, seminari, integrando lo studio di processi inclusivi design-driven, digital transformation, metodologie e strumenti UX, all’acquisizione di competenze manageriali. Si rivolge a neolaureati di tutte le facoltà e giovani professionisti appassionati del mondo digitale e del Design in connessione con i bisogni contemporanei delle persone più fragili. I principali sbocchi professionali per questo percorso includono ruoli di UX designer, UX researcher, e consulenti di accessibilità e inclusività in aziende tecnologiche e creative. L’obiettivo è dunque formare una figura nuova, capace di unire competenze digitali e umanistiche: professionisti in UX Inclusive Design in grado di progettare servizi digitali inclusivi, coinvolgenti e facili da utilizzare, valorizzando ogni singolarità ed esigenza specifica. Le iscrizioni sono aperte fino al 23 settembre 2024. Maggiori informazioni su requisiti di iscrizione, modalità del bando e scadenze sono disponibili sul sito ufficiale del Politecnico di Torino.

Le buone pratiche

Tante le imprese e gli enti che hanno ottenuto riconoscimenti per politiche inclusive efficaci. Vodafone Italia conferma per il secondo anno consecutivo la certificazione per la parità di genere, con un punteggio di 93 su 100, e ottiene l’attestazione Human Resource Management Diversity and Inclusion ISO 30415:2021 che testimonia l’impegno nel valorizzare le diversità e nell’essere un’azienda inclusiva. La certificazione per la parità di genere e l’attestazione D&I sono state assegnate da Rina, multinazionale di certificazione attiva in più di 70 Paesi. Dopo una fase di monitoraggio, Rina ha confermato, con un punteggio di quattro punti superiore a quello dello scorso anno, la capacità dell’azienda nell’adottare politiche e iniziative concrete per favorire un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso della parità di genere. È stata attestata la coerenza delle attività di Vodafone sulla base di un processo di valutazione costituito da sei indicatori chiave, quali cultura e strategia, governance, processi Hr, opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda, equità remunerativa per genere, tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro. L’attestazione Diversity & Inclusion conferma l’impegno di Vodafone, a tutti i livelli e grazie a politiche e programmi D&I, nel creare un ambiente lavorativo inclusivo, che faccia leva sulle diversità e unicità come punti di forza, accrescendo la consapevolezza e le competenze delle sue persone.

Mars Italia ha ottenuto la certificazione Edge a dimostrazione del suo impegno nel promuovere la parità di genere, la diversità e l'inclusione sul posto di lavoro. In particolare, l’azienda ha ricevuto la certificazione Edgeplus, che – oltre all’equità di genere - attesta anche l’impegno verso l’equità intersezionale, andando oltre il concetto di genere. La certificazione Edge è il principale standard globale per la Diversità, l'Equità e l'Inclusione (DE&I), in tema di equità di genere e intersezionale sul posto di lavoro. Il processo di certificazione prevede l’analisi e la revisione - da parte di un ente terzo – di un rigoroso insieme di requisiti e specifiche interni all’organizzazione, tra cui la rappresentanza di genere in termini di assunzioni e nelle promozioni, l’equità retributiva e l’efficacia delle politiche, delle pratiche e l’inclusività della cultura aziendale. Fondamentale per questa valutazione è l'utilizzo della soluzione tecnologica Edge Empower, che accelera l'analisi dei dati statistici e la revisione delle politiche e delle procedure, e facilita la realizzazione di un'ampia indagine tra i dipendenti per valutare la loro percezione sulle opportunità di sviluppo professionale. Mars Italia fa ora ufficialmente parte delle oltre 750 organizzazioni certificate Edge, in 65 Paesi e 40 settori industriali. Tra le recenti iniziative, spicca il lancio globale della Mars Full Potential Platform, una roadmap che traccia il percorso a sostegno della diversità e dell’inclusione in azienda. Negli anni, questa piattaforma ha visto la creazione di diverse iniziative, a partire dallo studio internazionale #HereToBeHeard, che ha raccolto in 88 Paesi in tutto il mondo le risposte di oltre 10mila donne alla domanda: “Che cosa dovrebbe cambiare nella società affinché sempre più donne realizzino il loro pieno potenziale?”. Ne è scaturito un coro di storie personali e prospettive da parte di donne di ogni etnia, religione e orientamento politico, che hanno individuato nei pregiudizi la principale barriera. Un’altra pietra miliare è stata posata nel 2023 con #FlipTheStatusQuo: un’iniziativa che ha visto riconoscere e celebrare gli Associati Mars a livello globale che si sono distinti per le loro azioni volte a scardinare le barriere che impediscono alle donne di essere pienamente incluse.

Sanofi, azienda del settore farmaceutico, annuncia il conseguimento della certificazione UNI ISO 30415:2021 che conferma il suo storico e coerente impegno per la diversità, l'equità e l'inclusione (DE&I). Questo importante traguardo testimonia la responsabilità e la visione strategica dell'azienda nell'ambito dell'inclusione, della parità di genere e dell'empowerment femminile e un elevato livello di accountability e maturità. La certificazione, riconosciuta a livello internazionale, e raggiunta grazie al supporto di Winning Women Institute, attesta come Sanofi abbia saputo integrare i principi di Diversity & Inclusion in tutti i contesti organizzativi, sia interni che esterni, rivolgendosi ai propri collaboratori così come al sistema dei propri stakeholder, clienti e fornitori. Questo standard monitora infatti la conformità dell’organizzazione rispetto alla complessità dei principi di Diversity & Inclusion, confermando l'impegno dell’azienda nel promuovere un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso. Il percorso in termini di misurazione e rendicontazione in questo specifico ambito affonda le sue origini nel 2019 quando Sanofi è stata tra le primissime aziende in Italia ad aver ottenuto il “Bollino Rosa” proprio da Winning Women Institute per le sue politiche orientate alla parità di genere ed equità. Nel 2023 altra tappa importante è stata la certificazione UNI PdR 125:2022. Sanofi si impegna nel promuovere iniziative che aumentino consapevolezza e attivismo contro la violenza di genere, coinvolgano i propri collaboratori e collaboratrici nell’eliminazione degli stereotipi di genere, sviluppino l’empowerment e la leadership. Le donne rappresentano in Sanofi Italia il 46% dei collaboratori, percentuale che sale al 55% in ambito commerciale e si attesta al 35% nei tre stabilimenti produttivi. Nel 2023, in termini di assunzioni si è pressocché raggiunta l’equità di genere (il 49% del personale neo assunto è donna). Sono occupati da donne il 42% dei ruoli manageriali e il 50% delle posizioni di leadership ma questa percentuale è destinata ancora a crescere, in linea con l’impegno preso dal Gruppo di raggiungere la parità di genere anche a livello dei propri Senior Leaders entro il 2025.

Carrefour Italia ha ottenuto la certificazione per la parità di genere, rilasciata dall'ente certificatore Bureau Veritas, che attesta l'impegno dell'azienda nel promuovere l'uguaglianza di genere e nel creare un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso. Carrefour Italia, divenuta Società Benefit dal 2023 e da tempo attiva per favorire pari opportunità nei luoghi di lavoro, ha soddisfatto con successo i criteri previsti dalla certificazione grazie alle politiche implementate negli ultimi anni. Nello specifico, nell’analisi di performance realizzata da Bureau Veritas, Carrefour Italia è risultata particolarmente virtuosa per quanto riguarda le aree legate alla cultura e alla strategia aziendale, ai processi di selezione e valorizzazione delle risorse umane e alle politiche dedicate alla genitorialità. Sono state valutate positivamente le politiche per i neo genitori, che garantiscono un supporto nella gestione delle responsabilità familiari e lavorative. Tra queste, la nuova policy di genitorialità, che prevede un congedo retribuito doppio rispetto alla legge per il secondo genitore, un supporto psicologico dedicato, e un’integrazione economica dell’indennità di congedo parentale per tre mesi. Il processo di valutazione, inoltre, ha certificato che l’azienda garantisce il massimo rispetto nei processi di gestione delle risorse umane in fase di recruiting, perseguendo la parità di genere durante la selezione e l’assunzione attraverso l’individuazione di una rosa di candidati paritetica uomo-donna, e nel corso della carriera dei dipendenti, attraverso programmi di formazione continua e di sviluppo professionale senza nessuna discriminazione di genere. L’azienda si è anche dimostrata particolarmente virtuosa per quanto riguarda le tematiche legate alla cultura interna, grazie alle attività di promozione di momenti formativi diretti a tutti i dipendenti, tra i quali corsi sull’utilizzo di un linguaggio inclusivo e sull’identificazione di comportamenti scorretti e abusi, che è possibile segnalare grazie ad un’apposita procedura, nonché un corso obbligatorio sulla parità di genere per tutta la popolazione aziendale. È stato poi istituito un Comitato Guida per la parità di genere, che ha la responsabilità di fissare obiettivi e definire le relative azioni per colmare i gap, nonché di revisionare periodicamente i risultati ottenuti.

L'Università Luiss Guido Carli, assieme a Luiss Business School e Luiss Executive Management Education, ha conseguito la certificazione Corporate sulla parità di genere, rilasciata dall'ente globale Det Norske Veritas (Dnv) secondo lo standard PdR 125:2022. Luiss è il primo Ateneo non statale a ottenere da un organismo internazionale, esterno e indipendente questo riconoscimento, che mira a promuovere i valori di diversità e inclusione. Un risultato che fa parte di un percorso iniziato con l'approvazione, nel 2022, del primo Gender Equality Plan e del primo Bilancio di Genere, strumenti fondamentali per raggiungere l'equilibrio di genere valorizzando il talento all'interno e all'esterno dell'Università. Tra le altre iniziative a supporto della parità, Luiss ha implementato una serie di misure a favore della genitorialità e della flessibilità lavorativa per Faculty e Staff, ha incoraggiato il reclutamento, le progressioni di carriera e le attività di ricerca delle Professoresse e delle Ricercatrici, ha promosso numerosi incontri di sensibilizzazione, come il ciclo di eventi "D&I Intersections", e ha arricchito la propria offerta formativa con corsi di studio dedicati a tali tematiche. Il forte e costante impegno in questa direzione ha contribuito progressivamente a trasformare il corpo accademico, che nel 2023 ha visto le Professoresse Associate salire a quasi il 42% e le Ricercatrici a circa il 64% del totale. Nello Staff di Luiss, Luiss Business School e Leme, le dipendenti rappresentano circa il 70%. La componente studentesca femminile costituisce il 48,5% e le studentesse internazionali sono più numerose (57,6%) rispetto ai loro colleghi maschi.






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